IT201800021361A1 - Biochip e kit prognostico, in particolare per la diagnosi precoce e la determinazione dell’aggressivita’ del cancro della prostata - Google Patents

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Daniela Terracciano
Raffaele Velotta
Francesco Gentile
Matteo Ferro
Ventura Bartolomeo Della
Civita Evelina La
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Daniela Terracciano
Raffaele Velotta
Francesco Gentile
Matteo Ferro
Ventura Bartolomeo Della
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Description

BIOCHIP E KIT PROGNOSTICO, IN PARTICOLARE PER LA DIAGNOSI PRECOCE E LA DETERMINAZIONE DELL’AGGRESSIVITA’ DEL CANCRO
DELLA PROSTATA
La presente invenzione riguarda un biochip ed un kit diagnostico, in particolare per la diagnosi precoce e la determinazione dell’aggressività del cancro della prostata.
Più precisamente, la presente invenzione riguarda un biochip ed un kit completo che misura la concentrazione di diverse molecole (in particolare 10) per la diagnosi e la prognosi del cancro della prostata. Il kit si avvale di un software per eseguire la combinazione matematica multifattoriale della concentrazione delle molecole, che restituisce un indice di rischio che il paziente abbia un cancro alla prostata ad alto rischio di progressione.
Stato della tecnica
Il biochip è un dispositivo composto da un substrato di silicio il cui scopo è quello di produrre un segnale fluorescente che sia proporzionale alla concentrazione della sostanza chimica (analita o antigene) che si vuole rilevare (cfr. Sharma S, Zapatero-Rodríguez J, O'Kennedy R. Prostate cancer diagnostics: Clinical challenges and the ongoing need for disruptive and effective diagnostic tools. Biotechnol Adv.2017 Mar - Apr;35(2):135-149).
Le caratteristiche essenziali che devono possedere i vari tipi di biosensore sono:
- Specificità: la capacità del bio-recettore di riconoscere esclusivamente uno ed un solo tipo di analita;
- Basso limite di rivelabilità: capacità di rivelare la minima quantità di analita. Per ottenere elevate caratteristiche di specificità, l’elemento biologico più utilizzato è l’anticorpo poiché è di per sé l’elemento in natura più specifico nel riconoscimento di diversi antigeni. Gli anticorpi (detti anche immunoglobuline) sono proteine prodotte dai linfociti B, cellule del sistema immunitario coinvolte nella rilevazione degli antigeni. Le immunoglobuline presentano una struttura a Y costituita da tre segmenti, simili per dimensioni, uniti tra loro attraverso una regione flessibile definita regione a cerniera.
La parte dell’anticorpo più importante è l’antigen-binding site (Fab), cioè la porzione di anticorpo che deve essere sempre libera per fare in modo da avere le due caratteristiche fondamentali sopra elencate quali specificità e basso limite di rivelabilità.
I biochip attuali tuttavia non forniscono al clinico molte informazioni sulla prognosi del paziente in modo rapido ed efficiente.
Per eseguire analisi di molti fattori, si usa individualmente la tecnica ELISA, con evidente dispendio di tempo ed energie.
E’ sentita la necessità di consentire il dosaggio di analiti multipli da un singolo campione con un volume di sangue minimo. In tal modo si garantirebbe una risposta rapida su una piattaforma automatizzata e di facile esecuzione.
Un caso di particolare applicazione della tecnica ELISA è quello della diagnosi del cancro della prostata Nei paesi sviluppati ed industrializzati il tumore prostatico è il tumore più frequente per incidenza, accanto a quello polmonare. L’incidenza aumenta progressivamente con l’età del paziente: mediamente più di 1 su 4 uomini oltre i 75 anni è affetto da tumore prostatico. Da ciò l’evidenza che questo tumore è destinato a svolgere un ruolo sempre più importante a livello di Salute Pubblica, dato l’aumento della percentuale di anziani nella popolazione mondiale. Si stima che in media circa il 35% dei nuovi casi diagnosticati sia rappresentato da un tumore clinicamente localizzato, per il quale si potrebbero utilizzare strategie terapeutiche alternative alla prostatectomia radicale - non esente da effetti collaterali quali incontinenza e disfunzione erettile - come la sorveglianza attiva. La sorveglianza attiva è una modalità di monitoraggio clinico del tumore alla prostata che ha l’obiettivo di evitare un trattamento non necessario in uomini con tumori poco aggressivi senza condizionarne la prognosi, nell’attesa di intervenire con un trattamento radicale se la malattia dimostri caratteristiche diverse da quelle della diagnosi o laddove ci fossero evidenze di progressione di malattia.
Nel caso della diagnosi del tumore della prostata, un biochip per test multipli consentirebbe, con un risparmio di tempo e soldi per il laboratorio di analisi, di fornire all’urologo informazioni preziose per classificare l’aggressività del tumore e prendere decisioni cliniche consapevoli e altamente accurate sulla strategia terapeutica migliore per il paziente al momento della diagnosi.
Scopo e oggetto dell’invenzione
Scopo della presente invenzione è quello di fornire un biochip ed un kit prognostico che risolvano in tutto o in parte i problemi della tecnica anteriore.
E’ oggetto della presente invenzione un biochip ed un kit prognostico secondo le allegate rivendicazioni.
Descrizione dettagliata di esempi di realizzazione dell’invenzione
Lista delle figure
L’invenzione verrà ora descritta a titolo illustrativo ma non limitativo, con particolare riferimento ai disegni delle figure allegate, in cui:
- la figura 1 mostra la struttura generale del biochip secondo l’invenzione, a varie scale;
- la figura 2 mostra cinque esempi di indice di rugosità di una superficie metallizzata in oro, nel range dell’invenzione, in cui In cui la rugosità media Ra varia fra 12 e 26 nm. Questi valori di rugosità sono ottenuti dalla sovrapposizione di un certo numero di forme d’onde armoniche, nelle quali la massima frequenza spaziale delle onde è N, e la loro ampiezza A è proporzionale all’esponente spettrale
- la figura 3 mostra il campo elettrico in funzione della distanza dalla superficie metallizzata in oro per le varie rugosità della figura 2;
- la figura 4 mostra l’andamento del campo elettrico in funzione della rugosità ad una distanza dalla superficie metallizzata che è la distanza ottimale di rilevazione.
Si specifica qui che elementi di forme di realizzazione differenti possono essere combinati insieme per fornire ulteriori forme di realizzazione senza limiti rispettando il concetto tecnico dell’invenzione, come il tecnico medio del ramo intende senza problemi da quanto descritto.
La presente descrizione inoltre fa riferimento alla tecnica nota per la sua implementazione, riguardo alle caratteristiche di dettaglio non descritte, come ad esempio elementi di minore importanza usualmente utilizzati nella tecnica nota in soluzioni dello stesso tipo.
Quando si introduce un elemento si intende sempre che può essere “almeno uno” o “uno o più”.
Quando si elenca una lista di elementi o di caratteristiche in questa descrizione si intende che il trovato secondo l’invenzione “comprende” oppure alternativamente “è composto di” tali elementi.
Forme di realizzazione
Il progetto all’origine della presente invenzione è stato quello di mettere a punto un biochip per la misurazione della concentrazione circolante di dieci molecole che, combinate insieme, restituiscono ottenere un indice di rischio (TENPROP) che il paziente sia affetto da un tumore prostatico aggressivo partendo da un unico prelievo di sangue. Il kit prodotto verrà offerto ai laboratori di analisi pubblici e privati che forniranno dati utili all’urologo. Quest’ultimo avrà così uno strumento in più per decidere se evitare la prostatectomia radicale al paziente.
Sebbene quanto descritto nel seguito si riferisca al caso del tumore prostatico, il biochip ed il kit prognostico secondo l’invenzione, nel loro concetto fondamentale sono applicabili ai più svariati casi di necessità prognostica cambiando solo gli anticorpi nella funzionalizzazione e i marcatori in soluzione, ad esempio:
- Troponina e mioglobina per infarto del miocardio;
- HER2 (human epidermal growth factor receptor 2) e recettore degli estrogeni per la prognosi e la risposta alla terapia del cancro della mammella;
- AST (aspartato transferasi), ALT (alanina transferasi), AFP (alfafetoproteina), Ferritina, PIVKA-II (protein-induced by vitamin K absence-II) per la prognosi dell’epatocarcinoma.
Facendo riferimento alla Fig. 1, il dispositivo (chip) secondo l’invenzione comprende un substrato di silicio cristallino, ad esempio di 1 cm per 1 cm di lato e 500 micron di spessore. Sul dispositivo sono posizionate isole di nano-particelle di oro con una circonferenza preferibilmente di 10 micron di diametro ed una distanza fra i centri di due isole consecutive di circa 30 micron, cosicché la distanza fra i bordi delle isole è 20 micron, (misure che possono variare di circa il 30%). Ogni isola è ricoperta interamente di nano-particelle di oro dato che una ricopertura solo parziale peggiorerebbe le prestazioni del dispositivo. Il diametro medio delle particelle d’oro è di 60 nm con una variabilità specificata nel seguito.
Queste misure si riferiscono alla tecnica attuale di nanostrutturazione di superficie, che non permette di controllare l’accrescimento dei grani se la superficie è troppo grande. Con tecniche future, sarà possibile creare una superficie nanostrutturata continua o comunque di dimensioni maggiori delle isole.
Per quanto riguarda la geometria delle isole, una qualsiasi geometria può essere funzionale, ad esempio senza limitazione una geometria a nido d’ape.
Per la loro struttura e geometria, le particelle producono un effetto di risonanza plasmonica, per cui l’intensità del campo elettromagnetico che risulta dall’interazione di una radiazione elettromagnetica (non mostrata, proveniente per esempio da una lampada) con le particelle, è amplificato di diversi ordini di grandezza rispetto all’intensità iniziale. L’amplificazione del campo elettromagnetico si traduce nell’abilità del dispositivo di produrre una elevata intensità di fluorescenza quando interrogato con un microscopio confocale o a fluorescenza. Questo effetto è denominato metal enhanced fluorescence (amplificazione di fluorescenza da metalli) da cui l’acronimo MEF in inglese. Le particelle sono, a loro volta, funzionalizzate con anticorpi per il rilevamento specifico di bio-marcatori in soluzione.
Una volta rilevati i valori di concentrazione dei vari bio-marcatori, un programma per calcolatore potrà effettuare una combinazione matematica multifattoriale della concentrazione delle molecole. Si utilizzerà a tal fine una formula matematica definita in fase di validazione clinica. La formula matematica varierà a seconda della prognosi ricercata. Un esempio è dato nel seguito a proposito del cancro alla prostata.
La fabbricazione del dispositivo e la sua funzionalizzazione, si compone di diverse fasi, di cui sono dati esempi nel seguito.
Litografia ottica e produzione delle isole
Secondo un esempio della presente invenzione, si deposita, su un substrato di silicio, un resist (polimero) ottico positivo (ad esempio il resist S1813 della Rohm & Haas). Si porta a rotazione il substrato con il resist ad elevate velocità di rotazione (4000 giri/minuto), per cui il resist si distribuisce in modo uniforme sul substrato ed assume lo spessore costante di 1 micron.
Il campione è dunque riscaldato a 90° centigradi, per 4 minuti, su di u na piastra da laboratorio. Dopodiché, si usa una macchina a litografia ottica per esporre il campione ad una radiazione ultravioletta (UV) con lunghezza d’onda λ=250 nm e potenza di irradiazione P=2 mW/cm2, per 30 s.
Durante il processo di litografia, si interpone fra il campione e la radiazione, a contatto con il campione, una maschera in quarzo, ricoperta di cromo, denominata maschera ottica. La maschera riproduce, sulla superficie, dei cerchi disposti secondo un motivo esagonale. Il diametro dei cerchi è di 10 micron, la distanza fra i cerchi, misurata rispetto al loro centro, è di 30 micron. In seguito all’esposizione con la radiazione ultravioletta, il motivo riportato sulla maschera viene riprodotto sul resist.
Il campione viene immerso successivamente in una soluzione di sviluppo per 60 s. Durante il processo di sviluppo, vengono disciolte le zone del resist direttamente irradiate dalla radiazione ultravioletta. Alla fine del processo, il campione sarà costituito dal supporto in silicio, ricoperto dal polimero. Il polimero conterrà dei fori circolari disposti secondo un reticolo esagonale. I fori corrispondono alle isole dove verranno, in una seconda fase del processo, depositate le nano-particelle di oro. In corrispondenza dei fori, la superficie del silicio non è protetta ed è esposta all’aria e ad agenti esterni.
Crescita elettrolitica e deposizione dei grani di oro
Secondo un ulteriore esempio dell’invenzione, il campione è dunque trattato con una soluzione di cloruro di oro (AuCl3) e acido fluoridrico (HF), nelle concentrazioni di 5 mM per il cloruro di oro e 0.15 M per l’acido fluoridrico. In seguito all’immersione del campione nella soluzione, si innesca un processo di crescita chimica denominata electroless, per cui gli ioni di oro presenti in soluzione vengono ridotti e sono depositati come ioni metallici sulla superficie di silicio esposta (non coperta dal resist). Il campione è mantenuto in soluzione per 120 s a 50°C. Alla fine del processo di crescita, i fori sulla superficie d el campione saranno ricoperti da nano-particelle di oro metallico, con un diametro medio, delle particelle, di 60 ± 20 nm.
Le particelle d’oro sono utilizzate principalmente perché realizzano un effetto di risonanza plasmonica. La radiazione elettromagnetica che interagisce con le particelle genera delle oscillazioni di elettroni sulla superficie delle particelle. Le oscillazioni di elettroni sono risonanti, per cui generano un campo elettromagnetico fortemente amplificato rispetto alla radiazione iniziale. Questo effetto, generato dalle particelle d’oro, amplifica il segnale fluorescente di molecole in contatto con la particelle di oro. Per cui permette il loro rilevamento. L’effetto di risonanza plasmonica si osserva in soli 3 metalli: oro, argento, rame.
Di questi, solo l’oro risulta essere sia biocompatibile sia funzionalizzabile. Per quanto riguarda la determinazione delle dimensioni medie delle nanoparticelle d’oro, si è proceduto come segue.
Gli effetti di amplificazione di fluorescenze (MEF) sono proporzionali al quadrato dell’intensità della radiazione elettromagnetica scatterata dalle particelle di oro. A causa delle dimensioni estremamente piccole delle particelle (nanometri), e delle loro caratteristiche geometriche, una radiazione laser che interagisce con le particelle genera, sulla superficie delle particelle, delle oscillazioni collettive di elettroni.
Oscillazioni collettive di elettroni inducono a loro volta dei campi elettromagnetici estremamente intensi, maggiori dell’intensità della radiazione incidente sulle particelle. La distribuzione del campo elettromagnetico (EM) generato da particelle di oro può essere calcolata con la teoria di MIE e metodi basati sull’approssimazione di dipolo (J. Phys. Chem. B 2006, 110, 7238-7248).
Alcuni studi scientifici (J. Phys. Chem. B 2006, 110, 7238-7248) hanno indicato che l’efficienza di scattering di nanoparticelle di oro dipende dalla dimensione delle particelle, e raggiunge un massimo nell’intevallo 40-80 nm. Altri studi (J. Phys. Chem. B, 2006, 110 (35), pp 17444–17451; Anal Biochem 1998;262(2):157–76; Journal of Advanced Research Volume 1, Issue 1, January 2010, Pages 13-28) hanno dimostrato che l’emissione relativa ad una particella di oro di 60 nm è 100,000 (105) volte più intensa dell’emissione di una molecola fluorescente convenzionale.
Questi risultati teorici sono relativi a singole particelle di oro. Nel dispositivo secondo l’invenzione, le particelle sono integrate fra di loro e formano delle isole, o cluster, di particelle. Il comportamento di un cluster di particelle può essere diverso dal comportamento di singole particelle. Gli Inventori hanno usato simulazioni numeriche per verificare il comportamento di particelle di oro in un cluster in funzione delle caratteristiche geometriche del cluster.
Si sono riprodotti, in un ambiente numerico di tipo FEM (analisi ad elementi finiti), cluster di nanoparticelle variando la dimensione delle particelle e la Ra, rugosità dei cluster, cfr. Fig.2. In particolare, Ra assume i valori di 12, 14, 17, 22, 26 nm. A questi valori di rugosità, corrispondono le dimensioni 42, 49, 60, 77, 91 nm.
Si è dunque esaminato in che modo il campo elettrico si propaga in prossimità dei cluster. Per ogni configurazione, è stata determinata l’intensità del campo elettrico in funzione della distanza x dalla superficie di nanoparticelle d’oro.
Le simulazioni indicano che l’andamento del campo elettrico è sensibile alla geometria del cluster. In particolare, l’intensità del campo |E| è massima sulla superficie delle particelle, e decade con la distanza dalle particelle x. La velocità di decadimento dipende dalla rugosità del cluster Ra, e dunque dalla dimensione delle particelle.
Si era interessati a misurare l’intensità di campo elettrico a 100 nm dalla superficie libera del cluster, perché questa distanza corrisponde pressappoco alla lunghezza degli anticorpi funzionalizzati sulla superficie d’oro. L’interazione fra la molecola target, legata a sua volta all’anticorpo, e il campo elettrico avviene dunque a circa 100 nm dalla superficie del cluster.
Per valori di rugosità pari a circa 17 nm (equivalenti ad un diametro delle particelle di 60 nm), l’intensità di campo |E| decade lentamente con la distanza x dalla superficie: a 100 nm dal cluster, |E| è uguale a circa il 90% del suo valore sulla superficie. In altri termini, la perdita di intensità è modesta, e l’efficienza di amplificazione è ottima (figura 2).
I risultati relativi all’intensità di campo elettrico misurata a 100 nm dal cluster, riportati per ogni valore di rugosità in figura 3, indicano che si ha un massimo di amplificazione per la rugosità 17 nm (diametro della particella 60 nm). Tuttavia, l’amplificazione di campo è ancora accettabile nel range di rugosità 12-26 nm, equivalente alle dimensioni di particelle 42-91 nm. Un range più ristretto e preferito della dimensione media delle particelle d’oro è 45-80 nm, ancora più preferibilmente è stato determinato il range 50-70 nm.
Rimozione del resist residuo.
Secondo un ulteriore esempio dell’invenzione, il campione è immerso per 30 s in acetone e 30 s in isopropanolo per la rimozione del resist residuo dalla superficie di silicio.
Alla fine del processo di fabbricazione, il dispositivo risulta in un substrato di silicio, ricoperto da un array esagonale di isole di nano-grani di oro.
Funzionalizzazione del dispositivo
Secondo un ulteriore esempio dell’invenzione, la funzionalizzazione di trasduttori può essere eseguita in diversi modi, siano essi chimici e/o fisici.
La funzionalizzazione della superficie interagente con il campione da analizzare è di fondamentale importanza nel biosensing per il ruolo svolto in tutte i parametri che caratterizzano un dispositivo: selettività, sensibilità, limite di rivelazione e intervallo di linearità. Infatti, in generale, solo una copertura della superficie che sia uniforme, con un’alta densità di biomolecole ben esposte al campione può garantire alte prestazioni del dispositivo. Quando la trasduzione del segnale si basa sulla MEF, oltre alle proprietà “orizzontali” dello strato di biomolecole da ancorare alla superficie, entra in gioco in modo critico anche la sua distanza dalla superficie nanostrutturata. La criticità di questo parametro è insita nella natura stessa della MEF, per la quale è necessario che il fluoroforo si trovi in un intervallo di distanze “d” molto stretto dalla nanoparticella che ne amplifica il segnale (Ray, K.; Badugu, R.; Lakowicz, J. R. Distance-Dependent Metal-Enhanced Fluorescence from Langmuir−Blodgett Monolayers of Alkyl-NBD Derivatives on Silver Island Films. Langmuir 2006, 22, 8374–8378). Infatti, da un lato è necessario che il fluoroforo si trovi lontano dalla superficie per evitare il “quenching” (d>5 nm), ma nello stesso tempo occorre che sia sufficientemente vicino ad essa da far sì che la MEF abbia luogo (d<40 nm) ( Zhou, Z.; Huang, H.; Chen, Y.; Liu, F.; Huang, C. Z.; Li, N. A Distance-Dependent Metal-Enhanced Fluorescence Sensing Platform Based on Molecular Beacon Design. Biosens. Bioelectron. 2014, 52, 367–373). Questo vincolo (5<d<40-50 nm) viene spesso rispettato introducendo strati di materiale polimerico e biomolecole di una certa complessità ( Cui, Q.; He, F.; Li, L.; Möhwald, H. Controllable Metal-Enhanced Fluorescence in Organized Films and Colloidal System. Adv. Colloid Interface Sci. 2014, 207, 164–177) che, tra l’altro, non sono sempre compatibili con applicazioni al biosensing. In questa applicazione, il tipico schema a sandwich che qui si adotta (Ab-Ag-Ab*, dove Ab è l’anticorpo, Ag l’antigene e Ab* è l’anticorpo con un’etichetta fluorescente) è costituito da tre strati con uno spessore complessivo di circa 20 nm, distanza alla quale viene a trovarsi il fluoroforo.
Il metodo di funzionalizzazione usato in un caso di applicazione dell’invenzione è un metodo fisico, già ottimizzato dagli Inventori, denominato Photochemical Immobilization Technique (PIT). La tecnica, abbastanza semplice e riproducibile, prevede irradiamento con UV a 258nm della soluzione di anticorpo per un determinato tempo (circa 30 secondi) e necessita di potenze elevate della lampada UV.
E’ stata utilizzata una lampada UV che permette di convogliare tutta la luce sul campione da irradiare fornendo potenze medie elevate su una superficie ridotta.
Il processo che sta alla base, a livello molecolare, dell’interazione della luce UV con anticorpi, già proposto anche da Petersen (Neves-Petersen, M. T. et al. High probability of disrupting a disulphide bridge mediated by an endogenous excited tryptophan residue. Protein Sci. 11, 588–600 (2002)), consiste nell’apertura di alcuni ponti disolfuro (all’interno della proteina anticorpo) responsabili non solo di un legame molto forte (covalente) al metallo del trasduttore ma soprattutto di un corretto orientamento degli anticorpi permettendo così alla porzione Fab di essere libera nel riconoscere un elevato numero di antigene. La rottura del ponte disolfuro è spiegata dalla presenza della triade triptofano/cisteina-cisteina; riassumendo in poche parole, il fotone UV viene assorbito dal triptofano il quale in seguito rilascia energia con conseguente perdita di elettroni che riducono la molecola di cistina (cisteina-cisteina), originando due gruppi tiolici liberi che possono reagire con la superficie del metallo.
Pannello di anticorpi/biomarcatori
Secondo un esempio dell’invenzione, nel kit sono utilizzati 10 anticorpi disponibili commercialmente che riconoscono specificamente i 10 biomarcatori (antigeni) che costituiscono il pannello. Nulla impedisce però che sia utilizzato un numero qualsiasi di biomarcatori/anticorpi. I 10 marcatori dell’esempio appartengono a diverse categorie di molecole: forme molecolari del PSA (tPSA, fPSA, iPSA), citochine e fattori di crescita (RANTES, TNFalfa, recettore solubile dell’IL-6, proteina di legame dell’IGF-1 di tipo 3), androgeni (testosterone), molecole correlate al potenziale metastatico della cellula (MMP-9, Osteopontina).
Infatti, da studi preliminari eseguiti su 70 pazienti sottoposti a intervento chirurgico radicale per cancro alla prostata, è stato evidenziato che la concentrazione circolante delle 10 molecole presenti nel pannello (osservate tramite tecnica ELISA) è significativamente correlata al grado del tumore definito sulla base dell’esame istologico eseguito sul tessuto ottenuto al tavolo operatorio. In particolare, la concentrazione di queste molecole presenta differenze significative tra 2 gruppi di pazienti: quelli con tumore di basso grado (Gleason score < 7) e quelli con tumore di alto grado (Gleason score > 7). L’associazione di queste molecole migliora ulteriormente nella nostra popolazione di studio la capacità di identificare i tumori di alto grado.
A titolo di mero esempio, per i 10 marcatori sopra elencati, la formula matematica di combinazione dei valori ottenuti, al fine di valutare la prognosi, può essere (fPSA * iPSA * testosterone * RANTES * TNFalfa) / (PSA * sIL6R * MMP9* IGFBP3 * OPN), dove:
PSA= prostate specific antigen
fPSA= free PSA
iPSA= intact PSA
RANTES= Regulated on Activation, Normal T Cell Expressed and Secreted TNFalfa= tumor necrosis factor alfa
sIL6R= soluble interleukin 6 receptor
MMP9= matrix metalloproteinases 9
IGFBP3= insulin growth factor binding protein 3
OPN= osteopontin
Esistono esempi di questo tipo di combinazioni matematiche in algoritmi diagnostici in letteratura, come ad esempio nel caso prostate health index (phi), dove la formula è phi= (p2PSA/fPSA)*radQPSA. dove p2PSA= isoforma -2 del precursore del PSA.
Il biochip secondo l’invenzione è scalabile ad altri tumori e ad altri accertamenti prognostici di differente natura.
Un esempio è quello della mammella in cui la combinazione di erbB2 e del recettore degli estrogeni consente di avere informazioni sia sull’aggressività della neoplasia, sia sulla possibilità che la paziente risponda ad alcuni tipi specifici di terapie. Inoltre, il biochip secondo l’invenzione potrebbe consentire la determinazione simultanea di indici di funzionalità epatica (AST, ALT), indicatori di danno d’organo (ferritina) e marcatori tumorali (AFP e PIVKA-II) consentendo di monitorare l’evoluzione clinica dei pazienti con epatopatia cronica.
Con il biochip secondo l’invenzione, è inoltre possibile fornire informazioni rapide per patologie che richiedono un intervento terapeutico immediato. Ad esempio il biochip potrebbe consentire la determinazione rapida e simultanea di più indicatori dell’infarto del miocardio quali troponina e mioglobina.
Inoltre, il biochip secondo l’invenzione è stato provato con successo nella rivelazione di immunoglobuline (IgG) in urina ottenendo livelli di sensibilità superiori a quelli delle tecniche certificate (nefelometro) accompagnati da una specificità più che soddisfacente dato che la presenza di altre proteine in urina non influenzava la misura della concentrazione di IgG.
Vantaggi dell’invenzione
La tecnologia secondo l’invenzione prevede un biochip contenente differenti test localizzati su regioni differenti (array) che funziona da fase solida e da cuvetta di reazione. Un singolo biochip è sufficiente per avere risultati di test multipli per ogni singolo campione. Sulla superficie del biochip sono, infatti, legati covalentemente anticorpi in grado di rivelare specificamente i diversi analiti. Il protocollo prevede che gli anticorpi legati covalentemente riconoscano gli antigeni, successivamente un anticorpo marcato con fluoroforo va a legarsi all’antigene in modalità sandwich producendo così un segnale fluorescente. L’emissione di fluorescenza proveniente da ogni singola regione del biochip viene misurata e con l’aiuto di un software di analisi dell’immagine questa viene elaborata per convertire l’emissione di fluorescenza in concentrazione rivelata. Naturalmente, per ricavare la concentrazione dall’emissione di fluorescenza dei vari fluorofori è necessario costruire una curva di calibrazione per ogni singolo analita. Il sistema si può avvalere di un software dedicato per la determinazione dell’indice di rischio (TENPROP) che il paziente abbia un tumore prostatico e che questo tumore sia aggressivo.
La sensibilità e la specificità del biochip diagnostico e l’utilizzo di un software dedicato secondo l’invenzione consentono di avere un sistema semplice, rapido e di facile esecuzione.
Il biochip secondo l’invenzione realizza l’immobilizzazione, la selezione e l’identificazione di diverse specie in soluzione, ma, a differenza di tecniche tradizionali, realizza la misura di specie in soluzione con elevata sensibilità, precisione, e limite di rilevamento. Per cui il dispositivo dell’invenzione è adatto a misurare specie fortemente diluite (rare) in soluzione, obiettivo altrimenti difficilmente o non raggiungibile con altre tecniche di analisi. Una ulteriore differenza che si rileva, è che il dispositivo dell’invenzione realizza una misura quantitativa di specie in soluzione, a seguito di una opportuna procedura di calibrazione per ogni analita con lo stesso biochip. Quest’ultima consiste nella misura della risposta del biochip (cioè dell’intensità di fluorescenza) al variare della concentrazione dell’analita da rivelare nella matrice che sarà utilizzata per la misura reale. Ad esempio, se si vuole misurare la concentrazione di IgG in urina, sarà utilizzata urina di una persona sana, alla quale sarà aggiunta una concentrazione nota del composto da rivelare (“spiking method”).
Secondo un aspetto dell’invenzione, il biochip qui descritto fornisce informazioni sulla presenza e sull’aggressività del cancro prostatico in soggetti maschi apparentemente sani con più di 50 anni.
Rispetto ai metodi attualmente utilizzati, il biochip/kit secondo l’invenzione prevede il dosaggio simultaneo con metodica fluorimetrica completamente automatizzata di tutte le molecole del pannello disegnato per ottenere il profilo prognostico del paziente, partendo da una quantità di sangue non superiore ad 1 ml (corrispondente al prelievo di un'unica provetta di sangue).
Nel caso di un paziente con tumore prostatico, per valutare la prognosi è disponibile la determinazione di singoli biomarcatori, con richiesta di prelievi di sangue multipli, aumentato consumo di reagenti e aumentato tempo di risposta.
La tecnologia dell’invenzione consente con un risparmio di tempo e soldi per il laboratorio di analisi, di fornire all’urologo informazioni preziose per classificare l’aggressività del tumore e prendere decisioni cliniche consapevoli e altamente accurate sulla strategia terapeutica migliore per il paziente al momento della diagnosi.
In conclusione, è opportuno sottolineare che questo dispositivo per le caratteristiche strutturali e di utilizzo potrebbe essere accolto nella routine clinica di qualsiasi laboratorio di analisi, sia pubblico, sia privato.
In quel che precede sono state descritte le preferite forme di realizzazione e sono state suggerite delle varianti della presente invenzione, ma è da intendersi che gli esperti del ramo potranno apportare modificazioni e cambiamenti senza con ciò uscire dal relativo ambito di protezione, come definito dalle rivendicazioni allegate.

Claims (10)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Biochip per analisi prognostiche, comprendente: - un substrato; - una pluralità di piazzole metallizzate su detto substrato; in cui le piazzole metallizzate sono funzionalizzate con una pluralità di anticorpi, il biochip essendo caratterizzato dal fatto che: - le piazzole sono uniformemente metallizzate con nanoparticelle d’oro di diametro medio compreso tra 42 e 91 nm; - le nanoparticelle d’oro di ciascuna piazzola di dette piazzole metallizzate sono funzionalizzate con un rispettivo anticorpo scelto tra detta pluralità di anticorpi; - le piazzole di detta pluralità di piazzole metallizzate sono funzionalizzate in modo che ciascun anticorpo di detta pluralità di anticorpi sia funzionalizzato in almeno una piazzola.
  2. 2. Biochip secondo la rivendicazione 1, in cui detto diametro medio è compreso tra 45 e 80 nm.
  3. 3. Biochip secondo la rivendicazione 1 e/o 2, in cui detto diametro medio è compreso tra 50 e 70 nm.
  4. 4. Biochip secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 3, in cui dette piazzole sono costituite da o sono inscrivibili in cerchi, ad esempio disposti a nido d’ape, in cui il diametro dei cerchi è di 10 micron, e la distanza fra i cerchi misurata rispetto al loro centro è di 30 micron, con il 30% di variabilità in tali dimensioni.
  5. 5. Biochip secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 4, in cui dette piazzole hanno una struttura stratificata Ab-Ag-Ab*, dove Ab è un anticorpo configurato ed atto a riconoscere un antigene Ag e Ab* è l’anticorpo Ab con un’etichetta fluorescente.
  6. 6. Biochip secondo la rivendicazione 5, in cui lo spessore complessivo della struttura stratificata è di 20 ± 5 nm, distanza alla quale viene a trovarsi l’etichetta fluorescente.
  7. 7. Biochip secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 6, in cui detto substrato è in silicio cristallino.
  8. 8. Biochip secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 7, in cui detta pluralità di anticorpi è costituito da anticorpi configurati ed atti a riconoscere altrettanti antigeni comprendenti forme molecolari del PSA, citochine e fattori di crescita, androgeni, molecole correlate al potenziale metastatico della cellula.
  9. 9. Biochip secondo la rivendicazione 8, in cui: - dette forme molecolari del PSA sono tPSA, fPSA, iPSA; - dette citochine e fattori di crescita sono RANTES, TNFalfa, recettore solubile dell’IL-6, proteina di legame dell’IGF-1 di tipo 3; - detti androgeni comprendono testosterone; - dette molecole correlate al potenziale metastatico della cellula sono MMP-9 e Osteopontina.
  10. 10. Kit prognostico, comprendente: - almeno un biochip secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 9; - mezzi per la rilevazione di emissione di fluorescenza da detto almeno un biochip; - un programma per elaboratore configurato ed atto a calcolare la concentrazione di un pannello di molecole biomarcate a partire da detta rivelazione di emissione di fluorescenza, e ad eseguire una combinazione matematica multifattoriale delle concentrazioni delle molecole biomarcate come ottenute dall’uso di detto biochip.
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