IT201800010735A1 - Rivelatore in silicio amorfo idrogenato - Google Patents

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Description

“Rivelatore in silicio amorfo idrogenato”
Campo tecnico dell'invenzione
L’invenzione si riferisce ad un rivelatore in silicio amorfo; più precisamente l’invenzione si riferisce a un rivelatore basato su geometria 3D a partire da un substrato in silicio amorfo idrogenato.
Arte nota
Il primo studio sul silicio amorfo idrogenato, nel seguito a-Si:H, è stato riportato da Chittik et al. nel 1969 [R.C. Chittik, J.H. Alexander J H and H.E: Sterlin The preparation and properties of amorphous silicon. J. Electrochem. Soc. 116 77–81 (1969)]. Il materiale è stato ottenuto dalla crescita mediante deposizione da fase vapore al plasma (PECVD) di SiH4 (silano). Il materiale risultante aveva una densità di difetti molto più bassa rispetto al silicio amorfo evaporato o spruzzato. Progressi sostanziali della tecnologia a-Si: H sono stati effettuati quando Spear e Lecomber hanno dimostrato che questo materiale poteva essere drogato (sia nei tipi n che p) [W. Spear and P.G. Lecomber. Electronic properties of substitutionally doped amorphous Si and Ge Phil. Mag. 33, 935–949 (1976)]; questo ha portato alla realizzazione di vari tipi di dispositivi come transistor [H.C. Tuan. Amophous silicon thin film transistor and its application s to large-area electronics Mater. Res. Soc. Proc. 33 247 (1984)], celle solari [D.E. Carlson D E and C.R. Wronski. Amorphous silicon solar cell Appl. Phys. Lett.28671–3 (1976)] e memorie [A.E. Owen et al. Memory switching in amorphous silicon devices J. Non-Cryst. Solids 59–60 1273–80 (1983)].
Il a-Si:H è un semiconduttore disordinato; la disposizione irregolare degli atomi ha la conseguenza che non tutti i legami Si-Si possono essere saturati e questo porta alla presenza di legami liberi (LL). L'idrogeno viene quindi introdotto nel materiale per passivare quei LL che fungono da centri di difetti e di ricombinazione. La quantità minima di idrogeno necessaria per passivare la maggior parte dei LL è di circa l'1%.
Il contenuto di idrogeno nel materiale ha un'influenza sulla larghezza di banda (aumentando il contenuto di idrogeno si allarga la banda proibita) e dipende dalle condizioni di deposizione come la temperatura a cui il materiale viene depositato. Il tipico contenuto di idrogeno del materiale depositato da PECVD è solitamente di circa il 10%. Il a-Si:H viene generalmente depositato a temperature intorno ai 200°C dalla dissociazione del silano. L'idrogeno viene generalmente aggiunto al silano e migliora le proprietà del materiale risultante. Il drogaggio si ottiene aggiungendo PH3 al gas di processo per un drogaggio di tipo n o aggiungendo B2H6 o TMB (Trimethylboron) per un drogaggio di tipo p.
A causa della banda proibita relativamente ampia e della natura disordinata del semiconduttore che porta a una bassa mobilità del portatore di carica, a-Si:H è un materiale semi-isolante con valori di resistività superiori a 10<10 >Ω cm<-1>. Questa resistività può essere ridotta di più di sette ordini di grandezza con il drogaggio p o n [W. Spear and P.G. Lecomber. Electronic properties of substitutionally doped amorphous Si and Ge Phil. Mag.33, 935–949 (1976)].
Rivelatori di particelle basati su a-Si:H sono stati costruiti a partire dalla metà degli anni '80 [V. Perez-Mendez et al. Detection of charged particles in amorphous silicon layers. Nucl. Instr. Methods Phys. Res.252 478–82 (1986); V. Perez-Mendez et al. Signal, recombination effects and noise in amorphous silicon detectors Nucl. Instr. Methods Phys. Res. A 260 195–200 (1987)] come diodi a struttura p-i-n o Schottky; lo spessore di questi rivelatori variava da 1 a 50 μm, tuttavia il rapporto segnalerumore non è mai stato del tutto soddisfacente (i valori del rapporto s/n vanno da 2 a 3) [J. Xi et al. Minimum ionizing particle detection using amorphous silicon diodes Nucl. Instr. Methods Phys. Res. A 301219–222 (1991); R. Aleksan et al. Observation of single minimum ionising particles with amorphous silicon diodes. Nucl. Instr. Methods Phys. Res. A 305 512–6 (1991)]. Mentre rivelatori planari spessi sono desiderabili per generare il numero massimo di coppie elettrone-lacuna (o electron-hole, e-h), il campo elettrico applicato genera una corrente di leakage troppo grande; se si abbassa troppo il campo elettrico lo svuotamento può essere incompleto e la raccolta di carica solo parziale. La formazione del segnale è data dalla deriva delle coppie e-h nello strato intrinseco del diodo e quindi dipende dalla distanza percorsa. La raccolta completa si ottiene quando sia l'elettrone che la lacuna di una coppia generata vengono raccolti sui contatti dei diodi [B. Equer and A. Karar.1988 Effect of primary ionization in amorphous silicon detectors Nucl. Instr. Methods Phys. Res. A 271574–84 (1988)].
I rivelatori planari a-Si:H sono stati utilizzati anche per rivelare altri tipi di radiazioni oltre alle particelle minimamente ionizzanti (MIP), vale a dire: raggi X, neutroni e ioni nonché protoni e alfa di bassa energia. Per quanto riguarda i raggi X, ad esempio, V. Perez-Mendez et al. [The application of thick hydrogenated amorphous silicon layers to charge particle and x-ray detection Mater. Res. Soc. Proc.149 621–630 (1989)] descrivono la rivelazione di raggi X da 20 keV utilizzando un diodo p-i-n planare. Per energie dei raggi X di 100 keV è stato sviluppato un rivelatore basato su uno strato di CsI che agisce come scintillatore e il segnale luminoso risultante viene rivelato dal diodo a-Si:H p-i-n con un'efficienza migliore del 70%. Nello stesso articolo viene anche descritta la rivelazione di protoni a bassa energia e particelle alfa.
La rivelazione dei neutroni richiede uno strato di conversione. Vari tipi di rivelatori sono stati proposti con, ad esempio, una combinazione di a-Si:H con Gd [A. Mireshghi et al. High efficiency neutron sensitive amorphous silicon pixel detectors. IEEE Trans. Nucl. Sci. 41 915– 921(1994)] o con strati di <10>B [F. Foulon et al. Neutron detectors made from chemically vapor deposited semiconductors Mater. Soc. Res. Proc.
487 591(1998)]. Si potrebbe anche incorporare un semiconduttore ricco di <10>B direttamente in un dispositivo a-Si:H. I risultati del test di rivelazione di ioni pesanti (zolfo) sono mostrati in [C. Bacci et al. Detection of strongly ionizing particles with a hydrogenated amorphous silicon detector Nucl. Instr. Methods Phys. Res. A 306182–6 (1991)].
L'effetto dell'irraggiamento delle particelle e il successivo annealing sono stati studiati da Wyrsch et al. in [N. Wyrsch et al. Radiation hardness of amorphous silicon particle sensors. J. Non-Cryst. Solids 3521797–800 (2006)]; due diodi planari di a-Si:H con spessore rispettivamente di 32,6 e 1,1 μm sono stati irraggiati e i risultati sono riportati nell'articolo sopra menzionato.
I migliori risultati per la rivelazione di MIP con sensori al a-Si:H sono stati ottenuti con una deposizione di una struttura a diodi p-i-n depositati su un chip di lettura [G. Anelli et al. A new concept of monolithic silicon pixel detectors: hydrogenated amorphous silicon on ASIC. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research A 518 (2004) 366–372]. Questo approccio sviluppato dalla Siegen University è stato chiamato TFA (Thin Film on ASIC). La Figura 1 mostra il layout del rivelatore.
Nonostante i vantaggi sopra menzionati, la costruzione di un rivelatore di radiazione minimamente ionizzante di buona qualità, in oltre trenta anni di ricerca, è sempre stata difficile: si veda N. Wyrsch and C. Ballif, Review of amorphous silicon based particle detectors: the quest for single particle detection. Semicond. Sci. Technol. 31 (2016) 103005. Il principale problema di questo rivelatore, costruito su una geometria planare, è il cattivo rapporto segnale/rumore determinato dai seguenti fattori:
1. Alta tensione di svuotamento. Una regola empirica per la tensione di svuotamento su un diodo p-i-n (non irraggiato) è Vd ≈ 0,45 d<2 >(μm), quindi per svuotare un rivelatore planare spesso 50 μm è necessaria una tensione di polarizzazione di 1100 V.
2. Grandi correnti di leakage. Le correnti di questi rivelatori in regime di svuotamento sono dell’ordine di 10<-7>-10<-6 >A/cm<2>.
3. Efficienza di raccolta di carica relativamente bassa. Per i rivelatori di spessore inferiore a 50 μm l'efficienza di raccolta è di circa il 50% mentre l'energia necessaria per creare una coppia di elettrone-lacuna è simile a quella del silicio cristallino (3,4-4,4 eV).
Scopo della presente invenzione è quello di superare gli inconveniente dello stato dell’arte.
Sommario dell'invenzione
L'invenzione consiste in un rivelatore di radiazione di geometria 3D realizzato a partire da un substrato in silicio amorfo idrogenato.
Ai fini della presente invenzione, la qualità del rivelatore è determinata dal rapporto segnale/rumore. Per fornire un rivelatore performante occorre quindi aumentare il segnale e/o diminuire il rumore.
Generalmente, l’entità del segnale aumenta all’aumentare dello spessore del rivelatore e dell’efficienza di raccolta del segnale di carica elettrica agli elettrodi; mentre il rumore si abbatte diminuendo la corrente di leakage.
La geometria 3D qui descritta consente di:
- favorire la generazione di segnale di carica aumentando lo spessore del rivelatore, è infatti possibile far crescere il substrato fino a circa 100 μm di spessore, senza che ciò comporti un aumento del rumore;
- aumentare l’efficienza di raccolta di carica grazie alla possibilità di avere una distanza molto bassa tra elettrodi, circa pari a 20-30 μm, indipendentemente dallo spessore del rivelatore;
- ridurre la generazione di rumore applicando una tensione di svuotamento circa pari a 200 V-400 V e quindi inferiore rispetto ai rivelatori dello stato dell’arte a parità si spessore.
Un’ulteriore vantaggio della geometria 3D secondo l’invenzione risiede nella possibilità di ottenere un campo elettrico radiale incentrato sugli elettrodi di raccolta: la struttura radiale del campo elettrico implica che l’intensità del campo nelle immediate vicinanze degli elettrodi è massima e diminuisce all’aumentare della distanza dagli stessi. Ciò significa che i portatori di carica subiscono un’accelerazione in prossima degli elettrodi con un effetto positivo sulla velocità di raccolta della carica rispetto ai rivelatori planari.
L’invenzione consiste altresì nell’utilizzo di detto rivelatore nella rivelazione di radiazione ionizzante. Questo nuovo approccio consente di effettuare misure di rivelazione della radiazione minimamente invasiva con dispositivi a basso costo e intrinseca resistenza al danno da radiazione.
Ulteriori, aspetti, scopi e vantaggi del rivelatore secondo l’invenzione risulteranno evidenti dalla descrizione dettagliata dell’invenzione che segue.
Breve descrizione delle Figure
La Figura 1 rappresenta uno schema di rivelatore planare depositato su circuito di lettura appartenente allo stato dell’arte; nello specifico sono rappresentati, dall’alto verso il basso, l’elettrodo di polarizzazione 1, il substrato in silicio amorfo 2, l’elettrodo di raccolta 3, lo strato di passivazione 4 e i circuiti di lettura del segnale 5
Le Figure 2a e 2b illustrano schematicamente una sezione verticale del rivelatore della presente invenzione secondo due possibili configurazioni.
Le Figure 3a-3d rappresentano viste schematiche dall’alto di disposizioni alternative di elettrodi (gli elettrodi sono mostrati in sezione).
Legenda
1. elettrodo di polarizzazione (stato dell’arte)
2. substrato di a-Si-H (stato dell’arte)
3. elettrodo di raccolta (stato dell’arte)
4. passivazione (stato dell’arte)
5. circuiti di lettura del segnale (stato dell’arte)
6. elemento di supporto
7. strato di passivazione
8. elettrodo di polarizzazione, tipicamente in forma di griglia
9. contatto per la lettura del segnale
10. substrato di a-Si-H
11. elettrodo tipo p
12. elettrodo tipo n
13. piano di polarizzazione metallico
Descrizione dettagliata dell’invenzione
Il rivelatore della presente invenzione ha una geometria 3D ed è realizzato a partire da un substrato in silicio amorfo idrogenato.
Per geometria 3D si intende una geometria degli elettrodi che sfrutta l’intero volume del rivelatore e gli elettrodi non sono quindi limitati alle superfici principali dello stesso in quanto vi penetrano nel senso dello spessore.
Al solo scopo esemplificativo e non limitativo, il rivelatore è di seguito descritto con riferimento alle Figure allegate. Resta inteso che eventuali modificazioni possono essere apportate all’invenzione senza pertanto uscire dall’ambito degli scopi della presente invenzione.
Con particolare riferimento alle Figure 2a e 2b, il rivelatore per radiazione ionizzante secondo l’invenzione comprende:
- un elemento di supporto 6;
- un substrato 10 in silicio amorfo idrogenato avente una prima faccia posta a contatto con detto elemento di supporto e una seconda faccia opposta alla prima;
- una molteplicità di elettrodi di tipo p 11 che si estendono a partire da detta seconda faccia del substrato nella direzione dello spessore di detto substrato, atti a determinare il piano di polarizzazione quando alimentati da una corrente; gli elettrodi di tipo p 11 possono essere di lunghezza inferiore (Figura 2a) o uguale (Figura 2b) allo spessore del substrato 10,
- una molteplicità di elettrodi di tipo n 12 di lunghezza inferiore allo spessore del substrato 10, che si estendono a partire da detta seconda faccia del substrato nella direzione dello spessore di detto substrato, atti a raccogliere il segnale di carica generato al passaggio di radiazione ionizzante nel rivelatore polarizzato;
- uno strato di passivazione 7 posto almeno parzialmente a contatto con la seconda faccia del substrato 10;
- almeno un elettrodo di lettura del segnale di carica, non mostrato e provvisto di contatti per la lettura del segnale 9, segnale che è raccolto da uno o più di detti elettrodi di tipo n 12.
Ai fini della presente invenzione, per radiazione ionizzante si intende la radiazione che produce un effetto di ionizzazione nel materiale che attraversa, inclusa la radiazione minimamente ionizzante anche nota come radiazione ionizzante al minimo o MIP.
L’elemento di supporto 6 ha la funzione di supportare la struttura del rivelatore e consentirne la realizzazione a partire dal substrato di silicio amorfo idrogenato 10 a contatto con detto elemento.
Ai fini della sua funzione, non è particolarmente rilevante lo spessore con cui è realizzato, tuttavia è preferibile che, per una maggiore versatilità e facilità di utilizzo, l’elemento di supporto 6 abbia uno spessore compreso tra 10 e 500 micrometri. Preferibilmente da 10 a 100 micrometri.
Generalmente l’elemento di supporto 6 è realizzato in un materiale qualsiasi, ad esempio vetro, kapton o arseniuro di gallio o qualsiasi materiale semiconduttore.
In una realizzazione preferita dell’invenzione, gli elettrodi di tipo p 11, di cui seguono ulteriori dettagli, si estendono per tutto lo spessore del substrato di a-Si::H 10 fino ad essere in contatto con detto elemento di supporto 6, creando così un contatto di polarizzazione. In questa situazione è essenziale che l’elemento di supporto 6 sia realizzato in un materiale conduttore oppure un semiconduttore drogato di tipo p, preferibilmente in silicio drogato di tipo p. In questa configurazione l’elemento di supporto garantisce la polarizzazione degli elettrodi di tipo p. In una realizzazione preferita dell’invenzione, si ricorre a supporti drogati di tipo p disponibili in commercio.
Per maggiore chiarezza di descrizione, in queste circostanze non sarà presente l’elettrodo a griglia 8 che è invece caratteristico della realizzazione mostrata in Figura 2a. L’elettrodo a griglia 8 non è necessario in quanto la funzione di polarizzazione è già svolta dal piano di polarizzazione 13 attraverso l’elemento di supporto 6.
Nella realizzazione mostrata in Figura 2a, invece, gli elettrodi di tipo p 11 non entrano in contatto con l’elemento di supporto 6 e la polarizzazione di questi è garantita dalla presenza di un elettrodo a griglia 8 posto sulla seconda faccia del substrato in silicio amorfo idrogenato 10.
Il substrato in silicio amorfo idrogenato 10, anche noto con la sigla a-Si:H, è caratterizzato da una struttura disordinata e una composizione tale per cui la percentuale stechiometrica di idrogeno varia da 1 a 20% rispetto alla componente di silicio.
Il silicio amorfo idrogenato è prodotto nella sua forma amorfa, per deposizione tramite il processo di PECVD (Plasma Enhanced Chemical Vapour Deposition) a partire da una miscela di Silano (SiH4) e idrogeno (H2) Durante la deposizione, la composizione in idrogeno non rispecchia fedelmente la percentuale della miscela in quanto dipende anche dalla temperatura. La tecnica, ampiamente descritta da N. Wyrsch and C. Ballif, Review of amorphous silicon based particle detectors: the quest for single particle detection. Semicond. Sci. Technol.31 (2016) 103005, è ritenuta nota per il tecnico del ramo.
Preferibilmente, ai fini della presente invenzione, la percentuale stechiometrica di idrogeno è compresa tra 8 e 15%. Al di sotto dell’1% la passivazione potrebbe non essere ottimale in quanto aumenta la corrente di leakege e si riduce l’efficienza di raccolta; mentre sopra il 20% stechiometrico di idrogeno il materiale tende ad assumere una forma policristallina che ne riduce la resistenza al danno da radiazione.
Lo spessore del substrato 10 è generalmente compreso tra 80 e 130 micrometri. Ci sono attualmente limiti tecnologici per spessori superiori che in linea di principio consentirebbero comunque prestazioni ottimali.
L’estensione nel piano x-y del substrato 10 non è limitata è scalabile nelle dimensioni, potendo variare, dall’ordine delle centinaia di micrometri fino alle decine di centimetri, tipicamente 10-20 centimetri in entrambe le dimensioni, preferibilmente 12 centimetri.
Per semplicità di descrizione, si definisce prima faccia la superficie del substrato 10 a contatto con l’elemento di supporto 6; è definita seconda faccia la superficie contrapposta a detta prima faccia.
Una molteplicità di elettrodi di tipo n 12 e una molteplicità di tipo p 11 si estendono nello spessore del substrato 10 a partire dalla seconda faccia del substrato. La disposizione di questi può seguire schemi più o meno regolari: al solo scopo esemplificativo la Figura 3a mostra la vista dall’alto di una realizzazione preferita in cui file di elettrodi di tipo n (grigio chiaro) si alternano, in modo sfalsato, a file di elettrodi di tipo p (neri).
La Figura 3a mostra infatti gli elettrodi di tipo n 12 e gli elettrodi di tipo p 11 disposti in modo alternato lungo delle linee parallele tracciate sulla seconda faccia del substrato. Tale disposizione risulta vantaggiosa in termini di facilità di realizzazione ma può essere modificata senza comportare un’estensione della portata del brevetto.
Gli elettrodi dell’invenzione, sia quelli di tipo n che quelli di tipo p sono in forma di fori realizzati entro lo spessore del substrato di a_Si-H 10 e, A titolo esemplificativo e non limitativo, essi possono essere diversi fra loro in sezione ed avere sezioni di forma circolare, ellissoidale o a forma di trincea, come mostrato nelle Figure 3a-3d. Se ne deduce che ai fini della presente invenzione, con il termine foro non si farà riferimento esclusivamente ad aperture di forma circolare, piuttosto si intenderanno aperture di una qualsiasi delle forme sopra elencate.
Preferibilmente la distanza reciproca tra elettrodi di tipo n ed elettrodi di tipo p è compresa nell’intervallo 15 e 50 micrometri. Per ragioni di simmetria di campo elettrico è bene che la distribuzione degli elettrodi sia regolare e non presenti elettrodi disallineati.
Come è noto dallo stato dell’arte, per esempio in J. Millman Microelectronics Ed. Mc Graw Hill ISBN 0-07-066410-2 pp.12-13, gli elettrodi di tipo n possono essere realizzati mediante un drogaggio con elementi scelti tra fosforo (P), arsenico (As) e loro composti ed hanno la funzione di raccogliere gli elettroni che danno origine al segnale di carica; gli elettrodi di tipo p possono invece essere realizzati mediante drogaggi con elementi scelti tra Boro (B), Alluminio (Al), Gallio (Ga) e loro composti e svolgono principalmente la funzione polarizzare il volume del substrato 10.
Nella configurazione di cui alla Figura 2a gli elettrodi di tipo n sono connessi singolarmente o in gruppi (fino a 40) ad un canale di elettronica di lettura del segnale, gli elettrodi di tipo p sono tutti connessi all'elettrodo a griglia e collegati alla tensione di polarizzazione. Nella configurazione di cui alla Figura 2b gli elettrodi di tipo n sono connessi singolarmente o in gruppi (fino a 40) ad un canale di elettronica di lettura del segnale, gli elettrodi di tipo p sono tutti connessi al supporto drogato p e tramite questo ad un piano conduttore comune connesso alla tensione di polarizzazione.
Nella realizzazione illustrata in Figura 2a gli elettrodi di tipo n 12 hanno una profondità massima del 95% in percentuale rispetto allo spessore del substrato 10 poiché un elettrodo che si estendesse ancora più in profondità creerebbe troppo campo elettrico in prossimità dell’elemento di supporto 6, che come abbiamo visto sopra è drogato p, e l’elettrodo drogato n.
Gli elettrodi di tipo p 11 possono estendersi per la totalità dello spessore del substrato 10 (vedi figura 2b) in assenza di elettrodo di polarizzazione 8, generalmente a forma di griglia, sulla faccia superiore mentre, in presenza di quest’ultimo (vedi figura 2a), vale il limite superiore del 95% di cui sopra.
In ogni caso conviene che gli elettrodi 11, 12 si estendano il più possibile all’interno dello spessore del substrato 10 per fare in modo che il campo elettrico applicato interessi il maggior volume possibile del rivelatore e per raccogliere le cariche su tutto o quasi lo spessore.
Nell'ipotesi della configurazione nella figura 2a, se gli elettrodi penetrassero all’interno del substrato 10 solo per il 50% del suo spessore, la carica generata nel rimanente 50% dello spessore sarebbe raccolta con un efficienza più bassa rispetto a quella generata nella parte attraversata dagli elettrodi. Inoltre verrebbe raccolta più lentamente, riducendo così l'efficienza di raccolta e distorcendo il segnale. Questo spiega perchè si cerca di avere la massima profondità degli elettrodi, compatibilmente con quanto scritto precedentemente.
In corrispondenza della seconda faccia del substrato è posto uno strato di passivazione 7. Questo strato deve lasciare scoperti i contatti con gli elettrodi e altri eventuali contatti.
Lo strato di passivazione 7, che ha generalmente uno spessore tra 5 e 50 nm, è preferibilmente realizzato in un materiale quale nitruro di silicio o lo stesso a-Si:H.
La funzione di detto strato è quella di isolare i contatti e proteggere la parte attiva del rivelatore da contaminanti ambientali.
La raccolta del segnale generato nel rivelatore dal passaggio di radiazione è effettuata mediante almeno un elettrodo di lettura. In una realizzazione preferita dell’invenzione, più elettrodi di lettura sono associati ciascuno ad uno degli elettrodi di tipo n 12 presenti nel substrato.
Gli elettrodi di tipo n 12 sono elettrodi di lettura del segnale ovvero svolgono la funzione di raccolta del segnale di carica. Essi possono essere letti singolarmente oppure cortocircuitati in gruppi e letti da una elettronica di lettura costituita per esempio da una catena formata da un integratore di carica seguito da uno shaper, da un una memoria analogica, ad esempio del tipo sample-and-hold, e da un ADC per la digitalizzazione e la successiva lettura tramite un’interfaccia digitale collegata ad un computer. Gli elettrodi di tipo p 11 possono essere raggruppati tutti insieme e collegati ad una tensione di polarizzazione fornita da un alimentatore.
Detti elettrodi di lettura, o elettrodi di tipo n 12, attraversano lo strato di passivazione e sono configurati in modo da poter essere letti con un’apposita elettronica di lettura 5 di tipo convenzionale e costituita, al solo scopo esemplificativo e non limitativo, da una catena elettronica formata da un preamplificatore ad integrazione di carica, da un formatore di segnale, da una memoria analogica e da un convertitore analogicodigitale. Il segnale digitalizzato viene acquisito da un sistema collegato ad un computer.
In linea di principio dette operazioni di estrazione e elaborazione del segnale possono essere eseguite in tempo reale.
Nel seguito è fornita una descrizione di almeno un metodo per la realizzazione di un rivelatore secondo la presente invenzione.
Il metodo per realizzare un rivelatore secondo la presente invenzione comprende I seguenti passaggi principali:
i. disporre di un elemento di supporto 6;
ii. depositare tramite PECVD un’aliquota di silicio amorfo idrogenato formando un substrato 10 tale che una prima faccia del substrato sia a contatto con l’elemento di supporto 6 e una seconda faccia sia contrapposta alla prima;
iii. realizzare tramite DRIE dei fori che si estendano a partire dalla seconda faccia del substrato 10 lungo lo spessore del substrato stesso;
iv. realizzare elettrodi di tipo n 12 mediante deposizione tramite ALD di opportuni ossidi metallici oppure mediante drogaggio per impiantazione ionica su almeno parte dei fori di cui al passo iii;
v. realizzare elettrodi di tipo p 11 mediante deposizione tramite ALD di opportuni ossidi metallici oppure mediante drogaggio per impiantazione ionica sulla restante parte dei fori di cui al passo iii;
vi. opzionalmente, qualora gli elettrodi di tipo p 11 non giungano in contatto con l’elemento di supporto 6, realizzare un elettrodo a griglia 8 in corrispondenza della seconda faccia del substrato 10;
vii. realizzare uno strato di passivazione 7 sulla seconda faccia del substrato 10 provvisto di aperture poste in corrispondenza degli elettrodi di tipo n 12;
viii. opzionalmente, depositare un piano di polarizzazione metallico 13 in corrispondenza dell’elemento di supporto 6.
L’ordine delle fasi del processo sopra descritto può essere modificato su iniziativa del tecnico medio del ramo senza che ciò comporti un’estensione della portata della presente invenzione. Nel seguito sono forniti ulteriori dettagli di processo al solo titolo esemplificativo e non limitativo.
Procurato l’elemento di supporto 6, il processo di fabbricazione del rivelatore prevede una fase di deposizione chimica di vapore indotta da plasma (Plasma-Enhanced Chemical Vapor Deposition o PECVD) di silano e idrogeno ad una temperatura pari a 200°C. E’ possibile utilizzare un elemento di supporto di c-Si in forma di wafer da 6 pollici. Con questa tecnica si possono raggiungere anche 100 μm di spessore di a-Si:H e può risultare vantaggioso spingersi fino a spessori maggiori poiché lo spessore è un fattore chiave per aumentare il rapporto segnale-rumore. (Fasi i e ii).
Una volta che il substrato a-Si:H è stato cresciuto, occorre realizzarvi dei fori per preparare la produzione degli elettrodi. Una tecnica, nota agli esperti del settore, che può essere utilizzata a questo scopo è il DRIE (Dry Reactive Ion Etching). Con il DRIE si possono aprire dei fori di pochi micrometri di diametro con precisione sub-micrometrica mantenendo la temperatura del substrato inferiore a 250°C. (Fase iii).
Una volta che i fori sono stati scavati, al fine di costruire la struttura base dell'elettrodo p-i-n del rivelatore, c'è la necessità di drogare il materiale a-Si:H nelle superfici interne dei fori.
Le tecniche comunemente usate per le strutture planari, quali ad esempio la deposizione PECVD di a-Si:H drogato, non sono compatibili con la geometria 3D del rivelatore.
Una prima possibilità è quella di effettuare una deposizione di strati atomici (Atomic Layer Deposition o ALD) di ossidi metallici: ad esempio, ossido di titanio per i drogaggi di tipo n e ossido di tungsteno o di molibdeno per drogaggi di tipo p. Maggiori dettagli sulla tecnica di deposizione possono essere reperiti in [S.I. Park et al. Towards a high efficiency amorphous silicon solar cell using molybdenum oxide as a window layer instead of conventional p-type amorphous silicon carbide] dove la stessa tecnica è stata impiegata per la realizzazione di pannelli solari. (Fasi iv e v, prima alternativa)
Una seconda alternativa è quella rappresentata dall’impiantazione ionica di fosforo, per drogaggio di tipo n, e di boro, per drogaggio di tipo p. Questa fase di impiantazione deve essere seguita da una fase di attivazione a bassa temperatura, ad esempio 250°C. Maggiori det tagli sulla tecnica dell’impiantazione ionica sono disponibili in [G.N Geaves et al. Environments of ion implanted As and Ga impurities in Hydrogenated amorphous Silicon. Internal note Daresbury laboratory DL/SCI/P754E (1991)]. (Fasi iv e v, seconda alternativa)
Il rivelatore della presente invenzione trova applicazione come rivelatore di radiazione ionizzante.
L’uso del rivelatore comprende pertanto le seguenti fasi principali: - disporre di un rivelatore secondo la presente invenzione;
- alimentare l’elettrodo di polarizzazione in modo da determinare un campo di polarizzazione interno al substrato;
- esporre il rivelatore a un flusso di radiazione ionizzante per un periodo di tempo;
- misurare il segnale della carica raccolta dagli elettrodi di tipo p mediante l’elettrodo di lettura.
Il normale funzionamento del rivelatore prevede che il rivelatore, una volta polarizzato mediante applicazione di una tensione agli elettrodi, sia esposto a radiazione ionizzante tale da generare coppie elettronelacuna. La carica generata nel substrato di silicio amorfo viene poi raccolta dagli elettrodi di lettura. Il segnale così generato può infine essere elaborato al fine di estrapolare informazioni di interesse che variano in base all’applicazione e all’uso che ne viene fatto.
Per quanto riguarda l’alimentazione del rivelatore è preferibile applicare una tensione agli elettrodi di polarizzazione che dipende dalla distanza tra gli elettrodi 11, 12 e dalla quantità di difetti non passivati. Nel caso di rivelatori con spaziature degli elettrodi di 30 um si hanno tensioni che vanno da -300V fino a -1000V in modo da determinare un campo di polarizzazione interno al substrato e svuotare di cariche libere il substrato.
L’intensità massima rivelabile dipende dall’elettronica di lettura e dal tempo di raccolta del segnale; per questa applicazione ci si aspetta un rateo di lettura di 4 x 10<6 >particelle al secondo per canale di lettura.
In una realizzazione, la radiazione ionizzante consiste in raggi X di energia compresa tra 5 e 50 keV. Questo è infatti il caso di utilizzi nelle indagini diagnostiche nel campo nella medicina e dei materiali.
Il a-Si:H è un materiale che si presta alla realizzazione di rivelatori a basso costo e su grandi superfici visto che utilizza una delle tecnologie con cui si costruiscono i pannelli solari.
Un altro aspetto importante che rende questo materiale molto interessante è la resistenza intrinseca alla radiazione: i rivelatori realizzati in a-Si:H possono raggiungere livelli di esposizione di 7 x 10<15 >particelle/cm<2 >senza subire danni rilevanti. [M. Despeisse et al. Preliminary radiation tests of 32 µm thick hydrogenated amorphous silicon films. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research A 552 (2005) 88–92; N. Wyrsch and C. Ballif, Review of amorphous silicon based particle detectors: the quest for single particle detection. Semicond. Sci. Technol. 31 (2016) 103005] per un rivelatore planare di a-Si:H.
Un'ulteriore caratteristica interessante del a-Si:H è la possibilità di deposizione, utilizzando il processo PECVD, su molti materiali, in particolare sulla parte superiore di qualsiasi chip di lettura a pixel, evitando, nelle applicazioni ai rivelatori di pixel tecniche di bonding costose e problematiche (es. Bump bonding) [G. Anelli et al. A new concept of monolithic silicon pixel detectors: hydrogenated amorphous silicon on ASIC. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research A 518 (2004) 366–372].
Esempi di dispositivi che possono essere associati al rivelatore dell’invenzione sono i dosimetri ad uso medico (raggi X e/o particelle cariche) ed i rivelatori a raggi X per analisi strutturali.
Un altro interessante sviluppo della tecnologia può essere il suo utilizzo nella calorimetria a campionamento, sfruttando il basso costo del materiale: data la superficie complessiva del rivelatore di un calorimetro a campionamento, l’utilizzo di a-Si:H, rispetto ad una superficie equivalente costruita con c-Si, rende più accessibile ed economicamente sostenibile la produzione e/o l’approvvigionamento.

Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1) Rivelatore per radiazione ionizzante comprendente: - un elemento di supporto (6); - un substrato in silicio amorfo idrogenato (10) di dato spessore, provvisto di due facce parallele e contrapposte in cui una prima faccia è posta a contatto con detto elemento di supporto (6) e una seconda faccia è opposta alla prima; - una molteplicità di elettrodi di tipo p (11) che si estendono a partire da detta seconda faccia del substrato (10) nella direzione dello spessore di detto substrato (10), collegati tra loro tramite un elettrodo (8) o un piano di polarizzazione (13); - una molteplicità di elettrodi di tipo n (12) che si estendono a partire da detta seconda faccia del substrato (10) nella direzione dello spessore di detto substrato, atti a raccogliere il segnale di carica generato al passaggio di radiazione ionizzante nel rivelatore; - uno strato di passivazione (7) posto almeno parzialmente a contatto con la seconda faccia del substrato (6); - almeno un elettrodo di lettura del segnale di carica raccolto da uno o più di detti elettrodi di tipo n (12) e ad esso collegato tramite un contatto per la lettura del segnale (9).
  2. 2) Rivelatore secondo la rivendicazione 1, in cui almeno uno degli elettrodi di tipo p (11) è a contatto con un elettrodo di polarizzazione (8) posto sulla seconda faccia di detto substrato.
  3. 3) Rivelatore secondo la rivendicazione 2, in cui l’elettrodo di polarizzazione (8) è a forma di griglia.
  4. 4) Rivelatore secondo la rivendicazione 1, in cui l’elemento di supporto (6) è realizzato in un materiale conduttore o semiconduttore drogato p e gli elettrodi di tipo p (11) si estendono fino a detto elemento di supporto creando un contatto con il piano di polarizzazione (13).
  5. 5) Rivelatore secondo una qualsiasi delle rivendicazioni 1-4, in cui gli elettrodi di tipo n (12) e gli elettrodi di tipo p (11) sono disposti in modo alternato lungo delle linee parallele tracciate sulla seconda faccia del substrato.
  6. 6) Rivelatore secondo una qualsiasi delle rivendicazioni 1-5, in cui lo spessore del substrato (10) è maggiore di 90 micron.
  7. 7) Rivelatore secondo una qualsiasi delle rivendicazioni 1-6, in cui gli elettrodi di tipo n (12) e gli elettrodi di tipo p (11) sono posti a distanze reciproche comprese tra 15 e 50 micrometri.
  8. 8) Metodo per usare il rivelatore secondo una delle qualsiasi rivendicazioni 1-7 comprendente le seguenti fasi principali: - alimentare l’elettrodo di polarizzazione (8) in modo da determinare un campo di polarizzazione interno al substrato (10); - esporre il rivelatore a un flusso di radiazione ionizzante per un periodo di tempo prefissato; - misurare il segnale di carica raccolto dagli elettrodi di tipo n (12) mediante l’elettrodo di lettura.
  9. 9) Metodo secondo la rivendicazione 8, in cui la radiazione ionizzante consiste in raggi X di energia compresa tra 5 e 50 keV.
  10. 10) Apparecchiatura comprendente il rivelatore secondo una qualsiasi delle rivendicazioni 1-7.
  11. 11) Apparecchiatura secondo la rivendicazione 10 scelta fra: dosimetri ad uso medico, rivelatori a raggi X per analisi strutturali, calorimetri.
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