ITTO20110567A1 - Cartuccia per analisi biochimiche, sistema per analisi biochimiche e metodo per eseguire un processo biochimico - Google Patents

Cartuccia per analisi biochimiche, sistema per analisi biochimiche e metodo per eseguire un processo biochimico Download PDF

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ITTO20110567A1
ITTO20110567A1 IT000567A ITTO20110567A ITTO20110567A1 IT TO20110567 A1 ITTO20110567 A1 IT TO20110567A1 IT 000567 A IT000567 A IT 000567A IT TO20110567 A ITTO20110567 A IT TO20110567A IT TO20110567 A1 ITTO20110567 A1 IT TO20110567A1
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Italy
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light source
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IT000567A
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Maria Eloisa Castagna
Giuseppe Catania
Salvatore Leonardi
Alberto Piro
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St Microelectronics Srl
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    • G01NINVESTIGATING OR ANALYSING MATERIALS BY DETERMINING THEIR CHEMICAL OR PHYSICAL PROPERTIES
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Description

DESCRIZIONE
“CARTUCCIA PER ANALISI BIOCHIMICHE, SISTEMA PER ANALISI BIOCHIMICHE E METODO PER ESEGUIRE UN PROCESSO BIOCHIMICOâ€
La presente invenzione à ̈ relativa a una cartuccia per analisi biochimiche, a un sistema per analisi biochimiche e a un metodo per eseguire un processo biochimico.
Come à ̈ noto, l’analisi degli acidi nucleici richiede, secondo diverse modalità, fasi preliminari di preparazione di un campione di materiale biologico, di amplificazione del materiale nucleico in esso contenuto e di ibridazione di singoli filamenti obiettivo o di riferimento, corrispondenti alle sequenze ricercate. L’ibridazione avviene (e il test dà esito positivo) se il campione contiene filamenti complementari ai filamenti obiettivo.
Al termine delle fasi preparatorie, il campione deve essere esaminato per controllare se l’ibridazione à ̈ avvenuta (cosiddetta fase di riconoscimento o “detection†).
Sono noti a questo scopo vari metodi e apparati di ispezione, ad esempio di tipo ottico o elettrico. In particolare, i metodi e gli apparati di tipo ottico sono frequentemente basati sul fenomeno della fluorescenza. Le reazioni di amplificazione e ibridazione sono condotte in modo che i filamenti ibridizzati, contenuti in una camera di riconoscimento ricavata in un supporto, includano molecole fluorescenti o fluorofori (i filamenti ibridizzati possono essere fissati al fondo della camera di riconoscimento oppure rimanere in sospensione liquida). Il supporto viene esposto a una sorgente luminosa avente un opportuno spettro di emissione, tale da eccitare i fluorofori. A loro volta, i fluorofori eccitati emettono una radiazione secondaria a una lunghezza d’onda di emissione maggiore rispetto al picco dello spettro di eccitazione. La luce emessa dai fluorofori viene raccolta e rivelata mediante un sensore ottico. Allo scopo di eliminare la radiazione luminosa di fondo, che rappresenta una fonte di disturbo, il sensore ottico à ̈ provvisto di filtri passa banda centrati alla lunghezza d’onda di emissione dei fluorofori.
Il rilevamento di sostanze diverse nello stesso campione richiede di regola l’impiego di fluorofori distinti, che hanno rispettive lunghezze d’onda di eccitazione e di emissione. Sorgenti luminose con diversi spettri di emissione vengono quindi utilizzate in successione, per analizzare le risposte nelle bande di eccitazione e di emissione di ciascun fluoroforo.
Una limitazione dei sistemi noti risiede nella difficoltà di illuminare in modo uniforme la porzione del supporto in cui à ̈ contenuto il materiale da analizzare. Spesso, infatti, i supporti comprendono piastrine in cui sono realizzati pozzetti disposti in modo ordinato a formare una matrice. I supporti vengono caricati in camere a tenuta di luce di apparecchi analizzatori per essere letti. Per ineliminabili vincoli costruttivi delle sorgenti e degli apparecchi analizzatori, difficilmente l’estensione della sorgente luminosa, ad esempio un LED, la sua direzionalità e la sua distanza dal supporto permettono di illuminare l’intera matrice in modo da evitare sensibili variazioni di potenza ottica incidente da un pozzetto all’altro. Poiché i fluorofori sono eccitati dalla potenza ottica incidente, anche la loro risposta può essere condizionata dall’illuminazione non uniforme.
D’altra parte, anche nell’ipotesi di utilizzare più sorgenti luminose con lo stesso spettro di emissione nominale, sarebbe comunque impossibile evitare variazioni di illuminazione dovute a dispersioni di processo.
Va inoltre considerato che la potenza ottica fornita dalla sorgente luminosa non à ̈ costante nel tempo, ma varia ad esempio in ragione della temperatura ambientale e può modificarsi per l’invecchiamento del componente.
In assenza di misure, quindi, l’illuminazione non uniforme e non costante può condurre a letture non affidabili.
Scopo della presente invenzione à ̈ fornire una cartuccia per analisi biochimiche, un sistema per analisi biochimiche e un metodo per eseguire un processo biochimico che permettano di superare le limitazioni descritte e, in particolare, permettano di ridurre il rischio di errori dovuti all’illuminazione non uniforme.
Secondo la presente invenzione vengono realizzati una cartuccia per analisi biochimiche, un sistema per analisi biochimiche e un metodo per eseguire un processo biochimico come definiti rispettivamente nelle rivendicazioni 1, 7 e 13.
Per una migliore comprensione dell’invenzione, ne verranno ora descritte alcune forme di realizzazione, a puro titolo di esempio non limitativo e con riferimento ai disegni allegati, nei quali:
- la figura 1 à ̈ una vista in pianta dall’alto di una cartuccia per analisi biochimiche in accordo a una forma di realizzazione della presente invenzione;
- la figura 2 Ã ̈ una vista in pianta dal basso della cartuccia di figura 1;
- la figura 3 Ã ̈ una vista laterale della cartuccia di figura 1, sezionata lungo il piano di traccia III-III di figura 1;
- la figura 4 Ã ̈ una vista prospettica di un analizzatore per analisi biochimiche;
- la figura 5 à ̈ una vista laterale, sezionata lungo un piano longitudinale, dell’analizzatore di figura 4;
- la figura 6 à ̈ una vista in pianta dall’alto di un particolare dell’analizzatore di figura 2, con parti asportate per chiarezza;
- la figura 7 à ̈ un grafico che mostra grandezze relative all’analizzatore di figura 2;
- le figure 8 e 9 mostrano grafici relativi componenti della cartuccia di figura 1;
- la figura 10 Ã ̈ un diagramma di flusso relativo a un metodo per eseguire un processo biochimico secondo una forma di realizzazione della presente invenzione;
- la figura 11 à ̈ una vista in pianta dall’alto di una cartuccia per analisi biochimiche in accordo a una diversa forma di realizzazione della presente invenzione;
- la figura 12 Ã ̈ una vista in pianta dal basso della cartuccia di figura 11;
- la figura 13 Ã ̈ una vista laterale della cartuccia di figura 11, sezionata lungo il piano di traccia XIII-XIII di figura 11;
- la figura 14 Ã ̈ un diagramma di flusso relativo a un metodo per eseguire un processo biochimico secondo una diversa forma di realizzazione della presente invenzione;
- la figura 15 à ̈ una vista in pianta dall’alto di una cartuccia per analisi biochimiche in accordo a un’ulteriore forma di realizzazione della presente invenzione; e
- la figura 16 Ã ̈ una vista laterale della cartuccia di figura 15, sezionata lungo il piano di traccia XVI-XVI di figura 15.
Le figure 1-3 mostrano una cartuccia monouso (“disposable†) per analisi biochimiche, indicata nel suo complesso con il numero di riferimento 1. La cartuccia 1 comprende un supporto 2, un modulo pozzetti 3, fotorivelatori 4, un riscaldatore 5 e un sensore di temperatura 6, che formano un microreattore.
Per semplicità, nel seguito si farà riferimento a cartucce e strumentazione per l’amplificazione di acidi nucleici mediante PCR (“Polymerase Chain Reaction†) e l’analisi dei risultati dell’amplificazione, senza che ciò possa essere considerato limitativo. Quanto di qui in avanti descritto, infatti, trova vantaggiosa applicazione anche in sistemi destinati all’esecuzione e al riconoscimento dei risultati di differenti processi biochimici, oltre che dell’amplificazione mediante PCR.
In una forma di realizzazione, il supporto 2 Ã ̈ una piastrina di materiale semiconduttore, ad esempio silicio monocristallino, e presenta forma rettangolare. Inoltre, una faccia 2a del supporto 2 Ã ̈ ricoperta con uno strato di passivazione 7 biocompatibile e trasparente alla radiazione visibile, ad esempio ossido di silicio.
Il modulo pozzetti 3 à ̈ realizzato in materiale polimerico preferibilmente trasparente ed à ̈ fissato sullo strato di passivazione 7 del supporto 2, ad esempio mediante incollaggio. Il modulo pozzetti 3 presenta una pluralità di cavità passanti che, con lo strato di passivazione 7 sottostante, definiscono altrettanti pozzetti 8 per ricevere un campione di materiale biologico da analizzare. In una forma di realizzazione, i pozzetti 8 sono in numero di sei e sono disposti a matrice.
In una forma di realizzazione, inoltre, la cartuccia 1 Ã ̈ stato funzionalizzata fissando sonde per DNA alle pareti dei pozzetti 8. Le sonde per DNA possono comprendere singoli filamenti di DNA contenenti sequenze obiettivo di nucleotidi da ricercare nel campione biologico analizzato.
I fotorivelatori 4, ad esempio fototransistori o fotodiodi, sono integrati nel supporto 2 a filo della faccia 2a e sono realizzati mediante tecniche convenzionali di fabbricazione dei semiconduttori. Più in dettaglio, i fotorivelatori 4 sono disposti in posizioni corrispondenti a rispettivi pozzetti 8, immediatamente sotto lo strato di passivazione 7. In questo modo, la radiazione luminosa che investe la cartuccia 1 dal lato della faccia 2a del supporto 2 raggiunge i fotorivelatori 4 attraverso il modulo pozzetti 3 e lo strato di passivazione 7.
Attraverso vie passanti e linee di connessione elettrica (per semplicità non illustrate), i fotorivelatori 4 sono collegati a piazzole di contatto 9a disposte a un’estremità longitudinale del supporto 2 a formare un connettore 9. Nella forma di realizzazione delle figure 1-3, un connettore 9’ replica il connettore 9 a un’estremità longitudinale opposta del supporto 2.
Il riscaldatore 5 e il sensore di temperatura 6 sono realizzati su una faccia 2b del supporto 2, opposta alla faccia 2a, in posizione corrispondente ai pozzetti 8. Il riscaldatore 5 e il sensore di temperatura 6 sono termicamente accoppiati al modulo pozzetti 3, in modo che l’energia termica rilasciata dal riscaldatore 5 provochi il riscaldamento del materiale biologico nei pozzetti 8 e le misure di temperatura fornite dal sensore di temperatura 7 siano indicative della temperatura nei pozzetti 8. Il riscaldatore 5 à ̈ definito da una pista conduttiva, ad esempio metallica o in polisilicio. Il sensore di temperatura 6 à ̈ di tipo termoresistivo. In pratica, la resistenza varia in funzione della temperatura e quindi una lettura della resistenza à ̈ indicativa della temperatura a un dato istante.
Per effettuare analisi di un campione con la cartuccia 1, nei pozzetti 5 viene introdotta una miscela di reagenti in soluzione che comprende fluorofori di due tipi. Un primo tipo di fluorofori ha una lunghezza d’onda di eccitazione λE1e una lunghezza d’onda di rilevamento (o di emissione) λD1e si combina con una prima sostanza da ricercare. Un secondo tipo di fluorofori ha una lunghezza d’onda di eccitazione λE2e una lunghezza d’onda di rilevamento (o di emissione) λD2e si combina con una seconda sostanza da ricercare.
Come mostrato in figura 4, un analizzatore per PCR in tempo reale, indicato nel suo complesso con il numero di riferimento 10, comprende un primo guscio 12, chiuso inferiormente da una piastra metallica 13, e un secondo guscio 14, incernierato al primo guscio 12. Il primo guscio 12, la piastra metallica 13 e il secondo guscio 14 definiscono un involucro dell’analizzatore 10.
Con riferimento anche alla figura 5, il primo guscio 12 ha uno alloggiamento (“slot†) 15 per ricevere la cartuccia 1. L’alloggiamento 15 à ̈ accessibile dall’esterno per l’inserimento della cartuccia 1 quando il secondo guscio 12 à ̈ aperto, in posizione sollevata. In posizione corrispondente alla posizione del modulo pozzetti 3 inserito nell’alloggiamento 15, il primo guscio 12 presenta una prima finestra 16 e una seconda finestra 17. La prima finestra 16 mette in comunicazione l’alloggiamento 15 con l’interno del primo guscio 12, mentre la seconda finestra 17 permette l’osservazione del modulo pozzetti 3 quando la cartuccia 1 à ̈ inserita nell’alloggiamento 15 e il secondo guscio 14 à ̈ sollevato.
All’interno del primo guscio 12 (figura 5) sono alloggiati una scheda di controllo 20, una ventola 21, un collettore 22 e una scheda sensore 23, su cui à ̈ montato un sensore di temperatura calibrato 24.
La scheda di controllo 20 e la ventola 21 sono fissate alla piastra metallica 13.
La scheda di controllo 20 ospita un’unità di controllo 25, che presiede al funzionamento dell’analizzatore 10, come spiegato più avanti, e almeno un modulo di memoria 26.
Nella forma di realizzazione qui descritta, la ventola 21 à ̈ allineata alle finestre 16, 17 ed à ̈ azionabile in modo da aspirare aria attraverso il collettore 22. Più precisamente, un flusso d’aria viene aspirato lungo un percorso che si sviluppa dall’alloggiamento 15 alla ventola 21 attraverso il collettore 22, in modo da causare uno scambio termico fra il flusso d’aria e la cartuccia 1 posto nell’alloggiamento 15.
Il secondo guscio 14 à ̈ incernierato al primo guscio 12 e definisce un coperchio, conformato in modo da accoppiarsi a tenuta di luce con il primo guscio 12 e oscurare la seconda finestra 17. In pratica, quando il secondo guscio 14 à ̈ chiuso sul primo guscio 12, l’interno del secondo guscio 14 à ̈ sostanzialmente inaccessibile alla luce e la cartuccia 1 inserita nell’alloggiamento 15 (in particolare il modulo pozzetti 3) à ̈ oscurata. Quando il secondo guscio 14 à ̈ sollevato, l’alloggiamento 15 à ̈ accessibile per inserire e rimuovere la cartuccia 1. Quando la cartuccia 1 si trova nell’alloggiamento 15, inoltre, il modulo pozzetti 3 à ̈ visibile e accessibile dall’esterno per consentire operazioni di caricamento di campioni biologici da analizzare.
Nel secondo guscio 14 sono alloggiati una prima sorgente luminosa 30, una seconda sorgente luminosa 31, un primo sensore di immagini 32 e un secondo sensore di immagini 33, tutti controllati dall’unità di controllo 25, come mostrato anche in figura 6.
Le prima sorgente luminosa 30 e la seconda sorgente luminosa 31, che comprendono rispettivi dispositivi emettitori 30a, 31a, ad esempio del tipo a LED, sono orientate in modo da illuminare la cartuccia 1 attraverso la seconda finestra 17 e sono provviste rispettivamente di un primo filtro di eccitazione 35 e di un secondo filtro di eccitazione 36 che intercettano la radiazione proveniente rispettivamente dal dispositivo emettitore 30a e dal dispositivo emettitore 31a. Come mostrato in figura 7, il primo filtro di eccitazione 35 e il secondo filtro di eccitazione 36 hanno rispettive bande passanti di eccitazione BE1, BE2centrate attorno a lunghezze d’onda di eccitazione λE1, λE2di fluorofori di due differenti tipi. La radiazione luminosa fornita dalla prima sorgente luminosa 30 e dalla seconda sorgente luminosa 31 à ̈ quindi sostanzialmente confinata rispettivamente nella banda passante di eccitazione BE1e nella banda passante di eccitazione BE2del primo filtro di eccitazione 35 e del secondo filtro di eccitazione 36. Le bande passanti di eccitazione BE1, BE2sono inoltre disgiunte e non sovrapposte.
Il primo sensore di immagini 32 e il secondo sensore di immagini 33 sono disposti in modo da ricevere la luce emessa dai fluorofori presenti nel campione contenuto nella cartuccia 1 e eccitati dalla luce proveniente dalla prima sorgente luminosa 30 e dalla seconda sorgente luminosa 31. Nella forma di realizzazione descritta, la prima sorgente luminosa 30 e il primo sensore di immagini 32 sono allineati lungo un primo asse X, parallelo al piano del supporto 2 quando quest’ultimo si trova nell’alloggiamento 15 e ruotato di 45° rispetto a un asse longitudinale del supporto 2 nell’alloggiamento 15. La seconda sorgente luminosa 31 e il secondo sensore di immagini 33 sono allineati lungo un secondo asse Y, perpendicolare al primo asse X (figura 6).
Il primo sensore di immagini 32 e il secondo sensore di immagini 33 sono provvisti rispettivamente di un primo filtro di rilevamento 37 e di un secondo filtro di rilevamento 38. Il primo filtro di rilevamento 37 e il secondo filtro di rilevamento 38 hanno rispettive bande passanti di rilevamento BD1, BD2centrate attorno a lunghezze d’onda di rilevamento (o di emissione) lD1, lD2di fluorofori di due differenti tipi (figura 7). Le bande passanti BD1, BD2del primo filtro di rilevamento 37 e del secondo filtro di rilevamento 38 sono inoltre disgiunte e non sovrapposte ed escludono rispettivamente le bande passanti BE1, BE2del primo filtro di eccitazione 35 e del secondo filtro di eccitazione 36.
Nella forma di realizzazione descritta, inoltre, il primo sensore di immagini 32 e il secondo sensore di immagini 33 sono sensori RGB e forniscono ciascuno tre rispettivi segnali per i canali rosso, verde e blu. Infatti, i sensori RGB comprendono una pluralità di fotorivelatori disposti a matrice e provvisti ciascuno di un rispettivo filtro di colore rosso, verde o blu, con gli elementi verdi in proporzione doppia rispetto agli elementi rossi e blu. Un sensore RGB fornisce quindi tre segnali di canale, uno per ciascuno dei colori fondamentali rosso, verde e blu, che poi vengono combinati con operatori di media locale per ricostruire i colori originali dell’immagine acquisita. Ciascun segnale immagine rappresenta quindi la stessa immagine filtrata con un filtro corrispondente a uno dei colori fondamentali.
In particolare, il primo sensore di immagini 32 fornisce primi segnali di canale e il secondo sensore di immagini 33 fornisce secondi segnali di canale. Più precisamente, il primo sensore di immagini 32 fornisce primi segnali di canale S11R, S11G, S11B, quando viene attivata la prima sorgente luminosa 30 e primi segnali di canale S12R, S12G, S12Bquando viene attivata la seconda sorgente luminosa 31; e il secondo sensore di immagini 33 fornisce secondi segnali di canale S21R, S21G, S21B, quando viene attivata la prima sorgente luminosa 30 e secondi segnali di canale S22R, S22G, S22Bquando viene attivata la seconda sorgente luminosa 31. Nel seguito, con l’espressione segnali immagine SIsi intenderà indicare tutti i segnali di canale S11R, S11G, S11B, S12R, S12G, S12B, S21R, S21G, S21B, S22R, S22G, S22Brelativi a una stessa immagine o porzione di immagine (eventualmente anche un singolo pixel).
I segnali forniti dal primo sensore di immagini 32 e dal secondo sensore di immagine 33 contengono quindi informazioni relative alla risposta di ciascun tipo di fluoroforo nelle bande dei colori fondamentali, quando viene attivata l’una o l’altra della prima sorgente luminosa 30 e della seconda sorgente luminosa 31.
L’unità di controllo 25 sfrutta i segnali immagine SIe informazioni preliminarmente immagazzinate nel modulo di memoria 26 per determinare la presenza e le concentrazioni (eventualmente nulle) nel campione di sostanze oggetto di indagine, a cui i fluorofori si sono legati.
Per ciascun fotorivelatore 4, il modulo di memoria 26 contiene:
una curva di risposta C1 (figura 8) calibrata e normalizzata in funzione della lunghezza d’onda della radiazione incidente (almeno un rispettivo valore di risposta per la lunghezza d’onda centrale di ciascuna delle sorgenti luminose 30, 31 presenti);
una curva di risposta C2 (figura 9) calibrata e normalizzata in funzione dell’angolo di incidenza;
un angolo di incidenza della radiazione incidente per ciascuna delle sorgenti luminose 30, 31 presenti; e
una posizione relativa rispetto a ciascuna delle sorgenti luminose 30, 31 presenti.
L’unità di controllo 25 presiede al funzionamento dell’analizzatore 10 e controlla l’esecuzione principalmente di una ciclatura termica, per ottenere l’amplificazione degli acidi nucleici presenti nel materiale biologico ad esempio mediante la tecnica della PCR (“Polymerase Chain Reaction†), e di una procedura di rivelazione ottica di specifiche sequenze di nucleotidi (“target DNA†).
La cartuccia 1 viene inserita nell’alloggiamento 15 e una soluzione contenente un campione di materiale biologico e gli ingredienti per il processo di amplificazione viene introdotta nei pozzetti 8. Tra gli altri ingredienti, la soluzione comprende nucleotidi (G, A, T, C), primers, un enzima DNA-polimerasi (ad esempio TAQ-polimerasi), fluorofori e sonde per DNA contenenti singoli filamenti obiettivo. L’unità di controllo 25 pilota il riscaldatore 5 e la ventola 21 rispettivamente per fornire e sottrarre energia termica in modo che la temperatura nei pozzetti 8 vari ciclicamente secondo un profilo prefissato, che permette le reazioni di amplificazione (sinteticamente denaturazione, annealing, estensione e ibridazione per la PCR). Se il campione da analizzare contiene sequenze complementari alle sonde per DNA, durante la fase di ibridazione fluorofori vengono incorporati nei filamenti ibridizzati, che vengono resi rilevabili otticamente. La rispondenza della temperatura al profilo desiderato viene verificata utilizzando il sensore di temperatura 6.
Per la rivelazione di filamenti ibridizzati, che contengono fluorofori, l’unità di controllo 25 utilizza la procedura di seguito descritta con riferimento alla figura 10.
Dopo una fase di inizializzazione (blocco 50), l’unità di controllo 25 attiva la prima sorgente luminosa 30 (blocco 55) ed effettua una calibrazione (blocco 57). In questa fase, l’unità di controllo 25 utilizza i fotorivelatori 4 per determinare la potenza ottica incidente ai diversi pozzetti 8 per effetto dell’emissione della prima sorgente luminosa 30. L’unità di controllo 25 preleva dal modulo di memoria 26 valori di risposta normalizzata dei fotorivelatori 4 per la lunghezza d’onda e l’angolo di incidenza relativi alla prima sorgente luminosa 30. Quindi, l’uscita dei fotorivelatori 4 viene letta ed elaborata per ricavare la potenza ottica incidente effettiva, ad esempio attraverso la relazione:
PII1= SDI1/(Rl(lE1)Rj(j1))
dove PII1à ̈ la potenza ottica incidente sul fotorivelatore 4 I-simo quando viene attivata la prima sorgente luminosa 30; Rl(lE1) e Rj(j1) sono le risposte del fotorivelatore 4 I-simo rispettivamente in funzione della lunghezza d’onda lE1e in funzione dell’angolo di incidenza j1Idella radiazione fornita dalla prima sorgente luminosa 30 attraverso il primo filtro di eccitazione 35; e SDI1à ̈ l’uscita del fotorivelatore 4 I-simo.
I valori di potenza ottica incidente rilevati vengono immagazzinati nel modulo di memoria 26.
Terminata la fase di calibrazione della prima sorgente luminosa 30, l’unità di controllo 25 acquisisce (blocco 60) sia i primi segnali di canale S11R, S11G, S11B, associati ai fluorofori del primo tipo con lunghezza d’onda di rilevamento lD1(che rispondono alla lunghezza d’onda di eccitazione lE1della prima sorgente luminosa 30), sia i secondi segnali di canale S21R, S21G, S21B, associati ai fluorofori del secondo tipo con lunghezza d’onda di rilevamento lD2(che rispondono principalmente alla lunghezza d’onda di eccitazione lE2della seconda sorgente luminosa 31 e, secondariamente, a code della banda passante di eccitazione BE1della prima sorgente luminosa 30).
Successivamente, l’unità di controllo 25 disattiva la prima sorgente luminosa 30 (blocco 65), attiva la seconda sorgente luminosa 31 (blocco 70) ed effettua una nuova calibrazione (blocco 73). L’unità di controllo 25 utilizza i fotorivelatori 4 per determinare la potenza ottica incidente ai diversi pozzetti 8 per effetto dell’emissione della seconda sorgente luminosa 31. L’unità di controllo 25 preleva dal modulo di memoria 26 valori di risposta normalizzata dei fotorivelatori 4 per la lunghezza d’onda e l’angolo di incidenza relativi alla seconda sorgente luminosa 31. Quindi, l’uscita dei fotorivelatori 4 viene letta ed elaborata per ricavare la potenza ottica incidente effettiva, ad esempio attraverso la relazione:
PII2= SDI2/(Rl(lE2)Rj(j2))
dove PII2à ̈ la potenza ottica incidente sul fotorivelatore 4 I-simo quando viene attivata la seconda sorgente luminosa 31; Rl(lE2) e Rj(j2) sono le risposte del fotorivelatore 4 I-simo rispettivamente in funzione della lunghezza d’onda lE2e in funzione dell’angolo di incidenza j2Idella radiazione fornita dalla seconda sorgente luminosa 31 attraverso il secondo filtro di eccitazione 36; e SDI1à ̈ l’uscita del fotorivelatore 4 I-simo.
I valori di potenza ottica incidente rilevati vengono immagazzinati nel modulo di memoria 26.
Poi, l’unità di controllo 25 acquisisce (blocco 75) sia i primi segnali di canale S12R, S12G, S12B, associati ai fluorofori del primo tipo con lunghezza d’onda di rilevamento lD1(che rispondono alla lunghezza d’onda di eccitazione lE1della prima sorgente luminosa 30 e, secondariamente, a code della banda passante di eccitazione BE2della seconda sorgente luminosa 31), sia i secondi segnali di canale S22R, S22G, S22B, associati ai fluorofori del secondo tipo con lunghezza d’onda di rilevamento lD2(che rispondono principalmente alla lunghezza d’onda di eccitazione lE2della seconda sorgente luminosa 31).
I segnali immagine SIcosì ottenuti sono rappresentativi di immagini definite da matrici di punti (pixel), che vengono corrette dall’unità di controllo 25 in modo da tener conto delle condizioni di illuminazione non uniformi e quindi della diversa risposta dei fluorofori (blocco 78). In particolare, la luminosità dei pixel viene compensata sulla base dei valori di potenza incidente rilevati ai pozzetti 8 mediante i fotorivelatori 4 durante le fasi di calibrazione di ciascuna sorgente luminosa 30, 31.
La luminosità per singolo pixel nella configurazione utilizzata à ̈ infatti proporzionale alla potenza di fluorescenza rilevata dai sensori di immagini attraverso i rispettivi di filtri di rilevamento. Infatti la potenza di fluorescenza à ̈ legata alla potenza di eccitazione (potenza ottica incidente) dalla seguente relazione:
PFLU= PI× CMOL× QY × e × d
dove PFLUà ̈ la potenza di fluorescenza, PIà ̈ la potenza ottica incidente sul materiale biologico, CMOLà ̈ la concentrazione molare, QY à ̈ la resa quantica (caratteristica del fluoroforo), e à ̈ il coefficiente di estinzione molare (caratteristico del fluoroforo) e d à ̈ lo spessore di materiale attraversato.
Poiché la potenza di fluorescenza PFLUdipende dalla potenza incidente PI, il segnale acquisito dai sensori di immagini nelle porzioni di immagine relative alle regioni di interesse deve essere compensato in funzione dei valori potenza incidente acquisiti dai fotorivelatori 4.
Ad esempio, alla luminosità dei pixel viene applicato un coefficiente di normalizzazione al valore massimo di potenza incidente rilevato dai fotorivelatori 4 nelle regioni di interesse. Il coefficiente di normalizzazione per i pixel di una porzione di immagine (in particolare corrispondente a uno dei pozzetti 8) può essere calcolato in base al rapporto fra il valore massimo di potenza incidente rilevato dai fotorivelatori 4 e il valore di potenza incidente determinato per il singolo pozzetto iesimo mediante il fotorivelatore 4 corrispondente.
Successivamente (blocco 80), l’unità di controllo 25 seleziona nelle immagini regioni di interesse, eliminando le porzioni di immagine prive di informazioni significative. Nella forma di realizzazione descritta, in particolare, le regioni di interesse selezionate corrispondono ai pozzetti 5 della cartuccia 1.
Quindi (blocco 83), i segnali immagine SIacquisiti vengono mediati su ciascuna regione di interesse, che à ̈ quindi rappresentata da un rispettivo vettore di misure
S =[S<* * * * * * * * * * * *>
11RS11GS11BS12RS12GS12BS21RS21GS21BS22RS22GS22 B]'
(dove il segno apice indica il trasposto; il vettore di misure S à ̈ pertanto un vettore colonna). Il simbolo “*†indica il rispettivo valore medio di ciascun segnale immagine SInella regione di interesse.
L’unità di controllo 25 elabora poi i segnali immagine SIrilevati per determinare le concentrazioni C1, C2dei fluorofori e quindi delle sostanze ricercate nel campione in esame (blocco 85).
A questo scopo, si osserva che vale la relazione:
S = MC (1)
dove C = [C1C2]’ à ̈ il vettore colonna delle concentrazioni cercate e M à ̈ una matrice di cross-talk definita come segue:
é f 111 R f 211 R ù
ê
ê f ú
111 G f 211 Gú
ê f 111 B f 211 Bú
ê
ê f ú
112 R f 212 Rú
ê f 112 G f 212 Gú
ê f ú
M =ê 112 B f 212 Bú
ê f
ê 121 R f 221 Rú
ú
ê f 121 G f 221 Gú
ê f
ê 121 B f 221 Bú
ú
ê f 122 R f 222 Rú
ê f 122 222 ú
ê G f Gú
ê ë f 122 B f 222 B ú û
Nella prima colonna della matrice di cross-talk M, i coefficienti f1JKR, f1JKG, f1JKB, rappresentano i contributi, dovuti al primo fluoroforo, ai canali rosso, verde e blu (segnali SJKR, SJKG, SJKB) rilevati dal sensore J (J = 1, 2, rispettivamente primo sensore di immagini 32, secondo sensore di immagini 33) quando à ̈ attiva la sorgente luminosa K (K = 1, 2, rispettivamente prima sorgente luminosa 30, seconda sorgente luminosa 31). Analogamente nella seconda colonna della matrice di cross-talk M, i coefficienti f2JKR, f2JKG, f2JKB, rappresentano i contributi, dovuti al secondo fluoroforo, ai canali rosso, verde e blu rilevati dal sensore J quando à ̈ attiva la sorgente luminosa K.
I coefficienti della matrice di cross-talk M possono essere determinati sperimentalmente, effettuando misure con concentrazioni standard di calibrazione, oppure in modo analitico mediante modello o simulazione, a partire dalle curve caratteristiche delle sorgenti luminose, dei filtri, dei sensori di immagini e dei fluorofori.
Per determinare il vettore concentrazioni C, l’unità di controllo 25 utilizza la matrice di cross-talk pseudoinversa MPI, ossia la matrice che soddisfa la relazione:
MPIM = I(2x2)(2) dove I(2x2)indica la matrice identità avente due righe e due colonne.
Il vettore concentrazioni C viene determinato dall’unità di controllo 25 come segue:
C = MPIS (3)
Le concentrazioni così determinate (blocco 90) vengono memorizzate nel modulo di memoria 26 e rese disponibili dall’unità di controllo 25 attraverso un’interfaccia (non mostrata), ad esempio un’interfaccia USB.
La calibrazione effettuata grazie ai fotorivelatori 4 permette di compensare efficacemente l’illuminazione non uniforme, evitando imprecisioni nella lettura dovute al fatto che la potenza ottica incidente che eccita i fluorofori à ̈ maggiore in alcune zone della cartuccia 1 e minore in altre. Il vantaggio à ̈ particolarmente importante per gli analizzatori portatili, che per poter essere facilmente trasportati e utilizzati anche fuori laboratorio devono privilegiare la riduzione delle dimensioni e dei pesi a scapito di altri aspetti costruttivi. In particolare, per i vincoli imposti dalla destinazione d’uso à ̈ difficile adottare accorgimenti che permettano di ottenere una buona uniformità di illuminazione.
In una diversa forma di realizzazione, illustrata nelle figure 11-13, una cartuccia 100 per analisi biochimiche comprende un supporto 102, un modulo pozzetti 103, fotorivelatori 104 e un riscaldatore 105, che formano un microreattore.
Anche in questo caso, il supporto 102 Ã ̈ una piastrina di materiale semiconduttore, ad esempio silicio monocristallino, e presenta forma rettangolare. Inoltre, una faccia 102a del supporto 102 Ã ̈ ricoperta con uno strato di passivazione 107 biocompatibile e trasparente alla radiazione visibile, ad esempio ossido di silicio.
Il modulo pozzetti 103 à ̈ realizzato in materiale polimerico preferibilmente trasparente ed à ̈ fissato sullo strato di passivazione 107 del supporto 102. Il modulo pozzetti 103 presenta una pluralità di cavità passanti che, con lo strato di passivazione 107 sottostante, definiscono altrettanti pozzetti 108 per ricevere un campione di materiale biologico da analizzare.
I fotorivelatori 104, ad esempio fototransistori o fotodiodi, sono integrati nel supporto 102 a filo della faccia 102a e sono realizzati mediante tecniche convenzionali di fabbricazione dei semiconduttori. Più in dettaglio, i fotorivelatori 104 sono disposti in posizioni corrispondenti a rispettivi pozzetti 108, immediatamente sotto lo strato di passivazione 107. In questo modo, la radiazione luminosa che investe la cartuccia 101 dal lato della faccia 102a del supporto 102 raggiunge i fotorivelatori 104 attraverso il modulo pozzetti 103 e lo strato di passivazione 107.
Attraverso vie passanti e linee di connessione elettrica (per semplicità non illustrate), i fotorivelatori 104 sono collegati a piazzole di contatto 109a disposte a un’estremità longitudinale del supporto 102 a formare un connettore 109. Nella forma di realizzazione delle figure 11-13, un connettore 109’ replica il connettore 109 a un’estremità longitudinale opposta del supporto 102.
Il riscaldatore 105 à ̈ realizzato su una faccia 102b del supporto 102, opposta alla faccia 102a, e si estende in modo uniforme sostanzialmente su tutta l’area corrispondente al modulo pozzetti 103. Il riscaldatore 105 à ̈ termicamente accoppiato al modulo pozzetti 103, in modo che l’energia termica rilasciata durante il funzionamento provochi il riscaldamento del materiale biologico nei pozzetti 108.
La cartuccia 100 viene inserito nell’analizzatore 10. In questo caso, l’unità di controllo 25 à ̈ configurata per utilizzare i fotorivelatori 104 come sensori di temperatura durante la fase di amplificazione, che prevede la ciclatura termica. Una volta fissate le condizioni di polarizzazione, infatti, la caratteristica tensione-corrente dei fotorivelatori 104 dipende sostanzialmente solo dalla temperatura in assenza di illuminazione. I fotorivelatori possono quindi essere calibrati anche per la misura di temperatura. Poiché durante la ciclatura termica le sorgenti luminose 30, 31 sono spente, la lettura della resistenza dei fotorivelatori 104 à ̈ indicativa della temperatura ai pozzetti 108.
Con riferimento alla figura 14, l’unità di controllo 25 inizialmente polarizza i fotorivelatori 104 per la misura di temperatura (blocco 150), quindi esegue il processo di amplificazione (blocco 155), con i cicli termici richiesti. In questa fase, l’unità di controllo 25 utilizza i fotorivelatori 104 come sensori di temperatura. Successivamente (blocco 160), l’unità di controllo 25 polarizza i fotorivelatori 104 per la lettura ottica ed esegue la procedura per la rivelazione di filamenti ibridizzati già descritta con riferimento alla figura 10 (blocco 165), durante la quale i fotorivelatori 104 sono utilizzati per la calibrazione delle sorgenti luminose 30, 31.
L’uso dei fotorivelatori 104 come sensori di temperatura permette di risparmiare componenti (il sensore di temperatura autonomo) e di avere a disposizione più rilevazioni di temperatura, effettuate nelle immediate vicinanze dei pozzetti 108. Le misure sono quindi precise e affidabili. Inoltre, l’assenza del sensore di temperatura sul retro del supporto 102 permette di occupare l’intera area corrispondente al modulo pozzetti 103, in modo da avere una distribuzione di temperatura più uniforme quando viene azionato il riscaldatore 105.
Secondo la forma di realizzazione illustrata nelle figura 15 e 16, una cartuccia di calibrazione 201 comprende un supporto 202, in particolare una scheda PCB, su cui sono montati fotorivelatori 204 discreti. I fotorivelatori 204 sono collegati a terminali di un connettore 209 mediante piste stampate 201 e sono annegati in uno strato isolante 207 trasparente nello spettro del visibile, che ricopre una parte del supporto 202.
Un modulo pozzetti 203, comprendente una pluralità di pozzetti 208, à ̈ incollato sullo strato isolante 207.
La cartuccia di calibrazione 200 ha dimensioni che la rendono idonea a essere inserita nell’alloggiamento 15 dell’analizzatore 10. Inoltre, i fotorivelatori 204 e i pozzetti 208 sono disposti in modo da trovarsi, quando la cartuccia di calibrazione 200 à ̈ nell’alloggiamento 15, in posizioni corrispondenti a posizioni di pozzetti di un microreattore caricato nell’analizzatore 10, ossia in prossimità delle 16, 17.
In questo caso la calibrazione delle sorgenti luminose 30, 31 viene eseguita utilizzando la cartuccia di calibrazione 200. Terminata la calibrazione, la cartuccia di calibrazione 200 viene rimpiazzata con una cartuccia comprendente un microreattore e vengono eseguite le fasi di amplificazione e rivelazione dei filamenti ibridizzati, utilizzando i dati di calibrazione precedentemente determinati.
Lo strato isolante 207 e il modulo pozzetti 203 permettono di riprodurre fedelmente le condizioni di illuminazione che si presentano quando un microreattore à ̈ caricato nell’analizzatore 10.
Al dispositivo e al procedimento descritti possono essere apportate modifiche e varianti, senza uscire dall’ambito della presente invenzione, come definita nelle rivendicazioni allegate.

Claims (16)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Cartuccia per analisi biochimiche comprendente: un supporto (2; 102; 202); e una struttura (3; 103; 203), disposta sul supporto (2; 102; 202) e contenente pozzetti (8; 108; 208) per ricevere una soluzione; caratterizzata dal fatto di comprendere fotorivelatori (4; 104; 204) sul supporto (2; 102; 202) in posizioni corrispondenti a rispettivi pozzetti (8; 108; 208).
  2. 2. Cartuccia secondo la rivendicazione 1, comprendente un riscaldatore (5; 105), termicamente accoppiato alla struttura (3; 103).
  3. 3. Cartuccia secondo la rivendicazione 2, in cui il supporto (2; 102) Ã ̈ di un materiale semiconduttore e i fotorivelatori (4; 104) sono integrati nel supporto (2; 102).
  4. 4. Cartuccia secondo la rivendicazione 2 o 3, in cui i fotorivelatori (4; 104) sono disposti su una prima faccia (2a; 102a) del supporto (2; 102) e il riscaldatore (5; 105) Ã ̈ disposto su una seconda faccia (2b ̧102b) del supporto (2; 102), opposta alla prima faccia (2a; 102a).
  5. 5. Cartuccia secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, comprendente un sensore di temperatura (6; 108) termicamente accoppiato alla struttura (3; 103).
  6. 6. Cartuccia secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, comprendente uno strato di materiale trasparente (7; 107; 207) fra i fotorivelatori (4; 104; 204) e la struttura (3; 103; 203).
  7. 7. Sistema per analisi biochimiche comprendente un analizzatore (10), configurato per ricevere microreattori aventi una pluralità di pozzetti (8; 108; 208) per una soluzione da analizzare, in cui l’analizzatore (10) comprende una sorgente luminosa (30, 31), per illuminare i pozzetti (8; 108; 208) con una radiazione luminosa avente una lunghezza d’onda selezionata (l1, l2), e un sensore di immagini (32, 33), per acquisire immagini dei pozzetti (8; 108; 208) illuminati; caratterizzato dal fatto di comprendere una cartuccia (1; 100; 200) avente un supporto (2; 102; 202), e fotorivelatori (4; 104; 204) sul supporto (2; 102; 202) in posizioni corrispondenti a rispettivi pozzetti (8; 108) caricati nell’analizzatore (10); e dal fatto che l’analizzatore comprende un’unità di controllo (25) configurata per rilevare una potenza ottica incidente (PII1, PII2) ai pozzetti (8; 108) mediante i fotorivelatori (4; 104; 204) e per compensare immagini del microreattore in funzione della potenza luminosa incidente (PII1, PII2) rilevata.
  8. 8. Sistema secondo la rivendicazione 7, in cui l’unità di controllo (25) à ̈ configurata per determinare una temperatura ai pozzetti (108) attraverso i fotorivelatori (104).
  9. 9. Sistema secondo la rivendicazione 7 o 8, in cui la cartuccia (1; 100; 200) comprende una struttura (3; 103), in cui sono ricavati i pozzetti (8; 108), e un riscaldatore (5; 105), termicamente accoppiato alla struttura (3; 103).
  10. 10. Sistema secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 7 a 9, in cui la cartuccia (1; 100; 200) comprende un sensore di temperatura (6; 106), termicamente accoppiato alla struttura (3; 103).
  11. 11. Sistema secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 7 a 10, in cui l’analizzatore (10) comprende un modulo di memoria (26) contenente, per ciascun fotorivelatore (4): una prima curva di risposta, calibrata e normalizzata in funzione della lunghezza d’onda della radiazione incidente (C1); una seconda curva di risposta, calibrata e normalizzata in funzione dell’angolo di incidenza della radiazione incidente (C2); e un angolo di incidenza della radiazione luminosa proveniente dalla sorgente luminosa (30, 31).
  12. 12. Sistema secondo la rivendicazione 11, in cui l’unità di controllo (25) à ̈ configurata per determinare la potenza ottica incidente (PII1, PII2) in base a uscite (SDI) dei fotorivelatori (4) e alle rispettive prime curve di risposta e seconde curve di risposta.
  13. 13. Metodo per eseguire un processo biochimico, comprendente: attivare una sorgente luminosa (30, 31) configurata per illuminare una soluzione contenuta in una pluralità di pozzetti (8; 108; 208) con una radiazione luminosa avente una lunghezza d’onda selezionata (l1, l2); acquisire immagini dei pozzetti (8; 108; 208) illuminati; caratterizzato dal fatto di comprendere: determinare una potenza luminosa incidente (PII1, PII2) ai pozzetti (8; 108; 208); e compensare porzioni di immagini corrispondenti ai pozzetti (8; 108; 208) in funzione della potenza luminosa incidente (PII1, PII2) rilevata.
  14. 14. Metodo secondo la rivendicazione 13, in cui determinare la potenza luminosa incidente (PII1, PII2) ai pozzetti (8; 108; 208) comprende disporre fotorivelatori (4; 104; 204) in posizioni corrispondenti ai pozzetti (8; 108; 208).
  15. 15. Metodo secondo la rivendicazione 14, in cui l’analizzatore à ̈ provvisto di un alloggiamento (15) per ricevere cartucce per analisi biochimiche e i fotorivelatori (4; 104; 204) sono disposti su cartucce (1; 100; 200) inseribili nell’alloggiamento (15).
  16. 16. Metodo secondo la rivendicazione 14 o 15, comprendente: disattivare la sorgente luminosa (30, 31); e utilizzare i fotorivelatori (104) per rilevare temperature ai pozzetti (108).
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