IT201600113574A1 - Dispositivo per termoablazione laser con mezzi di centraggio e apparecchiatura comprendente detto dispositivo - Google Patents

Dispositivo per termoablazione laser con mezzi di centraggio e apparecchiatura comprendente detto dispositivo

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IT201600113574A1
IT201600113574A1 IT102016000113574A IT201600113574A IT201600113574A1 IT 201600113574 A1 IT201600113574 A1 IT 201600113574A1 IT 102016000113574 A IT102016000113574 A IT 102016000113574A IT 201600113574 A IT201600113574 A IT 201600113574A IT 201600113574 A1 IT201600113574 A1 IT 201600113574A1
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IT
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tubular structure
internal
internal tubular
light guide
external
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IT102016000113574A
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Leonardo Masotti
Luca Breschi
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Elesta S R L
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Description

DISPOSITIVO PER TERMOABLAZIONE LASER CON MEZZI DI CENTRAGGIO E APPARECCHIATURA COMPRENDENTE DETTO DISPOSITIVO
DESCRIZIONE
CAMPO TECNICO
La presente invenzione concerne dispositivi e apparecchiature mediche per trattamenti di termoablazione. Forme di realizzazione qui descritte riguardano sistemi di termoablazione laser.
ARTE ANTERIORE
La termoablazione viene utilizzata frequentemente in medicina per la rimozione di tessuti, ad esempio tessuti tumorali solidi attraverso un approccio miniinvasivo. In questo campo sono già state impiegate differenti forme di energia fra cui la radiofrequenza, le microonde e il laser. Altre tecniche utilizzano la crioablazione, cioè la distruzione di parti di tessuto patologico attraverso cicli di raffreddamento, o l’elettroporazione irreversibile che applica impulsi elettrici per danneggiare la membrana cellulare in maniera irreversibile.
Nel campo della termoablazione laser vengono utilizzati dispositivi comprendente un catetere che costituisce un ago introduttore attraverso il quale viene inserita una fibra nel luogo da trattare.
In sostanza, per distruggere le cellule tumorali viene convogliata nella massa tumorale una radiazione elettromagnetica, tipicamente una radiazione laser. Per raggiungere la massa tumorale, viene previsto un dispositivo che presenta un catetere o un ago pervio entro cui è guidata una fibra ottica. In alcuni casi la fibra ottica viene portata nel luogo in cui deve essere applicata la radiazione laser e il catetere viene ritratto. La fibra nuda è in contatto diretto con i tessuti che vengono irradiati con la radiazione elettromagnetica. In altre forme di realizzazione note, la fibra è guidata in un catetere e rimane al suo interno, detto catetere essendo realizzato il materiale che consente il passaggio della radiazione laser. Un fluido refrigerante circola nel catetere per rimuovere calore ed evitare fenomeni di carbonizzazione dei tessuti.
Per trattare volumi maggiori di tessuto viene utilizzata una pluralità di fibre ottiche, ciascuna guidata in loco attraverso un ago introduttore. Attualmente lo standard di ablazione con una fibra a punta piatta prevede l’utilizzo di 5 W e una dose da 1200-1800J. Per aumentare il volume in senso trasversale rispetto all’asse della fibra si ricorre all’inserzione di più fibre ottiche mentre se si vuole aumentare il volume di ablazione anche in senso assiale si ricorre ad una manovra di retrazione della fibra e rilascio di una pluralità di dosi di energia in sequenza.
Uno dei principali limiti all’ottenimento di grossi volumi di ablazione con un applicatore a fibra nuda è la formazione di uno strato di carbonizzazione che si crea nella parete della cavità lasciata dalla sublimazione del tessuto nella zona prossimale alla fibra e una forte disidratazione nella prima porzione di tessuto dietro la carbonizzazione. Questi fenomeni ostacolano la diffusione della luce laser alle porzioni distali del tumore limitando l’efficacia del dispositivo. L’ostacolo alla diffusione della luce e del calore sviluppato nei tessuti più vicini alla fibra fa sì che le temperature salgono in queste porzioni vicine alla punta della fibra con conseguente sublimazione dei tessuti. Questo cambiamento di fase consuma energia laser che altrimenti potrebbe contribuire alla denaturazione dei tessuti nelle zone distali. Conseguentemente, a parità di energia totale erogata, risulta minore il volume che subisce il trattamento voluto. Un’ulteriore somministrazione di energia contribuisce essenzialmente ad aumentare la sublimazione dei tessuti più vicine alla punta della fibra che salgono a temperature maggiori, senza contribuire ad aumentare il volume trattato.
La carbonizzazione avviene a causa di una elevata densità di potenza sulla punta della fibra e nello spazio ad essa più vicino, dove avviene una disidratazione si verifica essiccazione e sublimazione del tessuto che produce una cavità carbonizzata e un anello di tessuto coagulato circostante. Si crea in questo modo una barriera alla diffusione termica verso tessuti distanti dalla punta della fibra. Per erogare energia termica oltre la zona carbonizzata e coagulata non è possibile aumentare la potenza erogata, poiché utilizzando una emissione frontale della fibra ottica si ottengono lesioni strette e lunghe incompatibili con la forma rotondeggiante che generalmente hanno le masse tumorali. Inoltre, un aumento della potenza del laser oltre i valori ottimali porta ad un peggioramento del processo di danneggiamento irreversibile delle cellule che si cerca di ottenere con la termoablazione. Infatti, a potenze più alte si provoca un rapido aumento della temperatura delle zone più vicine alla fibra, le quali si disidratano rapidamente seccandosi perché non vengono riforniti di liquidi dalle zone più lontane. Le zone di tessuto fortemente disidratato diventano opache alla trasmissione della luce laser ed ostacolano la propagazione del calore nel volume circostante.
Per risolvere questi problemi sono stati realizzati dispositivi di termoablazione raffreddati, in cui un liquido refrigerante circola nel catetere in cui è inserita la fibra e asporta calore. Più in particolare, dispositivi raffreddati di tipo noto comprendono un catetere esterno avente una estremità distale chiusa, al cui interno è disposto un condotto che accoglie una guida di luce, tipicamente una fibra ottica. Tra il condotto interno e il catetere esterno è definita un’intercapedine, in comunicazione di fluido con una seconda intercapedine definita fra il condotto interno e la fibra ottica. Il liquido refrigerante circola nelle due intercapedini. Il liquido refrigerante asporta calore dalla zona di trattamento evitando il surriscaldamento e la carbonizzazione di tessuti circostanti la fibra.
US-A-7.270.656 descrive un dispositivo per termoablazione laser comprendente: una struttura tubolare esterna avente una estremità terminale chiusa ed una cavità longitudinale interna; ed una struttura tubolare interna avente una parete laterale definente un volume longitudinale interno terminante con una estremità terminale. All’interno della struttura tubolare interna è inserita una guida di luce per convogliare una radiazione laser l’estremità terminale. La struttura tubolare interna si estende longitudinalmente nella cavità longitudinale interna della struttura tubolare esterna. Tra la struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna è formata una prima intercapedine per la circolazione di un fluido refrigerante. L’estremità terminale della struttura tubolare interna è aperta per porre in comunicazione di fluido l’intercapedine e il volume interno della struttura tubolare interna, per rimuovere calore dalla zona di trattamento. In questo modo si ottiene un miglioramento dell’efficacia del dispositivo.
La struttura tubolare interna e la struttura tubolare esterna devono essere tenute tra loro sostanzialmente coassiali. A tale scopo, nell’intercapedine formata tra la struttura tubolare interna e la struttura tubolare esterna sono disposti alcuni distanziatori, estrusi insieme all’una od all’altra delle due strutture tubolari. Questi distanziatori riducono la sezione utile per il passaggio del fluido refrigerante rendendo il dispositivo meno efficiente.
Vi è pertanto la necessità di realizzare dei dispositivi di termoablazione più efficienti e che risolvano in tutto od in parte almeno uno dei limiti e dei problemi dei dispositivi noti.
SOMMARIO DELL’INVENZIONE
Secondo un primo aspetto, viene previsto un dispositivo per termoablazione laser comprendente: una struttura tubolare esterna avente una estremità terminale chiusa; una struttura tubolare interna, posizionata nella struttura tubolare esterna, avente una estremità terminale, e definente un volume interno, configurato per ricevere una guida di luce. Tra la struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna è formata una prima intercapedine per la circolazione di un fluido refrigerante, in comunicazione di fluido con il volume interno della struttura tubolare interna. Per ottenere un funzionamento migliore del dispositivo, in particolare per ottenere un irraggiamento laterale più uniforme di una radiazione elettromagnetica, tipicamente una radiazione laser, proveniente dall’interno della struttura tubolare interna, tra la struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna è posto un primo distanziatore che si sviluppa elicoidalmente attorno all’asse longitudinale della struttura tubolare esterna. Lo sviluppo elicoidale del distanziatore riduce l’effetto negativo del distanziatore sul flusso di fluido refrigerante.
Secondo altre forme di realizzazione, viene previsto un dispositivo per termoablazione laser comprendente: una struttura tubolare esterna avente una estremità terminale chiusa; una struttura tubolare interna, posizionata nella struttura tubolare esterna, avente una estremità terminale e definente un volume interno; una guida di luce alloggiata nel volume della struttura tubolare interna; in cui tra la struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna è formata una prima intercapedine per la circolazione di un fluido refrigerante; ed in cui tra la struttura tubolare interna e la guida di luce è formata una seconda intercapedine per la circolazione di un fluido refrigerante. Per mantenere tra loro sostanzialmente coassiali la struttura tubolare interna e la guida di luce, nell’intercapedine formata tra la struttura tubolare interna e la guida di luce è posto un secondo distanziatore che si sviluppa elicoidalmente attorno all’asse longitudinale della struttura tubolare interna.
In forme di realizzazione particolarmente vantaggiose, vengono previsti sia il primo distanziatore elicoidale, sia il secondo distanziatore elicoidale. In particolare, i due distanziatori elicoidali possono avere avvolgimenti opposti.
Nei dispositivi noti sono tipicamente previsti almeno tre distanziatori rettilinei paralleli all’asse della struttura tubolare esterna, aventi lo scopo di mantenere la struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna tra loro coassiali. La presenza di questo elevato numero di distanziatori riduce in maniera rilevante la sezione di pas saggio del fluido refrigerante. Analogamente, tra la guida di luce e la struttura tubolare interna sono previsti almeno tre distanziatori rettilinei per mantenere la guida di luce coassiale alla struttura tubolare interna.
Contrariamente alle soluzioni note, secondo forme di realizzazione qui descritte si utilizza un distanziatore, preferibilmente in forma di singolo filo, che si avvolge elicoidalmente attorno all’asse delle strutture tubolari interna ed esterna. La sezione di passaggio del fluido viene in tal modo ridotta in modo meno rilevante dalla presenza del distanziatore, il quale tuttavia ha una forma tale da garantire la coassialità della struttura tubolare interna e della struttura tubolare esterna. La forma elicoidale del distanziatore è tale per cui la coassialità viene ottenuta usando un singolo elemento distanziatore, anziché una pluralità (almeno tre) distanziatori paralleli all’asse delle strutture tubolari interna ed esterna, come nei dispositivi della tecnica corrente.
Analogamente, si può disporre un distanziatore elicoidale tra la guida di luce e la struttura tubolare interna.
Usando un primo distanziatore elicoidale nella intercapedine tra le due strutture tubolari ed un secondo distanziatore elicoidale nell’intercapedine tra la struttura tubolare interna e la guida di luce si massimizzano i vantaggi in termini di impatto sulle condizioni di flusso del fluido refrigerante.
Mentre nei sistemi noti i distanziatori sono tipicamente realizzati per estrusione insieme all’una od all’altra delle due strutture tubolari concentriche, secondo quanto qui descritto l’elemento lineare a sviluppo elicoidale può essere applicato alla superficie esterna della struttura tubolare interna dopo che questa è stata formata, ad esempio per estrusione. Questo consente di disporre il distanziatore solo nella zona in cui è necessaria o utile la sua presenza, cioè tipicamente nella zona distale del dispositivo, dove si ha irraggiamento e diffusione della radiazione elettromagnetica dall’interno del dispositivo verso l’esterno, nei tessuti in cui il dispositivo è stato inserito.
La struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna presentano almeno una porzione diffondente e/o trasparente alla radiazione elettromagnetica convogliata dalla guida di luce alloggiata nella struttura tubolare interna.
Il secondo distanziatore ed primo distanziatore possono essere presenti in una porzione limitata del dispositivo, preferibilmente nella zona in cui la radiazione elettromagnetica convogliata dalla guida viene diffusa all’esterno del dispositivo. Infatti, la concentricità o coassialità, almeno approssimativa, tra strutture tubolari e guida di luce è particolarmente importante nella zona in cui si ha l’irraggiamento dei tessuti circostanti.
Realizzando l’uno, l’altro o entrambi il primo distanziatore ed il secondo distanziatore separatamente e non per estrusione insieme alle strutture tubolari, si può limitare lo sviluppo del distanziatore alla zona in cui è effettivamente importante garantire la concentricità o coassialità. In questo modo l’incidenza negativa del distanziatore sulle condizioni di flusso del fluido refrigerante viene ulteriormente ridotta.
Preferibilmente, per ottenere una circolazione più efficace del fluido refrigerante la parete laterale della struttura tubolare interna comprende più di una singola apertura o luce per il passaggio del fluido refrigerante. In vantaggiose forme di realizzazione sono previste una pluralità di luci laterali, che pongono in collegamento di fluido la prima intercapedine con il volume interno della struttura tubolare interna. Opportunamente, le luci laterali possono essere posizionate, rispetto ai distanziatori elicoidali, in modo che questi non ostacolino il passaggio del fluido refrigerante attraverso le aperture o luci laterali.
Per ottenere un flusso uniforme le luci o aperture formate nella parete della struttura tubolare interna sono preferibilmente disposte tra loro sfalsate attorno ad un asse longitudinale della struttura tubolare interna.
In vantaggiose forme di realizzazione le luci laterali sono disposte tra loro in sequenza lungo lo sviluppo longitudinale della struttura tubolare interna.
L’estremità terminale della struttura tubolare interna può essere aperta, cosicché il flusso di fluido refrigerante può passare sia attraverso le luci laterali formate nella parete della struttura tubolare interna, sia attraverso l’estremità aperta di quest’ultima. Tuttavia, in forme di realizzazione e preferite, una migliore circolazione del fluido refrigerante si ottiene se l’estremità terminale della struttura tubolare interna è chiusa. In questo modo il fluido refrigerante fluisce soltanto attraverso le luci laterali.
In alcune forme di realizzazione, la guida di luce può comprendere una fibra ottica, la quale può estendersi fino alla estremità terminale della struttura tubolare interna oppure può presentare una estremità distale posta entro la struttura tubolare interna ad una certa distanza dall’estremità terminale della struttura tubolare interna. La punta della fibra ottica e/o una porzione della sua superficie laterale adiacente all’estremità distale possono essere lavorate per ottenere la diffusione della radiazione elettromagnetica, tipicamente una radiazione laser, convogliata lungo la fibra ottica.
In altre forme di realizzazione si può prevedere che la fibra ottica sia combinata ad un diffusore posizionato tra l’estremità terminale della fibra e l’estremità terminale della struttura tubolare interna. Il diffusore presenta una forma e/o una lavorazione superficiale e/o un materiale contenente particelle diffondenti, per promuovere la diffusione della radiazione elettromagnetica dall’interno del diffusore verso l’esterno del diffusore.
In alcune forme di realizzazione, il diffusore comprende un nucleo centrale e una guaina esterna circondante il nucleo. La guaina, oppure il nucleo, oppure entrambi possono essere diffondenti ad una lunghezza d’onda di una radiazione elettromagnetica propagantesi nella guida di luce.
In vantaggiose forme di realizzazione il nucleo è realizzato in un materiale trasparente alla lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica propagantesi nella guida di luce, mentre la guaina è realizzata in un materiale diffondente. In questo modo viene semplificata alla costruzione del diffusore. Per aumentare la qualità della diffusione della radiazione elettromagnetica, ottenendo un irraggiamento più uniforme, secondo vantaggiose forme di realizzazione il diffusore ha una forma curva, in particolare una forma ad andamento circa elicoidale, in almeno una porzione del suo sviluppo longitudinale. Ad esempio il diffusore può presentare un tratto rettilineo ed un tratto elicoidale, formante una o più spire attorno ad un asse geometrico sostanzialmente corrispondente all’asse longitudinale della struttura tubolare interna.
Quando il dispositivo presenta una fibra ottica configurata per diffondere la radiazione elettromagnetica lateralmente e/o comprende un diffusore configurato per diffondere lateralmente la radiazione elettromagnetica, la struttura tubolare interna e la struttura tubolare esterna possono essere realizzate in un materiale semplicemente trasparente alla radiazione elettromagnetica convogliata lungo la guida di luce alloggiata nella struttura tubolare interna.
In alcune forme di realizzazione, tuttavia, si può prevedere che l’una, l’altra o entrambe le suddette strutture tubolare esterna e tubolare interna siano realizzate in modo da diffondere la radiazione elettromagnetica propagantesi nella guida di luce.
Ad esempio è possibile realizzare una guida di luce comprendente una fibra ottica che termina ad una certa distanza dall’estremità terminale della struttura tubolare interna, e che emette un fascio di radiazione elettromagnetica, tipicamente un fascio di radiazione laser, dalla sua punta. La punta può essere lavorata per ottenere un fascio di sufficiente apertura angolare. Il fascio divergente incide sulla superficie interna della struttura tubolare interna la quale, se realizzata in materiale diffondente, promuove la diffusione uniforme della radiazione elettromagnetica verso la struttura tubolare esterna. Quest’ultima può essere trasparente o anch’essa diffondente alla radiazione elettromagnetica. In altre forme di realizzazione, la struttura tubolare interna può essere trasparente alla radiazione altro magnetica utilizzata, mentre la struttura tubolare esterna è diffondente.
La struttura tubolare interna e/o la struttura tubolare esterna possono essere rese diffondenti con un’opportuna lavorazione superficiale di tipo meccanico o anche chimico. In alcune forme di realizzazione la struttura tubolare esterna e/o la struttura tubolare interna possono essere rese diffondenti tramite l’aggiunta di opportune particelle o polveri diffondenti nel materiale di base di cui è costituita la struttura tubolare interna e/o esterna. Il materiale di base può essere un quarzo, un vetro, una resina o altro materiale polimerico. Il materiale diffondente può essere una polvere micrometrica o sub micrometrica ad esempio di idrossiapatite, TiO, TiO2, Al2O3.A queste si aggiunge ad esempio il solfato di Bario (BaSO4) che ha anche proprietà di radioopacità che permette la visione del dispositivo sotto tecniche di imaging a raggi X.
In alcune forme di realizzazione, l’estremità terminale della struttura tubolare esterna è chiusa da un elemento di chiusura realizzato in un materiale diffondente alla lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica propagantesi nella guida di luce. In questo modo si ottiene la propagazione della radiazione elettromagnetica anche frontalmente. In altre forme di realizzazione, l’elemento di chiusura può essere opaco alla radiazione elettromagnetica utilizzata, nel qual caso la radiazione elettromagnetica si diffonde nei tessuti circostanti soltanto radialmente rispetto all’asse della struttura tubolare esterna. In ancora ulteriori forme di realizzazione l’elemento di chiusura dell’estremità terminale della struttura tubolare esterna può presentare una superficie riflettente rivolta verso l’interno della struttura tubolare stessa. In questo modo la radiazione elettromagnetica incidente sull’elemento di chiusura viene riflessa all’indietro e può diffondersi nei tessuti attraverso la parete laterale della struttura tubolare esterna.
Come osservato in precedenza, la temperatura raggiunta nella zona di trattamento può costituire un parametro critico, in quanto al fine di ottenere la denaturazione delle cellule tumorali è necessario raggiungere una temperatura sufficientemente elevata. Tuttavia, temperature alte portano alla carbonizzazione dei tessuti e quindi alla generazione di un ostacolo alla propagazione della radiazione elettromagnetica. Per ottenere un miglior controllo in fase di trattamento, alcune forme di realizzazione della dispositivo prevedono un sensore di temperatura associato alla struttura tubolare esterna. Il sensore di temperatura può essere una termocoppia, un termistore, o qualunque altro sensore idoneo. Il sensore di temperatura e preferibilmente alloggiato all’interno della struttura tubolare esterna, per essere meccanicamente protetto.
Secondo un ulteriore aspetto, viene qui descritto un’apparecchiatura per termoablazione laser comprendente: un dispositivo come sopra descritto; una sorgente laser; un circuito di refrigerazione; un’unità di controllo.
L’apparecchiatura può inoltre comprendere uno o più dei seguenti elementi, componenti o dispositivi: una pompa di circolazione del fluido refrigerante; un flussimetro, configurato per rilevare la portata di fluido refrigerante; un sensore di pressione configurato per rilevare la pressione del fluido refrigerante in almeno un punto del circuito di refrigerazione; un serbatoio di alimentazione del fluido refrigerante verso il dispositivo; un serbatoio di raccolta del fluido refrigerante dal dispositivo; un serbatoio di accumulo e riciclo del fluido refrigerante; un organo di rimozione del calore dal fluido refrigerante.
BREVE DESCRIZIONE DEI DISEGNI
L’invenzione verrà meglio compresa seguendo la descrizione e gli uniti disegni, che mostrano pratiche forme di realizzazione non limitative dell’invenzione. In particolare, nei disegni mostrano:
la Fig.1 una vista complessiva di un dispositivo secondo una forma di realizzazione;
la Fig.2 una sezione secondo la linea II-II di Fig.1;
la Fig.3 una sezione secondo un piano contenente l’asse longitudinale del catetere costituente l’elemento distale del dispositivo della Fig.1;
la Fig.4 nella sezione trasversale secondo la linea IV-IV di Fig. 1;
la Fig. 5 una sezione secondo un piano contenente l’asse longitudinale di un catetere in una diversa forma di realizzazione;
la Fig. 6 un diagramma illustrante l’andamento della portata di liquido refrigerante in funzione della pressione di alimentazione;
la Fig. 7 una sezione secondo un piano contenente l’asse longitudinale di un catetere in una ulteriore forma di realizzazione;
la Fig.8 una sezione secondo piano contenente l’asse longitudinale di un catetere in ancora un’ulteriore forma di realizzazione;
le Figg.9, 10,11 forme di realizzazione della parte terminale del catetere e dei componenti in esso contenuti;
le Figg.12A-12H forme di realizzazione di un elemento terminale di chiusura del catetere;
la Fig.13 una forma di realizzazione di un catetere con un elemento di dilatabile;
le Figg. 14 e 15 schemi di un circuito refrigerante di un’apparecchiatura utilizzante il dispositivo qui descritto;
le Figg.16 e 17 schemi di apparecchiature secondo l’invenzione in due forme di realizzazione;
la Fig. 18 una vista assonometrica di una porzione terminale di una guida di luce inserita in una struttura tubolare interna in una variante di realizzazione;
le Figg.19, 20, 21 forme di realizzazione alternative della guida di luce ed in particolare del diffusore terminale di essa;
le Figg. 22A-22I diagrammi di emissione del diffusore della guida di luce in varie forme di realizzazione;
le Figg. 23A-23C forme di realizzazione dell’elemento terminale della guida di luce.
DESCRIZIONE DETTAGLIATA DI FORME DI ATTUAZIONE
La descrizione dettagliata che segue di forme di realizzazione esemplificative si riferisce ai disegni allegati. Gli stessi numeri di riferimento in disegni differenti identificano elementi uguali o simili. Inoltre, i disegni non sono necessariamente in scala. Ancora, la descrizione dettagliata che segue non limita l’invenzione. Piuttosto, l’ambito dell’invenzione è definito dalle rivendicazioni accluse.
Il riferimento in tutta la descrizione a “una forma di realizzazione” o “la forma di realizzazione” o “alcune forme di realizzazione” significa che una particolare caratteristica, struttura o elemento descritto in relazione ad una forma di realizzazione è compresa in almeno una forma di realizzazione dell’oggetto descritto. Pertanto la frase “in una forma di realizzazione” o “nella forma di realizzazione” o “in alcune forme di realizzazione” in vari punti lungo la descrizione non si riferisce necessariamente alla stessa o alle stesse forme di realizzazione. Inoltre le particolari caratteristiche, strutture od elementi possono essere combinati in qualunque modo idoneo in una o più forme di realizzazione.
Con iniziale riferimento alla Fig. 1, con 1 è indicato un dispositivo secondo l’invenzione, in una prima forma di realizzazione. Il dispositivo 1 comprende una parte distale 3 ed una connessione ottico–idraulica 5 ad un’apparecchiatura, descritta in seguito, contenente una sorgente laser. La connessione ottico–idraulica 5 può comprendere tre canali, meglio illustrati nella sezione di Fig.2. Un primo canale 7 e un secondo canale 9 servono a far circolare un fluido refrigerante all’interno di un catetere, di seguito descritto, facente parte della porzione distale 3 del dispositivo 1. Un terzo canale 11 serve al passaggio di una guida di luce, ad esempio una fibra ottica 13. In alcune forme di realizzazione, come di seguito descritto in maggior dettaglio, attraverso il canale 11 può passare anche una connessione ad un sensore di temperatura, che si trova all’estremità distale del catetere del dispositivo 1.
Nella forma di realizzazione illustrata in Figg.1 e 2 i canali 7, 9 e 11 si trovano sostanzialmente complanari, e il canale 11 è interposto tra i canali 7 e 9. In questo modo i canali 7 e 9 sono tra loro distanziati, per limitare lo scambio termico reciproco. I canali 7, 9 e 11 sono racchiusi in una tubazione flessibile 10, formante una guaina comune che tiene uniti i canali 7, 9 e 11 fino ad un elemento terminale 12 da cui si dipartono separatamente i canali 7, 9 e 11, terminanti con rispettivi raccordi 15,17 e 19. Questi raccordi servono a collegare il dispositivo 1 all’apparecchiatura in cui è contenuta una sorgente laser, per iniettare una radiazione laser nella fibra ottica 13, e un circuito di refrigerazione che fa circolare un fluido refrigerante attraverso i canali 7 e 9.
La Fig. 3 illustra, in una sezione secondo un piano contenente l’asse longitudinale, la porzione distale 3 del dispositivo 1, e la Fig.4 mostra una sezione trasversale secondo la linea IV-IV di Fig.3 di tale porzione distale.
La porzione distale del dispositivo 1 comprende una struttura tubolare esterna 21, costituita ad esempio da un catetere o da un ago. L’estremità terminale della struttura tubolare esterna 21 è chiusa da un elemento di chiusura 22. Nel seguito la struttura tubolare esterna 21 verrà denominata anche brevemente catetere.
All’interno della struttura tubolare esterna 21 è disposta una struttura tubolare interna 23. Nella forma di realizzazione illustrata in Fig.3, la struttura tubolare interna 23 è in sostanza costituita da una parete laterale di un tubetto di piccolo diametro, terminante con una estremità terminale chiusa da un elemento di chiusura 24.
In alcune forme di realizzazione, la struttura tubolare esterna o catetere 21 e la struttura tubolare interna 23 possono presentare una sezione trasversale circolare, come mostrato in particolare nella sezione trasversale di Fig.4.
La struttura tubolare esterna o catetere 21 comprende una parete tubolare con una superficie esterna 21.1 ed una superficie interna 21.2. Analogamente, la struttura tubolare interna 23 comprende parete laterale con una superficie esterna 23.1 ed una superficie interna 23.2. La superficie interna 23.2 definisce un volume interno della struttura tubolare interna 21. Tra la superficie interna 21.2 della struttura tubolare esterna 21 e la superficie interna 23.1 della struttura tubolare interna 23 è definita un’intercapedine di sezione anulare 25.
In assetto montato, nella struttura tubolare interna 23 è inserita una guida di luce o guida ottica 27 che costituisce un elemento convogliatore di radiazione elettromagnetica verso l’estremità terminale della struttura tubolare esterna 21. Come visibile in particolare nella sezione della Fig. 4, la guida di luce 27 è circa coassiale alla struttura tubolare interna 23 e fra la superficie interna 23.2 e la guida di luce 27 è formata un’intercapedine 29. La guida di luce 27 è otticamente accoppiata ad una sorgente laser (descritta in seguito), che genera un fascio laser di opportuna lunghezza d’onda e potenza, per il trattamento di termoablazione. Forme di realizzazione della guida di luce 27 verranno descritte in maggiore dettaglio nel seguito.
Nella forma di realizzazione illustrata nelle Figg.3 e 4 la parete tubolare della struttura tubolare interna 23 comprende una pluralità di luci o aperture laterali 31, realizzate nella parete laterale della struttura tubolare interna 23. Le luci o aperture laterali 31 pongono in comunicazione di fluido l’intercapedine 25 con il volume interno della struttura tubolare interna 23 e più precisamente con l’intercapedine 29. In questo modo un fluido refrigerante che entra nell’intercapedine 25 può raggiungere la zona terminale della struttura tubolare esterna 21 e della struttura tubolare interna 23 ed entrare all’interno della struttura tubolare interna 23 per ritornare verso l’apparecchiatura a cui il dispositivo 1 è interfacciato. La circolazione del fluido refrigerante può anche essere inversa, con alimentazione attraverso l’intercapedine 29 e ritorno attraverso l’intercapedine 25.
Benché teoricamente sia possibile prevedere un’unica luce laterale 31, per un miglior flusso della fluido refrigerante è vantaggioso prevedere due o preferibilmente laterali almeno tre luci o aperture laterali 31. Vantaggiosamente in alcune forme di realizzazione le luci laterali 31 sono disposte fra loro sfalsate angolarmente attorno ad un asse longitudinale A-A delle strutture tubolari interna 23 ed esterna 21, tra loro sostanzialmente coassiali. In alcune forme di realizzazione il passo angolare può essere costante. Ad esempio, se sono previste tre luci laterali 31, esse possono essere disposte fra loro sfalsate di 120° l’una dall’altra. Inoltre, in vantaggiose forme di realizzazione le luci laterali 31 sono distribuite lungo l’asse A-A della struttura tubolare esterna 21 e della struttura tubolare interna 23, cioè sono fra loro distanziate lungo lo sviluppo longitudinale della dispositivo 1.
Le aperture o luci laterali 31 possono avere qualunque forma opportuna, ad esempio circolare oppure ellittica.
È risultato che, tramite le luci laterali 31, si ottiene un migliore flusso della fluido refrigerante, in particolare un liquido refrigerante, fra l’intercapedine 25 e l’intercapedine 29 o viceversa. Il flusso ottenuto attraverso le luci laterali 31 è tendenzialmente laminare, prevenendo o limitando in tal modo la formazione di vortici nella punta della dispositivo. Le perdite di carico sono minori, grazie alla laminarità del flusso, rispetto a quanto ottenuto nei dispositivi dell’arte corrente, nei quali il collegamento di fluido tra l’intercapedine esterna e l’intercapedine interna avviene attraverso l’estremità aperta della struttura tubolare interna. Con la previsione di aperture o luci laterali 31 si ottiene una migliore circolazione del fluido refrigerante e quindi un maggior flusso a parità di spinta, cioè di pressione del fluido refrigerante.
Questo miglioramento del flusso di fluido refrigerante si ottiene sia con una configurazione del tipo illustrato in Fig. 3, dove l’estremità terminale della struttura tubolare interna 23 è chiusa dall’elemento di chiusura 24, sia, benché in misura minore, con una struttura del tipo illustrato in Fig. 5. In questa figura è mostrato un dispositivo sostanzialmente uguale a quello della Fig. 3, ma che si differenzia da quest’ultimo sostanzialmente solo per il fatto che la struttura tubolare interna 23 è frontalmente aperta, anziché chiusa dall’elemento di chiusura 24. Per migliorare le condizioni di flusso, l’estremità terminale della struttura tubolare interna 23 è tagliata a becco di flauto, cioè con un taglio obliquo rispetto all’asse longitudinale A-A.
L’aumento del flusso di fluido refrigerante permette al dispositivo una maggiore erogazione di potenza e l’ottenimento di volume di ablazione più grandi consentendo la cura dei tumori di maggiori dimensioni anche in stato avanzato. In Fig.6 è mostrato un diagramma che riporta la portata in ml/min un liquido refrigerante in funzione della pressione applicata per ottenerne la circolazione all’interno del dispositivo 1. Nel diagramma di Fig. 6 sono riportate 3 curve indicate con C1, C2, C3 ottenute sperimentalmente. La curva C1 è ottenuta con un dispositivo del tipo illustrato in Fig. 3, mentre la curva C3 e la curva C2 rappresentano le portate per dispositivi dell’arte corrente, privi di luci o aperture laterali realizzate sulla parete della struttura tubolare interna e in cui il collegamento fra l’intercapedine 25 e l’intercapedine 29 è ottenuto unicamente in corrispondenza dell’apertura frontale, cioè terminale della struttura tubolare interna 23. Le curve C2 e C3 sono state ottenute con una struttura tubolare interna terminante con un bordo inclinato, realizzato con un taglio obliquo, e con un bordo ortogonale all’asse longitudinale, rispettivamente.
Si osserva un sostanziale aumento di circa 15-20% della portata a parità di pressione a favore della soluzione secondo l’invenzione rispetto alle configurazioni dell’arte corrente.
Al fine di ottenere un raffreddamento efficace, è opportuno che il flusso del fluido refrigerante sia il più possibile omogeneo all’interno delle intercapedini formate dalla struttura tubolare esterna 21, dalla struttura tubolare interna 23 e dalla guida di luce 27. È anche opportuno non avere zone di riduzione del flusso nella parte distale del dispositivo, cioè in prossimità delle luci o aperture laterali 31. D’altro canto, per ottenere 1 irraggiamento uniforme dei tessuti circostanti, entro cui viene inserito il catetere 21,è opportuno che la guida di luce 27, la struttura tubolare interna 23 e la struttura tubolare esterna 21 siano fra loro il più possibile concentriche. La presenza di distanziatori tradizionalmente ottenuti per estrusione, all’interno delle intercapedini 25 e 29, riduce la sezione trasversale utile per il flusso, aumentando di conseguenza le perdite di carico e riducendo la portata. Inoltre, i distanziatori dell’arte corrente rendono non uniforme il flusso del fluido refrigerante, con conseguente disuniformità dell’effetto di refrigerazione.
Secondo vantaggiose forme di realizzazione qui descritte, al fine di risolvere o alleviare questi problemi, vengono utilizzati distanziatori di forma innovativa. Con riferimento alle Figg. 3 e 4, nell’intercapedine 25 tra la struttura tubolare esterna 21 la struttura tubolare interna 23 è disposto un primo distanziatore 33. Questo distanziatore ha la forma di un elemento a sviluppo lineare, cioè filiforme, che si avvolge elicoidalmente attorno all’asse longitudinale A-A della struttura tubolare interna 23 e della struttura tubolare esterna 21. L’andamento elicoidale del primo distanziatore 33 è visibile in particolare in Fig. 3. Il distanziatore a sviluppo elicoidale 33 può avere una sezione circolare, come mostrato in Fig. 4. In altre forme di realizzazione il primo distanziatore 33 può avere una sezione trasversale di forma diversa, ad esempio ellittica. Non si escludono forme poligonali regolari o irregolari della sezione trasversale di tale distanziatore 33, che possono essere dettate dall’esigenza di migliorare le condizioni di flusso. In pratiche forme di realizzazione il primo distanziatore 33 è costruito come componente fisicamente separato rispetto sia alla struttura tubolare interna 23, sia rispetto struttura tubolare esterna 21, anziché essere ottenuto per estrusione di pezzo con l’una o con l’altra di tali strutture tubolari. Questo consente di disporre il primo distanziatore 33 elicoidalmente con il passo desiderato attorno all’asse longitudinale A-A.
Il primo distanziatore 33, a sviluppo elicoidale, consente di mantenere fra loro coassiali la struttura tubolare esterna 21 e la struttura tubolare interna 23, senza rappresentare un ostacolo eccessivo alla circolazione del fluido refrigerante all’interno dell’intercapedine 25. Infatti, la riduzione della sezione utile per il flusso del fluido refrigerante corrisponde all’area della sezione trasversale del singolo distanziatore 33. La disposizione elicoidale consente di mantenere coassiali la struttura tubolare interna 23 e la struttura tubolare esterna 21 con un singolo distanziatore, mentre le soluzione dell’arte corrente, con distanziatori realizzati di pezzo per estrusione con la struttura tubolare esterna o interna, richiederebbe l’utilizzo di almeno tre distanziatori angolarmente sfalsate di 120° rispetto all’asse longitudinale della struttura tubolare esterna e della struttura tubolare interna.
Il primo distanziatore 33 permette di mantenere fra loro concentriche le strutture tubolari interna 23 ed esterna 21. Per una migliore efficienza del dispositivo, è opportuno mantenere concentriche anche la struttura tubolare interna 23 e la guida di luce 27. In vantaggiose forme di realizzazione, a tal fine, sempre con riferimento le Figg. 3 e 4, nell’intercapedine 29 può essere disposto un secondo distanziatore 35. Il secondo distanziatore 35 può avere sostanzialmente la stessa forma del primo distanziatore 33, cioè può essere costituito da un elemento lineare allungato, cioè filiforme, ad esempio di sezione trasversale circolare. Il secondo distanziatore 35 può essere disposto elicoidalmente attorno all’asse longitudinale A-A, come mostrato nella sezione longitudinale della Fig.3. Il distanziatore 35 consente di mantenere la guida di luce 27 sostanzialmente coassiale alla struttura tubolare interna 23, senza ostacolare in maniera significativa il flusso di fluido refrigerante nell’intercapedine 29.
Utilizzando elementi lineari ad avvolgimento elicoidale come distanziatori, anziché distanziatori rettilinei estrusi insieme alla struttura tubolare, si ottiene anche il vantaggio di poter disporre tali distanziatori soltanto nella zona terminale della struttura tubolare esterna 21 e della struttura tubolare interna 23, lasciando completamente libera la sezione di passaggio definita dalle intercapedini 25 e 29 nella zona prossimale delle strutture tubolari 21, 23, come visibile in particolare nella sezione della Fig.3.
Nella forma di realizzazione delle Figg.3 e 5 l’estremità terminale della struttura tubolare interna 21 è chiusa da un elemento di chiusura 22, di forma ogivale, cioè con una estremità esterna stondata. Come sarà chiarito in maggiore dettaglio nel seguito, l’elemento di chiusura 22 può essere realizzato con proprietà ottiche diverse, ad esempio può essere trasparente, diffondente o riflettente alla lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica convogliata dalla guida di luce 27. In varianti di realizzazione l’estremità di chiusura 22 della struttura tubolare esterna 21 può avere una forma diversa, ad esempio conica o piramidale, come mostrato esemplificativamente nelle forme di realizzazione delle Figg. 7 e 8. Le forme di realizzazione delle Figg. 7 e 8 sono per il resto sostanzialmente simile alle forme di realizzazione delle Figg. 3 e 5 e non vengono quindi descritte in maggiore dettaglio. Gli stessi numeri di riferimento vengono utilizzati per contrassegnare elementi corrispondenti nelle varie forme di realizzazione. La forma di realizzazione della Fig. 7 presenta una struttura tubolare interna 23 con una estremità distale o terminale aperta, mentre la forma di realizzazione della Fig.8 prevede una struttura tubolare interna 23 con una estremità terminale chiusa da un elemento di chiusura 24.
Nelle forme di realizzazione illustrate le Figg.3 e 5 la guida di luce 27 comprende una fibra ottica 28 che si estende all’interno del struttura tubolare interna 23 fino in stretta adiacenza della sua estremità distale. La parte terminale della fibra ottica 28 può essere lavorata in maniera da essere diffondente, cioè per consentire la fuoriuscita della radiazione ottica convogliata dalla guida di luce 27 attraverso la parete laterale della fibra ottica. La radiazione ottica che diffonde dalla parete laterale della porzione terminale della fibra ottica 28 può attraversare la struttura tubolare interna 23 e la struttura tubolare esterna 21 per diffondere quindi nel tessuto all’interno del quale è stato inserito il catetere formato da struttura tubolare esterna 21. A tale scopo almeno una parte della struttura tubolare interna 23 e della struttura tubolare esterna 21 sono realizzate in un materiale trasparente o diffondente alla lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica convogliata lungo la guida di luce 27.
In altre forme di realizzazione, la fibra ottica 28 può avere uno sviluppo longitudinale inferiore e terminare ad una certa distanza dalla estremità distale o terminale della struttura tubolare interna 23. Nelle forme di realizzazione delle Figg.7 e 8, la guida di luce 27 comprende una fibra ottica 28 ed un diffusore 30, che si estende dalla punta 28P della fibra ottica 28 verso l’estremità terminale della struttura tubolare interna 23. Il diffusore 30 è realizzato in modo tale che la radiazione elettromagnetica convogliata dalla guida di luce 27 fuoriesca dalla superficie laterale del diffusore 30 medesimo. Anche in questo caso almeno parte della struttura tubolare interna 23 e della struttura tubolare esterna 21 sono realizzate in materiali trasparenti o diffondenti alla radiazione elettromagnetica convogliata dalla guida di luce 27.
Forme di realizzazione particolari del diffusore 28 saranno descritte più avanti con riferimento alle Figg.19, 20, 21.
In altre forme di realizzazione, la guida di luce 27 può terminare ad una certa distanza rispetto all’estremità terminale della struttura tubolare interna 23. Ad esempio la guida di luce 27 può comprendere la fibra ottica 28 ed essere priva di diffusore 30, con una estremità terminale della fibra ottica 28 posta ad una distanza dalla estremità terminale della struttura tubolare interna 23 pari ad un multiplo del diametro della struttura tubolare interna 23. Esempi di realizzazione di un dispositivo 1 di questo tipo sono illustrate nelle Figg. 9, 10, 11. In queste forme di realizzazione la radiazione elettromagnetica R fuoriesce prevalentemente dalla punta della fibra ottica 28 che rimane integralmente alloggiata nella struttura tubolare interna 23. La punta della fibra ottica 28 può essere opportunamente sagomata, per emettere un fascio di radiazione elettromagnetica, e più precisamente un fascio di radiazione laser, di forma opportuna, ad esempio divergente. I materiali di cui sono costituite la struttura tubolare interna 23 e la struttura tubolare esterna 21 sono scelti in modo tale da ottenere la diffusione della radiazione elettromagnetica verso l’esterno della struttura tubolare esterna 21 per irradiare il tessuto circostante, entro cui è inserito il catetere formato dalla struttura tubolare esterna 21.
A tale scopo, in alcune forme di realizzazione almeno la parte terminale della struttura tubolare interna 23 può essere realizzata in materiale trasparente alla radiazione elettromagnetica utilizzata, mentre almeno la porzione terminale della struttura tubolare esterna 21 è realizzata in materiale diffondente a tale lunghezza d’onda. In altre forme di realizzazione, anche la porzione terminale della struttura tubolare interna 23 può essere realizzata in un materiale diffondente, anziché trasparente alla lunghezza d’onda utilizzata. In ancora altre forme di realizzazione, la struttura tubolare interna 23 può essere realizzata, almeno nella sua porzione terminale, in un materiale diffondente alla radiazione elettromagnetica utilizzata, mentre almeno la porzione terminale della struttura tubolare esterna 21 può essere realizzata in materiale trasparente a tale radiazione elettromagnetica. In termini generali, almeno delle strutture tubolari esterna 21 ed interna 23 è realizzata in un materiale diffondente, mentre l’altra può essere realizzata in materiale trasparente alla radiazione elettromagnetica utilizzata, oppure entrambe sono realizzate in materiale diffondente.
In Fig. 9 la parte terminale della struttura tubolare interna 23 è realizzata in materiale diffondente e il fascio di radiazione elettromagnetica, ad esempio un fascio laser, che fuoriesce dalla estremità distale della fibra ottica 28 diffonde attraverso la struttura tubolare interna 23 verso la struttura tubolare esterna 21 e attraversa quest’ultima, che è realizzata in materiale trasparente. Nella forma di realizzazione illustrata in Fig. 9, l’elemento terminale 22 di chiusura della struttura tubolare esterna 21 è realizzato in materiale trasparente o diffondente alla radiazione elettromagnetica utilizzata, cosicché tale radiazione può diffondersi anche frontalmente.
Nella forma di realizzazione della Fig.10 la porzione terminale della struttura tubolare interna 23 è rastremata, così da aumentare la porzione di radiazione elettromagnetica incidente sulla superficie interna della struttura tubolare interna 23 e facilitare la sua diffusione verso l’esterno, cioè verso la struttura tubolare esterna 21. Quest’ultima può essere realizzata trasparente o diffondente. Nella forma di realizzazione della Fig. 10 l’elemento di chiusura 22 dell’estremità terminale della struttura tubolare esterna 21 è riflettente, e presenta una superficie 22.1 rivolta verso l’interno della struttura tubolare esterna 21, cosicché la radiazione elettromagnetica che fuoriesce frontalmente dalla struttura tubolare interna 23 viene riflessa dalla superficie 22.1 verso l’interno della struttura tubolare esterna 21. Nella forma di esecuzione della Fig. 10, non si esclude la possibilità di realizzare un elemento terminale di chiusura 22 trasparente o preferibilmente diffondente come previsto nella forma di realizzazione della Fig.9.
In Fig. 11 è mostrata ancora un’ulteriore forma di realizzazione, in cui la struttura tubolare interna 23 può essere opaca alla radiazione convogliata attraverso la guida di luce 27. Il fascio di radiazione elettromagnetica esce dalla estremità distale o terminale della struttura tubolare interna 23 e viene diffusa attraverso il materiale diffondente di cui è costituita almeno la parte distale della struttura tubolare esterna 21. L’elemento terminale 22 di chiusura della struttura tubolare esterna 21 è riflettente, come nella forma di realizzazione della Fig.10. Non si esclude, tuttavia, di realizzare tale elemento di chiusura 22 in materiale trasparente o preferibilmente diffondente, come previsto nella forma di realizzazione della Fig.9.
Nelle varie forme di realizzazione il fascio che fuoriesce dalla punta 28P della fibra ottica è normalmente divergente. Questo accade in particolare quando la punta 28P della fibra ottica 28 è piatta. La divergenza è definita dall’apertura numerica NA della fibra ottica 28. Valori tipici della divergenza sono 0.22mRad, 0.27mRad, 0.37mRad. Peraltro, non si esclude la possibilità di realizzare valori differenti in fase di costruzione variando l’indice di rifrazione del cladding e del nucleo della fibra ottica 28.
La divergenza del fascio laser uscente dalla fibra ottica 28 può essere utilizzata per colpire una struttura diffondente nelle immediate vicinanze della punta e ottenere una forte emissione laterale, tipicamente la struttura tubolare interna 23 o la struttura tubolare esterna 21
La punta 28P della fibra ottica 28 può, inoltre, essere lavorata per ottenere l’aumento della divergenza del fascio. In particolare ad esempio una geometrica conica della punta con superficie lucidata o ruvida può agire sul fascio ottico in uscita ottenendo un’emissione con divergenza maggiorata. La divergenza ottenuta in funzione dell’angolo al vertice della punta si può calcolare applicando la legge di Snell all’interfaccia fibra-aria o fibra-liquido qualora la fibra ottica sia immersa in un liquido e si valuta la direzione della componente della luce rifratta.
Per ottenere un materiale diffondente alla lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica convogliata attraverso la guida di luce 27 si possono utilizzare soluzioni diverse.
In alcune forme di realizzazione, la diffusione della radiazione elettromagnetica viene ottenuta con l’aggiunta di opportuni coloranti o polveri nel materiale di base con cui viene formata, per estrusione, la struttura tubolare esterna 21 e/o la struttura tubolare interna 23. In altre forme di realizzazione, il materiale che rende diffondente la struttura tubolare interna 23 esterna 21 può essere applicato superficialmente dopo l’estrusione. Le proprietà diffondente possono essere previste soltanto nella parte distale della struttura tubolare relativa (interna 23 ed esterna 21) o possono interessare l’intera struttura tubolare.
Per ottenere la capacità diffusive della struttura tubolare interna 23 e/o esterna 21 possono essere anche utilizzate anche altre tecniche, ad esempio di lavorazione meccanica di abrasione o di attacco chimico. Con queste tecniche si ottengono rugosità della superficie della struttura tubolare 21 e/o 23 che cambia localmente le condizioni di guida della luce secondo la legge di Snell.
In ancora ulteriori forme di realizzazione, per ottenere capacità diffusive si può realizzare la struttura tubolare interna 23 con ondulazioni su un piano o su due piani tra loro ortogonali per dar luogo in sostanza ad un andamento elicoidale della struttura tubolare interna 23. Le ondulazioni della struttura tubolare interna 23 servono a far sì che la radiazione elettromagnetica colpisca le pareti della struttura tubolare interna 23 provocando effetti di diffusione e/o rifrazione-riflessione. In alcune forme di realizzazione, anche la struttura tubolare esterna 21 può essere dotata di una forma ondulata, se questo non è di ostacolo all’introduzione del dispositivo all’interno del tessuto da trattare.
In combinazione o in alternativa alle soluzioni sopra descritte per ottenere la diffusione della radiazione elettromagnetica verso l’esterno della struttura tubolare esterna 21, si può utilizzare un fluido refrigerante circolante nelle intercapedini 25 e 29, nel quale è contenuta una sospensione di particelle o polveri diffondenti. Queste polveri possono essere di dimensioni comprese ad esempio tra circa 10 nm e circa 100 micrometri. Le particelle o polveri diffondenti possono essere scelte in modo da avere un ridotto assorbimento della radiazione elettromagnetica utilizzata. Ad esempio possono essere utilizzate particelle di idrossiapatite, TiO, TiO2, Al2O3. Oltre a queste si può utilizzare ad esempio il solfato di Bario (BaSO4) che ha anche proprietà di radio-opacità e permette la visione del dispositivo sotto tecniche di imaging a raggi X. Non si esclude la possibilità di utilizzare altre sostanze diffondenti e radioopache. L’eventuale aggiunta di iodio nel liquido, permette di ottenere un liquido diffondente e radiopaco per la rilevazione del dispositivo in immagini radiografiche o tomografiche (TC).
In altre forme di realizzazione, anziché polveri diffondenti solide possono essere utilizzate particelle diffondenti liquide. Ad esempio può essere usato un liquido refrigerante in cui viene miscelata una certa quantità di un secondo liquido, immiscibile con il liquido refrigerante ed avente proprietà diffondenti.
Le varie soluzioni tecniche sopra descritte per ottenere la diffusione della radiazione elettromagnetica all’esterno della struttura tubolare esterna 21 possono essere combinate tra loro e/o con l’impiego di fibre ottiche lavorate per essere esse stesse diffusive almeno nella porzione distale, oppure combinate a diffusori ottici posti assialmente davanti alla fibra ottica stessa.
Nelle forme di realizzazione illustrate nelle Figg. 9, 10 e 11 l’elemento di chiusura 22 posto all’estremità terminale della struttura tubolare esterna 21 ha una forma parzialmente cilindrica e parzialmente conica o piramidale. Tuttavia sono possibili anche forme differenti di tale elemento di chiusura 22. La Fig.12 illustra quattro differenti possibili forme geometriche dell’elemento di chiusura 22. Ciascuna di queste forme geometriche può essere utilizzata per realizzare un elemento di chiusura 22 diffondente oppure riflettente. Nelle Figg. 12A, 12C, 12E, 12G l’elemento di chiusura 22 è realizzato in materiale diffondente, cosicché la radiazione elettromagnetica che fuoriesce dalla guida di luce 27 viene diffusa anche frontalmente nel tessuto in cui è inserito il catetere formato dalla struttura tubolare esterna 21. Nelle forme di realizzazione delle Figg. 12B, 12D, 12F, 12H l’elemento di chiusura 22 presenta una superficie interna 21.1 riflettente, cosicché la radiazione elettromagnetica che incide su di esso viene riflessa all’indietro.
Le varie conformazioni dell’elemento di chiusura 22 differiscono fra loro sia per quanto concerne la porzione di superficie rivolta verso l’interno della struttura tubolare esterna 21, sia per quanto concerne la superficie rivolta verso l’esterno della struttura tubolare esterna 21. Ad esempio, nelle Figg.12A, 12B la superficie interna 22.1 è conica o piramidale convessa, mentre nelle Figg. 12C, 12D tale superficie interna è piana. La superficie esterna è viceversa troncopiramidale o troncoconica nelle Figg. 12A, 12B e semisferica nelle Figg.12C, 12D. Nelle figure successive la superficie interna è concava, e la superficie esterna è parzialmente cilindrica e parzialmente sferica, conica oppure piramidale. Si deve comprendere che le diverse forme delle superfici interna ed esterna illustrate in Fig. 12 possono essere combinate in maniera diversa rispetto a quanto illustrato.
In alcune forme di realizzazione, la struttura tubolare esterna 21 può essere dotata di una porzione flessibile, realizzata ad esempio da una membrana elastica. Questo materiale permette la dilatazione sotto l’effetto della pressione del fluido di raffreddamento. La porzione di parete elasticamente deformabile della struttura tubolare esterna 21 provoca, dilatandosi, la compressione dei tessuti circostanti e quindi l’aumento della superficie irradiata dalla radiazione elettromagnetica propagata tramite la guida di luce 27.
Una forma di realizzazione in cui la struttura tubolare esterna 21 è parzialmente formata da un materiale elasticamente deformabile schematicamente rappresentata in Fig. 13. In prossimità dell’estremità distale la struttura tubolare esterna 21 presenta una porzione formata da una membrana elasticamente deformabile 20 che in Fig. 13 è mostrata in assetto dilatato per effetto della pressione di un fluido refrigerante che circola nell’intercapedine 29 e nell’intercapedine 25. In questa forma di realizzazione, il flusso di fluido refrigerante è dall’interno della struttura tubolare interna 23 verso l’interno della struttura tubolare esterna 21. Le luci laterali 31 che pongono in collegamento di fluido l’intercapedine 29 con l’intercapedine 25 si trovano vantaggiosamente in corrispondenza della porzione della struttura tubolare esterna 21 formata dal materiale elasticamente deformabile 20, cosicché pompando il fluido refrigerante nell’intercapedine 29 questo fuoriesce dalle luci laterali 33 e gonfia la membrana 20 formando un palloncino dilatato, prima di fluire nella e lungo l’intercapedine 25. In via esemplificativa, nella forma di realizzazione illustrata in Fig. 13 la guida di luce 27 è rappresentata con una forma elicoidale, per gli scopi che saranno chiariti maggior dettaglio nel seguito con riferimento ad ulteriori esempi di realizzazione. In altre forme di esecuzione la guida di luce 27 può essere rettilinea. La struttura tubolare interna 23 può essere trasparente o diffondente alla lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica utilizzata, così da permettere la fuoriuscita della radiazione elettromagnetica attraverso il volume del palloncino formato dalla membrana 20, la quale a sua volta può essere diffondente o trasparente alla lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica usata. Eventuali particelle sospese nel liquido refrigerante possono facilitare o rendere più uniforme la diffusione della radiazione elettromagnetica.
Il fluido refrigerante che viene fatto circolare nel dispositivo 1 può essere un fluido a perdere, oppure può venire fatto circolare in un circuito chiuso. In Fig. 14 è mostrato schematicamente un circuito di refrigerazione collegato al dispositivo 1, con una configurazione in cui il fluido refrigerante è a perdere. Il fluido refrigerante può essere ad esempio una soluzione salina o qualunque altro fluido biocompatibile, cosicché eventuali dispersioni dal dispositivo 1 verso i tessuti trattati non provoca danni al paziente. Nella soluzione schematicamente illustrata in Fig.14 il circuito refrigerante, complessivamente indicato con 41, comprende un primo serbatoio 43 contenente un fluido refrigerante fresco ed un secondo serbatoio 45 contenente fluido refrigerante esausto. Tramite un condotto 47 il primo serbatoio 43 è collegato al canale 7 o al canale 9 dell’elemento di connessione 5 del dispositivo 1 (vedasi Fig. 1 e 2).
Con 49 è indicata una pompa, ad esempio una pompa peristaltica, che fa circolare il fluido refrigerante nel circuito di refrigerazione 41. Il fluido refrigerante esausto proveniente dal dispositivo 1 viene convogliato nella serbatoio 45 attraverso un condotto 51.
Il volume di fluido refrigerante contenuto del primo serbatoio 43 può essere sufficiente a garantire la refrigerazione durante l’intero ciclo di trattamento, così da evitare la necessità di sostituire il serbatoio 43 durante l’intervento.
Nella forma di realizzazione schematicamente rappresentata in Fig.15, il circuito di refrigerazione, ancora indicato con 41, è un circuito chiuso, cosicché il fluido refrigerante che circola per mezzo della pompa 49 viene prelevato dal serbatoio 44 e re-immesso in esso. Il serbatoio 44 può essere opportunamente refrigerato, così da mantenere il fluido refrigerante ad una temperatura idonea per svolgere la sua funzione di asportazione di calore dalla zona di trattamento. Il serbatoio 44 può anche essere costituito in realtà dal volume interno di un condotto facente parte di uno scambiatore di calore.
In Fig. 16 è mostrata schematicamente un’apparecchiatura 60 che utilizza il dispositivo 1 in una delle forme di realizzazione sopradescritte. Nello schema della Fig. 16 il circuito di refrigerazione 41 è un circuito chiuso. Con 53 è indicata una sorgente laser che emette una radiazione laser che viene convogliata tramite una fibra ottica 55 verso il dispositivo 1. La fibra ottica 55 si può collegare alla guida di luce 27 del dispositivo 1 per mezzo dell’elemento di connessione 5, attraverso il connettore 19 (Fig. 1). La fibra ottica 55 può costituire eventualmente prolungamento della fibra ottica 28 sopra descritta.
Con 57 è indicata una unità di controllo, che può essere collegata alla sorgente laser 53 per controllare l’emissione della radiazione laser, alla pompa 49 del circuito di refrigerazione 41, e a un dispositivo di refrigerazione 59 per asportare calore del fluido refrigerante dal circuito di refrigerazione 41. L’unità di controllo 57 può essere inoltre funzionalmente collegata ad ulteriori sensori dell’apparecchiatura 60. Ad esempio, può essere previsto un sensore di pressione 61, che rileva la pressione nella ramo di mandata del circuito di refrigerazione 41, cioè nel condotto 47, a valle della pompa 49. All’estremità distale del dispositivo 1, cioè preferibilmente all’interno della struttura tubolare esterna 21 e in adiacenza della sua estremità terminale, può essere disposto un sensore di temperatura 63, per tenere sotto controllo la temperatura del catetere formato dalla struttura tubolare esterna 21 e quindi indirettamente del tessuto circostante, nel quale è stato inserito il catetere. In alcune forme di realizzazione può anche essere previsto un flussimetro 65 che misura la portata di fluido refrigerante che circola nel circuito di refrigerazione 41.
I sensori 61, 63, 65 consentono un controllo del funzionamento di tutta l’apparecchiatura 60 e del dispositivo 1 ad essa interfacciato. Il collegamento elettrico tra l’unità centrale 57 ed il sensore di temperatura 63 può essere ottenuto tramite un cavo 67 che passa attraverso il canale 11 dell’elemento di connessione 5 (Fig.2).
In Fig. 17 è mostrata un’apparecchiatura 60 analoga a quella descritta con riferimento alla Fig.16. Numeri uguali indicano parti uguali o corrispondenti a quelle già descritte con riferimento alla Fig. 16. Nella forma di realizzazione della Fig. 17, anziché un serbatoio per il liquido refrigerante, è previsto un condotto indicato con 71, formante uno scambiatore di calore e il cui volume interno complessivo è sufficiente a contenere un’adeguata quantità di liquido refrigerante. Il condotto 71 può essere posto almeno parzialmente all’interno di un sistema di refrigerazione 73, ad esempio comprendente una cella Peltier, per il raffreddamento del liquido refrigerante che circola nel circuito di refrigerazione.
L’utilizzo di un sensore di temperatura associato al dispositivo 1 può consentire il monitoraggio della trattamento effettuato tramite tale dispositivo. Il sensore di temperatura può fornire informazioni all’unità di controllo 57, in particolare informazioni sulla temperatura del liquido refrigerante e quindi, indirettamente sulla temperatura che si sviluppa nei tessuti circostanti durante il trattamento. Questa temperatura dipende dal tessuto ed è funzione del suo coefficiente di assorbimento, dello scattering, della lunghezza d’onda della radiazione utilizzata, della potenza emessa, e della portata del fluido refrigerante, nonché della sua temperatura.
L’unità di controllo 57 può agire sulla potenza erogata dalla sorgente 53, sulla portata del fluido refrigerante e sulla sua temperatura, per controllare la temperatura dei tessuti circostanti.
Il sensore di temperatura 63 può essere usato anche per misurare direttamente la temperatura dei tessuti. A tale scopo è sufficiente interrompere l’emissione della radiazione laser da parte della sorgente 53 e la circolazione del fluido refrigerante da parte della pompa 49. In pochi secondi (4-5 secondi) la temperatura del fluido refrigerante che si trova all’interno della struttura tubolare esterna 21 raggiunge la temperatura dei tessuti circostanti e viene misurata direttamente da sensore di temperatura 63.
Controllando i parametri sopra descritti è anche possibile interrompere l’erogazione di potenza da parte della sorgente laser 53, mantenendo attiva la circolazione di fluido refrigerante tramite la pompa 49, quando si raggiunge una temperatura critica.
Il flussimetro 65 sul ramo di ritorno del circuito di refrigerazione 41 e il sensore di pressione 61 sul ramo di mandata del circuito di relazione 41 individuano eventuali anomalie di flusso incompatibili con il corretto funzionamento del dispositivo. Ad esempio è possibile rilevare eventuali perdite di fluido refrigerante. È anche possibile prevedere due flussimetri, uno sul ramo di mandata e uno sul ramo di ritorno.
In alcune forme di realizzazione l’unità di controllo 57 può agire sul sistema di refrigerazione 59,73, che regola la temperatura del fluido refrigerante, ad esempio per ottenere una termostatazione del fluido refrigerante, aumentando l’efficienza del raffreddamento dei tessuti.
Il fluido refrigerante utilizzato può essere liquido o gassoso. Come sopra menzionato, in caso di fluido refrigerante liquido si può utilizzare una soluzione salina, costituita da acqua e NaCl 0,9% o altre concentrazioni idonee. Come fluido refrigerante gassoso può essere utilizzato azoto, biossido di carbonio o altro gas idoneo.
Come sopra indicato, la guida di luce 27 può comprendere una fibra ottica 28 che si estende fino all’estremità terminale della struttura tubolare interna 23. La fibra ottica 28 può presentare una lavorazione superficiale nella propria zona terminale, cioè prossima alla estremità terminale della struttura tubolare interna 23 e della struttura tubolare esterna 21, che facilita l’emissione laterale per diffusione della radiazione elettromagnetica convogliata dalla fibra ottica 28 medesima. In altre forme di realizzazione, alla fibra ottica 28 può essere associato un diffusore ottico 30 (vedasi Fig. 7 e 8). Il diffusore ottico 30 può avere una forma o una lavorazione superficiale, oppure può essere realizzato in un materiale idoneo, per facilitare la diffusione laterale della radiazione elettromagnetica.
In forme di realizzazione particolarmente vantaggiose, il diffusore ottico 30 presenta una forma ondulata, su un piano o su due piani ortogonali, ad esempio assumendo una forma elicoidale, come schematicamente rappresentato nella Fig.18. In questa figura sono mostrati unicamente la struttura tubolare interna 23, la porzione terminale della fibra ottica 28 e il diffusore 30. Questo ha un andamento elicoidale attorno ad un asse geometrico longitudinale della struttura tubolare interna 23. La forma ondulata del diffusore 30 facilita la propagazione verso l’esterno della radiazione elettromagnetica.
Per ottenere una migliore distribuzione della diffusione ottica si può agire sui vari componenti di cui può essere costituito il diffusore 30. Le Figg. 19, 20, 21 mostrano schematicamente tre forme di realizzazione di una guida di luce 27 comprendente una fibra ottica 28 ed un diffusore 30. Nelle tre forme di realizzazione illustrate il diffusore 30 comprende un nucleo 30A e una guaina 30 che circonda il nucleo 30A. I due elementi che formano il diffusore 30 possono essere entrambi diffondenti, oppure uno diffondente e l’altro trasparente alla radiazione elettromagnetica propagantesi nella guida ottica 27. Nella forma di realizzazione della Fig. 19 sia il nucleo 30A, sia la guaina 30B sono formati in materiale diffondente. Nella forma di realizzazione della Fig. 20 il nucleo 30A è formato il materiale diffondente e la guaina 30B è realizzata in materiale trasparente. Nella forma di realizzazione della Fig.21 il nucleo 30A è trasparente e la guaina 30B è diffondente. Le Figg.22A-22I mostrano i diagrammi di diffusione della radiazione elettromagnetica in diverse forme di realizzazione della diffusore 30. Le Figg.22A-22D mostrano i diagrammi di diffusione per una diffusore 30 realizzato come in Fig. 20, cioè con un nucleo diffondente ed una guaina esterna trasparente e di forma rettilinea. I quattro diagrammi sono ottenuti per lunghezze diverse del diffusore 30, pari a 15 mm, 20 mm, 25 mm e 30 mm, rispettivamente. Aumentando la lunghezza del diffusore 30 si nota come sia più pronunciata la perdita di missione direttiva, mentre non vi è particolare effetto sull’emissione radiale e posteriore. Per cambiare l’emissione radiale si ricorre allora ad una differente concentrazione oppure ad una differente granulometria della polvere diffondente contenuta nel nucleo 30A. Il diagramma della Fig.22E mostra l’emissione di un diffusore 30 realizzato con un nucleo diffondente ed una guaina diffondente e con una forma elicoidale, con un’unica spira. Il diagramma della Fig. 22F illustra il risultato ottenuto con lo stesso diffusore ma di forma rettilinea.
I diagrammi delle Figg.22G, 22H e 22I mostrano l’emissione di un diffusore 30 realizzato con un nucleo trasparente e una guaina diffondente con le seguenti caratteristiche geometriche: per quanto concerne la Fig.22G il diffusore 30 è rettilineo, nel caso della Fig. 22H il diffusore presenta uno sviluppo elicoidale (Fig.18) con due spire ed infine il diagramma della Fig. 22I è relativo all’emissione di un diffusore con un tratto rettilineo e un tratto elicoidale formante un’unica spira.
Si osserva che il diagramma di radiazione delle Figg.22G, 22H e 22I relative a un diffusore 30 con una porzione elicoidale sono simili ai diagrammi di emissione ottenuti con una guaina diffondente e un nucleo diffondente (diagrammi delle Figg.
22E, 22F), i quali tuttavia presentano difficoltà costruttive. La forma di realizzazione con nucleo trasparente e guaina diffondente con un diffusore avente una forma almeno parzialmente elicoidale (diagramma della Fig. 22I) fornisce la emissione laterale più uniforme.
Il diffusore 30 può avere una punta di varie forme, come schematicamente illustrato nelle Figg. 23A, 23B e 23C. In Fig. 23A il diffusore 30 termina con un elemento terminale tronco conico o troncopiramidale, in Fig.23B è previsto un elemento terminale di forma semisferica convessa, in Fig.23C l’elemento terminale presenta una forma semisferica concava. La forma della punta del diffusore 30 può essere scelta in funzione delle applicazioni del dispositivo 1, ad esempio per ottenere maggiore o minore penetrazione della radiazione nei tessuti trattati.
Il diffusore, sia per quanto concerne il nucleo, sia per quanto concerne la guaina, può essere realizzato in materiale polimerico o in quarzo, ad esempio. Nei materiale di cui è costituito il diffusore possono essere introdotte polveri radioopache o può essere inserito un marcatore puntuale per applicazioni con monitoraggio radioscopico.
Le varie caratteristiche delle diverse forme di realizzazione sopra descritte possono essere variamente combinate tra loro, dando luogo a dispositivi che possono anche essere privi del primo e secondo distanziatore.

Claims (11)

  1. DISPOSITIVO PER TERMOABLAZIONE LASER CON MEZZI DI CENTRAGGIO E APPARECCHIATURA COMPRENDENTE DETTO DISPOSITIVO Rivendicazioni 1. Un dispositivo per termoablazione laser comprendente: - una struttura tubolare esterna avente una estremità terminale chiusa; - una struttura tubolare interna, posizionata nella struttura tubolare esterna, avente una estremità terminale e definente un volume interno, configurato per ricevere una guida di luce; in cui tra la struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna è formata una prima intercapedine per la circolazione di un fluido refrigerante; caratterizzato dal fatto che tra la struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna è posto un primo distanziatore che si sviluppa elicoidalmente attorno all’asse longitudinale della struttura tubolare esterna.
  2. 2. Un dispositivo per termoablazione laser comprendente: - una struttura tubolare esterna avente una estremità terminale chiusa; - una struttura tubolare interna, posizionata nella struttura tubolare esterna, avente una estremità terminale e definente un volume interno; in cui tra la struttura tubolare esterna e la struttura tubolare interna è formata una prima intercapedine per la circolazione di un fluido refrigerante - una guida di luce alloggiata nel volume interno della struttura tubolare interna; in cui tra la struttura tubolare interna e la guida di luce è formata una seconda intercapedine per la circolazione di un fluido refrigerante; caratterizzato dal fatto che tra la struttura tubolare interna e la guida di luce è posto un secondo distanziatore che si sviluppa elicoidalmente attorno all’asse longitudinale della struttura tubolare interna.
  3. 3. Dispositivo come da rivendicazione 1, in cui nel volume della struttura tubolare interna è alloggiata una guida di luce; ed in cui tra la struttura tubolare interna e la guida di luce è formata una seconda intercapedine per la circolazione di un fluido refrigerante.
  4. 4. Dispositivo come da rivendicazione 3, in cui la guida di luce e la struttura tubolare interna sono sostanzialmente coassiali almeno in una porzione terminale, ed in cui tra la guida di luce e la parete laterale della struttura tubolare interna è posto un secondo distanziatore.
  5. 5. Dispositivo come da rivendicazione 4, in cui il secondo distanziatore si sviluppa elicoidalmente attorno all’asse della struttura tubolare interna; ed in cui preferibilmente il primo distanziatore ed il secondo distanziatore si sviluppano secondo avvolgimenti elicoidali in versi opposti
  6. 6. Dispositivo come da una o più delle rivendicazioni 2 a 5, in cui la guida di luce comprende una fibra ottica ed eventualmente un diffusore posizionato tra una estremità della fibra e Γ estremità terminale della struttura tubolare interna.
  7. 7. Dispositivo come da una o più delle rivendicazioni precedenti, in cui la struttura tubolare interna comprende una parete laterale con almeno una luce laterale che pone in collegamento di fluido la prima intercapedine con il volume interno della struttura tubolare interna.
  8. 8. Dispositivo come da rivendicazione 7, in cui la parete laterale della struttura tubolare interna comprende una pluralità di luci laterali, che pongono in collegamento di fluido la prima intercapedine con il volume interno della struttura tubolare interna; ed in cui preferibilmente le luci laterali sono disposte tra loro sfalsate attorno ad un asse longitudinale della struttura tubolare interna; ed in cui preferibilmente le luci laterali sono disposte tra loro sfalsate lungo lo sviluppo longitudinale della struttura tubolare interna.
  9. 9. Dispositivo come da una o più delle rivendicazioni precedenti, in cui l’estremità terminale della struttura tubolare interna è chiusa.
  10. 10. Una apparecchiatura di termoablazione laser comprendente: - un dispositivo come da una o più delle rivendicazioni precedenti; - una sorgente laser; - un circuito di refrigerazione; - un’unità di controllo.
  11. 11. Apparecchiatura come da rivendicazione 10, comprendente uno o più dei seguenti componenti: - una pompa di circolazione del fluido refrigerante; - un flussimetro, configurato per rilevare la portata di fluido refrigerante; - un sensore di pressione configurato per rilevare la pressione del fluido refrigerante in almeno un punto del circuito di refrigerazione; - un serbatoio di alimentazione del fluido refrigerante verso il dispositivo; - un serbatoio di raccolta del fluido refrigerante dal dispositivo; - un serbatoio di accumulo e riciclo del fluido refrigerante; - un organo di rimozione del calore dal fluido refrigerante.
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