ITRM20010123A1 - Fissatore interno a fascia per fratture e protesi ossee. - Google Patents

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ITRM20010123A1
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Description

DESCRIZIONE
a corredo di una domanda di brevetto per invenzione avente per titolo:
"Fissatore interno a fascia per fratture e protesi ossee"
La presente invenzione riguarda un fissatore interno a fascia per fratture e protesi ossee. Più specificamente, l'invenzione concerne un dispositivo per la riduzione e la stabilizzazione dei monconi ossei, derivanti ad esempio da una frattura, particolarmente indicato per uso veterinario, comprendente come elemento principale una fascia rigida policompressiva da applicare attorno all’osso in corrispondenza del punto di frattura o di discontinuità.
Come è noto, sia in medicina umana che in campo veterinario i metodi attualmente più diffusi per la riduzione, la contenzione e la stabilizzazione di fratture ossee, in alternativa o in aggiunta ad un intervento chiuso di immobilizzazione della parte fratturata mediante ingessatura o fasciatura rìgida con stecche, sono sostanzialmente di tre tipi: l’applicazione di placche o piastre metalliche tenute affiancate e a stretto contatto con l’osso fratturato attraverso viti passanti ancorate nell’osso stesso, l’inserimento di perni o infibuli intramidollari metallici che attraversano longitudinalmente i due monconi di osso passando attraverso il canale midollare, e i fissatori esterni, costituiti da una combinazione di spine o perni transossei trasversali di cui una o entrambe le estremità fuoriescono dalla parte lesa e sono fissate ad un telaio di sostegno esterno, costituito da una o più barre longitudinali portanti, eventualmente collegate tra loro da altri elementi esterni trasversali.
È anche noto che, benché meno traumatica come intervento iniziale, l’ingessatura o l’immobilizzazione mediante fasciatura con stecche viene spesso evitata, sia per gli inconvenienti che risultano dalla lunga immobilizzazione della parte lesa, quali l'atrofìa muscolare, che rende successivamente necessario un lungo periodo di riabilitazione, che per i problemi igienici e dermatologici legati all’impossibilità di esporre la cute della parte ingessata all’aiia per tutto il periodo richiesto per la saldatura dell’osso. Inoltre, evidentemente, tale sistema non può essere adottato se la frattura è accompagnata da ferite o lacerazioni dei tessuti molli circostanti. È intuibile che tali inconvenienti e controindicazioni sono ancora più critici nel caso degli animali, se non altro per l’incapacità di questi di cooperare coscientemente nella terapia.
I dispositivi interni costituiti da placche e viti richiedono, ovviamente, un intervento chirurgico in cui tutti i tessuti devono essere incisi fino a scoprire l’osso, e le viti che fissano la piastra metallica a stretto contatto con l’osso lo devono perforare, introducendo in ogni punto di perforazione un indebolimento della struttura ossea. Con una corretta applicazione di tali dispositivi si consegue l’obiettivo di tenere i monconi dell’osso fratturato saldamente bloccati l’uno rispetto all’altro, cosa che aumenta la stabilità della frattura ed accelera il processo di saldatura dei tessuti ossei, mettendo inoltre il paziente in condizione di riacquistare quasi subito la sua mobilità. Tuttavia, questi sistemi di fissaggio sorio certamente i più traumatici, sotto il profilo dell’applicazione, tra i tre tipi di soluzioni precedentemente elencati, anche perché placca e viti, normalmente realizzati in acciaio inossidabile per applicazioni chirurgiche, devono essere rimossi una volta che la saldatura della frattura ossea è avvenuta, con un ulteriore intervento chirurgico.
Gli infìbuli intramidollari hanno indubbiamente il vantaggio di evitare lesioni ai tessuti periostali ed ai tessuti molli che circondano l’osso, ma possono essere usati soltanto in certi tipi di fratture (non complicate e prive di frammenti comminuti). Comunque, per migliorare la stabilità risultante, essi vengono accoppiati spesso con viti trasversali ancorate nella zona corticale dell'osso. Inoltre, nel caso dell'applicazione in veterinaria, il maggiore inconveniente risiede nel fatto che l'animale, sentendo di poter appoggiare l’arto fratturato (ed avendo una soglia del dolore molto più alta di quella dell’uomo), saltando causa compressioni ripetute dei due monconi, e spinge man mano il chiodo fuori dalla sua sede.
Per quanto riguarda i fissatori esterni, benché meno traumatico, l'intervento richiede comunque che vengano fatte passare delle spine o viti attraverso l’osso, perforando quindi tutti i tessuti circostanti. Tali dispositivi, molto usati in ortopedia umana, raggiungono in molti casi dei livelli di complessità e sofisticazione, soprattutto in relazione alle barre e altre strutture esterne di sostegno e regolazione, che sono di fritto improponibili in veterinaria, sia per motivi economici, sia soprattutto per problemi di igiene e manutenzione del dispositivo. Inoltre è inevitabile che l’animale, provando fastidio per l’elemento esterno rigido collegato al suo arto, tenti insistentemente di toglierselo.
Un altro inconveniente più o meno avvertito in tutti i casi precedentemente citati consiste nel fatto che per fratture di notevole entità la durata dell’intervento, che richiede sempre la trapanatura dell’osso per perforarlo in uno o più punti, può essere anche notevole, con un’esposizione protratta all’anestesia del soggetto trattato.
Un altro dispositivo di fissaggio interno largamente impiegato in passato ma ora caduto in disuso, soprattutto in ortopedia umana, è il cosiddetto cerchiaggio, consistente in pratica in una legatura con filo metallico per uso chirurgico stretto attorno all’osso, a diretto contatto con la superficie dello stesso. Da sola, la legatura può essere applicata, ad esempio, a fratture a becco di clarino, mentre per fratture trasversali rette il cerchiaggio dovrebbe essere combinato con piastre metalliche longitudinali, che passino attraverso la zona di frattura. Un esempio di dispositivo proposto per realizzare un cerchiaggio con filo metallico è descrìtto nella domanda di brevetto europea EP 0019062, in cui l'oggetto dell'invenzione riguarda il dispositivo meccanico per bloccare e serrare saldamente le estremità del filo attorno all’osso.
L'inconveniente fondamentale per cui il cerchiaggio non viene più praticato, almeno in medicina umana, consiste nel fatto che il filo metallico, essendo saldamente serrato attorno all’osso (altrimenti non assolverebbe alla sua funzione di stabilizzare la frattura e di comprimere i monconi tra loro) limita gravemente la circolazione periostale, causando così Cautelisi dei tessuti ossei nella zona a contatto con il filo e il conseguente allentamento del cerchiaggio, oltre che un pericoloso indebolimento dell’osso nella zona interessata. Un altro tipo di Cerchiaggio, che comunque non risolve l’inconveniente sopra citato, è quello costituito da una fascetta flessibile che viene stretta attorno all’osso e bloccata attraverso un opportuno morsetto o analogo dispositivo di serraggio. Un esempio di una tale soluzione è descritto nella domanda di brevetto europea EP 0876798. Una simile fascetta, essendo del tutto liscia sulla superficie interna a contatto con l’osso, non solo comporta ugualmente l’inconveniente di limitare l’afflusso di sangue nella zona periostale, ma allentandosi si sposta in senso longitudinale lungo l’osso su cui è applicata.
Nell’ambito dei dispositivi a fascia destinati ad abbracciare l’osso a cui vengono applicati per ridurre e stabilizzare una frattura, il brevetto francese FR 2211851 descrive una graffa per osteosintesi particolarmente adatta per l’applicazione a costole fratturate, costituita da una lamina allungata in lega metallica lungo i cui lati lunghi sono previste alcune linguette periferiche flessibili. Queste vengono agganciate attorno alla costola fratturata, piegandole mediante un'apposita pinza, in modo da abbracciarla strettamente. È evidente che la soluzione descritta non risolve il problema del contatto serrato con l’osso, compromettendo ugualmente la circolazione periostale.
Un dispositivo molto simile al precedente, ma apparentemente studiato per il fissaggio di fratture in ossa lunghe portanti, è descritto nella pubblicazione brevettale europea EP 0024635. In questo caso la lamina, realizzata in acciaio o simili materiali metallici, è dotata di una serie di linguette mordenti sui due lati lunghi, che si ripiegano abbracciando l’osso, e non lo stringono semplicemente ma vi penetrano con i loro bordi estremi taglienti e ripiegati ad angolo retto, cosi da ancorarvisi saldamente. A quanto pare, in questo caso la lamina non serra l’osso su tutta la zona da essa abbracciata, per cui il problema della circolazione periostale sembra in parte superato. Tuttavia, il dispositivo abbraccia poco più della metà della superficie esterna dell’osso, e gli elementi mordenti sono limitati alle sole estremità delle linguette, offrendo così scarse garanzie di stabilità per la frattura ridotta. Inoltre, per la sua conformazione, il dispositivo richiede l’uso di uno speciale strumento per forzare le linguette mordenti nell’osso, e di un altro strumento per divaricare la lamina allo scopo di estrarla a guarigione avvenuta.
Sempre nell’ambito dei dispositivi di fissaggio interni a fascia, il brevetto USA No. 3469573 descrive una fascetta metallica di cerchiaggio a striscia piatta, sostanzialmente del tipo riferito in precedenza, in cui però il problema della circolazione periostale viene preso in considerazione prevedendo, all’interno della fascetta stessa, una serie di nervature trasversali alla fascetta (e longitudinali rispetto all’osso su cui questa viene fissata). Le nervature sono realizzate o mediante piegature parallele della striscia metallica, oppure con barrette in altro materiale (ad esempio di plastica) innestate sulla fascetta, dalla parte interna, mediante opportuni bottoni a pressione. In questo caso, pur ottenendosi un cerchiaggio che non aderisce strettamente all’osso lungo tutto il suo perimetro, la circolazione periostale continua ad essere limitata in una certa misura, perché le sporgenze interne parallele all'osso sono lineari e continue. Inoltre, sempre a causa della forma rettilinea delle sporgenze interne, non si esclude la possibilità che il fiSSaggio venga dislocato, scorrendo lungo l’osso. È anche da tenere in considerazione, in ogni caso, che la realizzazione pratica del dispositivo non presenta la semplicità necessaria per giustificarne economicamente l’uso in campo veterinario.
Ancora più complesso appare il dispositivo descritto nella domanda di brevetto EP 0295041, anch’esso indirizzato al problema di immobilizzare stabilmente i monconi senza ostacolare eccessivamente la circolazione periostale. Questo consiste in un fissatore interno per fratture di ossa lunghe composto da un telaio in due o più pezzi longitudinali, connessi tra loro in modo da abbracciare completamente l’osso fratturato in modo simile ad una gabbia. Le barre longitudinali e gii elementi di raccordo trasversali del telaio presentano, sui margini interni, file di dentini atti a mordere la superficie dell’osso così da fornire una compressione dinamica ai monconi della frattura senza aderire strettamente tutto intorno alla superficie dell’osso. Tuttavia, anche in questo caso le protuberanze interne del fissatore sono distribuite lungo file continue, per lo più allineate in senso longitudinale, che tendono ad interferire in una certa misura con la circolazione periostale. Inoltre, come già notato, la complessa realizzazione del dispositivo citato, che richiede, tra l’altro, la produzione ad hoc di un esemplare per ogni diametro di osso da trattare, non sarebbe economicamente giustificata per un uso in campo veterinario.
Sulla base di tale tecnica anteriore, la presente invenzione si propone pertanto lo scopo di fornire un dispositivo per il fissaggio interno di fratture ossee basato sul principio del cerchiaggio, che sia esente dal problema di interferire con la circolazione perìostale, fornisca un’immediata ed affidabile stabilizzazione dell’osso fratturato riducendo così il rischio di incidenti postoperatori, normalmente elevato nel caso di animali, e sia al tempo stesso di semplice ed economica realizzazione e di agevole applicazione, con un intervento chirurgico poco impegnativo e poco traumatico.
A tale scopo la presente invenzione propone un dispositivo di fissaggio policompressivo avente la forma di una fascia rigida incompleta o aperta longitudinalmente, destinata ad abbracciare i monconi ossei da immobilizzare adattandosi ad essi per effetto di un'opportuna deformazione della fascia stessa, e provvista di una pluralità di sporgenze interne discontinue e non allineate, in forma di punzonature, punte o dentini, destinate a mordere la superficie dell’osso da fissare penetrando in esso di un piccolo tratto, e facendo in modo che la superficie interna della fascia stessa non aderisca all’osso. La fascia viene mantenuta stabilmente serrata attorno ai monconi da opportune legature di cerchiaggio, esterne ad essa e non appoggiate sull'osso. Tale configurazione garantisce la circolazione perìostale, favorendo in tal modo una veloce guarigione, fornisce una guida per la crescita del callo osseo e realizza al tempo stesso una stabile immobilizzazione dei monconi, consentendo una immediata mobilità dopo l’intervento.
Forma pertanto oggetto specifico della presente invenzione un fissatore interno per fratture e protesi ossee comprendente, come elemento principale, una fascia tubolare in materiale metallico aperta lohgitudinalmente, atta ad essere applicata attorno ai monconi di osso da fissare, e provvista di una pluralità di protuberanze sostanzialmente puntiformi distribuite sulla sua superficie interna ed atte ad entrare in stretto contatto con detti monconi di osso, detta fascia tubolare essendo sufficientemente deformabile da poter essere serrata attorno a detti monconi, con variazione dell’ampiezza della sua apertura longitudinale. Il fissatore proposto comprende, inoltre, due o più elementi flessibili di cerchiaggio, atti ad essere serrati trasversalmente attorno a detta fascia tubolare, che sono costituiti, di preferenza, da fili metallici per uso chirurgico. Questi ultimi sono convenientemente alloggiati in apposite scanalature trasversali provviste, in numero di due o più a seconda della lunghezza della fascia e delle caratteristiche della frattura e dei relativi monconi, sulla superficie esterna della fascia. I margini prossimale e distale della fascia stessa sono arrotondati così da non formare spigoli taglienti che potrebbero danneggiare i tessuti molli circostanti l'osso o causare traumi da sfregamento.
Secondo alcune forme di realizzazione specifiche dell’invenzione, le protuberanze sostanzialmente puntiformi previste sulla superficie interna della fascia tubolare possono essere costituite da punzonature praticate dall’esterno sulla fascia stessa, ad esempio, di forma conica, oppure perforate a quattro punte, preferibili perché conferiscono maggiore stabilità al fissaggio, penetrando più saldamente nell’osso. In alternativa, le protuberanze possono essere realizzate sulla superficie metallica della fascia mediante perforazioni al trapano, laddove le bavature della perforazione, dirette verso l’interno della fascia, costituiscono una sorta di orlo irregolare attorno alla perforazione, atto anch’esso a penetrare e ad ancorarsi nello strato superficiale dell’osso. Nel caso in cui si desideri che le protuberanze puntiformi emergano dalla superficie interna della fàscia metallica di un tratto più lungo, queste possono essere realizzate, secondo un’altra serie di forme di realizzazione dell'invenzione, mediante viti, chiodi o analoghi elementi a punta inseriti dall'esterno nella fàscia tubolare. Anche in questo caso, le estremità mordenti di tali elementi possono essere coniche o, preferibilmente, configurate a quatto punte per fornire una presa più salda sull'osso. Le forme di realizzazione che si avvalgono di viti, chiodi o simili sono particolarmente convenienti per ridurre e stabilizzare fratture in animali giovani, i quali, essendo in accrescimento, hanno ossa con diametro sensibilmente crescente nel corso del trattamento. Con la versione di fàscia policompressiva con viti, chiodi o simili di lunghezza appropriata, infatti, la fàscia può rimanere sufficientemente distaccata dall’osso da consentire a questo di accrescersi in diametro nel tempo senza interferire con il dispositivo di fissaggio.
È anche da tener presente che il dispositivo può essere vantaggiosamente realizzato utilizzando come materiale metallico non l’acciaio, ma il titanio, in forma non legata o in lega con percentuali ridotte di altri metalli. Questo materiale è infatti particolarmente indicato per la realizzazione di impianti chirurgici e protesi per la sua elevata leggerezza, a parità di resistenza, rispetto all’acciaio, e, soprattutto, per la sua elevatissima biocompatibilità, che ne rende possibile un impianto permanente osteointegrato, senza la necessità di dover rimuovere il dispositivo a guarigione avvenuta. Anche i fili metallici del cerchiaggio possono essere non solo in acciaio, ma anche, e preferìbilmente, in titanio non legato o in una lega dì titanio.
Per la sua natura, la fascia metallica secondo l'invenzione può essere deformata in modo da assumere sostanzialmente la forma del tratto d’osso a cui viene applicata. Ad esempio, una volta serrata essa può avere forma sostanzialmente cilindrica, così da adattarsi alle dialisi delle ossa lunghe, oppure forma sostanzialmente troncoconica, adattandosi alle epifisi delle ossa lunghe, oppure ancora essa può assumere una forma sostanzialmente curva, adattandosi alle dialisi di ossa lunghe con decorso non perfettamente rettilineo, non infrequenti nell’animale.
Ulteriori caratteristiche costruttive e funzionali del fissatore interno secondo l'invenzione, così come gli aspetti vantaggiosi della sua applicazione, risulteranno più evidenti con riferimento ad alcune sue forme specifiche di realizzazione, illustrate a titolo esemplificativo nei disegni allegati, in cui:
la figura 1 è una vista prospettica di una prima forma di realizzazione dell’elemento principale a fascia del fissatore interno proposto;
la figura 2 è una vista in elevazione frontale dello stesso elemento di figura 1 ;
la figura 3 è una vista in elevazione laterale dello stesso elemento di figura 1 ;
la figura 4 è una vista in sezione longitudinale dello stesso, presa secondo il piano A-A della figura 3;
la figura 5 è una vista in elevazione frontale di una seconda forma di realizzazione dell'elemento principale a fascia del fissatore interno proposto;
la figura 6 è una vista in sezione trasversale dello stesso elemento di figura 5; e
la figura 7 è una vista in sezione longitudinale dello stesso, presa secondo il piano B-B della figura 6.
Come è mostrato nelle figure 1-4, una versione particolarmente efficace del fissatore interno secondo l’invenzione comprende, come elemento principale, una fascia tubolare (1) cilindrica, aperta lungo una generatrice, realizzata a partire da un tubolare di titanio di spessore sufficiente a conferire al fissatore la necessaria rigidezza, ma non così elevato da appesantire inutilmente il dispositivo e da renderne difficoltosa la deformazione per adattare la fascia alla superficie esterna dei due monconi su cui deve essere inserita. Nel caso di applicazione a fratture sulla dialisi di ossa lunghe sostanzialmente rettilinee la fascia tubolare (1) manterrà nell’uso sostanzialmente la forma mostrata nelle figure, tranne per il fatto che essa potrà essere serrata attorno ai monconi, variando l’ampiezza della sua apertura longitudinale, in modo da stringerli saldamente, facendo presa su di essi attraverso le punzonature (2). Data la possibilità di modificare il diametro della fascia tubolare (1), lo stesso dispositivo si adatta a varie dimensioni dell’osso da immobilizzare, consentendo così di limitare l’assortimento dei vari pezzi da tenere a disposizione per poter effettuare in ogni caso un tempestivo intervento, senza dover produrre il pezzo su misura in funzione della frattura da trattare.
Dopo essere stata applicata sui due monconi della frattura, nel corso dell'intervento durante il quale si sono praticate le necessarie incisioni nella cute e nei tessuti molli della parte interessata, la fascia tubolare (1) viene serrata strìngendo attorno ad essa due o più fili metallici di cerchiaggio (non mostrati), per l'alloggiamento dei quali sono predisposte sulla superficie esterna della fascia tubolare (1) le scanalature (3) trasversali. È importante notare che, diversamente da quanto avveniva con i cerchiaggi convenzionali, i fili metallici vengono in questo caso serrati non attorno all’osso, ma attorno alla fascia tubolare (1), la quale appoggia sull’osso soltanto tramite le punzonature (2). I fili metallici possono essere serrati facendo a meno di compiessi ed ingombranti morsetti di serraggio come quelli proposti nella tecnica anteriore, i quali, oltre ad occupare spazio, introducono il rìschio di lesioni nei tessuti molli circostanti. Molto più semplicemente, si arrotolano le estremità del filo metallico su se stesse in corrispondenza dell’apertura longitudinale della fascia tubolare (1) e si ripiegano tali estremità, quando possibile, verso l’interno della fascia, a scomparsa nell’apertura della a parte mancante della fascia tubolare (1).
Nella realizzazione di un dispositivo secondo l’invenzione a partire da un tubolare in titanio o in una lega di titanio (ad esempio la lega TÌ-6AI-4V per protesi ed applicazioni chirurgiche, avente il 6% circa di alluminio ed il 4% circa di vanadio) il tubolare viene tagliato a misura in lunghezza, viene aperto lungo una generatrice e vengono poi realizzate le scanalature (3) al tornio e le punzonature (2), mediante punzone opportunamente configurato. Come già notato, adatte protuberanze possono anche essere realizzate sulla superficie interna della fascia tubolare (1) per mezzo di perforazioni al trapano, operando in modo che la perforazione rimanga contornata da bavature metalliche.
Anche se ciò non è evidenziato nelle figure, tutti i bordi della fascia tubolare (1) non sono lasciati a spigolo vivo, ma vengono preferibilmente smussati, in modo da non provocare lesioni nei tessuti molli che andranno a circondare la fascia tubolare (1) impiantata.
Il dispositivo secondo l'invenzione, adattato alla porzione di osso interessato e quindi nelle sue varianti, già discusse, di forma sostanzialmente cilindrica, troncoconica o curva, può essere utilizzato non solo per la riduzione ed il fissaggio stabile di fratture semplici, ma anche per analoghi interventi su fratture multiple, e/o con distruzione di materiale osseo causate, ad esempio, da schiacciamento, colpi d'arma da fuoco, traumi forti e violenti. In questi casi potrebbe venire a mancare parte dell’osso, e la fascia secondo l'invenzione andrebbe a stabilizzare i due monconi mantenendo le distanze fisiologiche e guidando in maniera ottimale la crescita del callo osseo. Inoltre, lo stesso dispositivo si presta all’uso in caso di malformazioni ossee, quando si renda necessaria l’asportazione di parte dell’osso a seguito di un accrescimento anomalo, oppure in presenza di patologie quali i tumori ossei, in cui la fascia può andare a sostituire facilmente le parti amputate. Infine, la fascia proposta può essere parte integrante di protesi articolari, quali la protesi d’anca, al posto degli infibuli e dei cementi attualmente usati per tenere in sede la protesi, i quali, oltre ad essere invasivi, hanno anche l’inconveniente di consumarsi nel tempo. In questo caso, l’uso della fascia dell’invenzione consente la crescita del callo osseo al suo interno, e quindi una più affidabile e permanente stabilizzazione dell’innesto protesico.
Come è noto, in medicina veterinaria il trattamento di fratture ossee viene praticato in prevalenza per i piccoli animali, mentre i grandi animali, quali bovini ed equini adulti, che riportino una frattura vengono generalmente soppressi, a causa della difficoltà di applicare i metodi noti ad animali di grande mole e peso. Il dispositivo secondo l’invenzione, data la sua semplicità e rapidità di applicazione e in considerazione del il fatto che, se realizzato nell’opportuno materiale, non deve essere più rimosso e, inoltre, data la sua economicità intrinseca, si giustifica ampiamente anche in un'applicazione ai grandi animali, consentendo così di evitare di doverli sopprimere in caso di fratture ossee.
Un’altra sene di forme di realizzazione del dispositivo secondo l’invenzione che si presta ad applicazioni particolarmente vantaggiose è rappresentata nelle figure 5-7. In questo caso le protuberanze previste nella fascia tubolare (1) sono fornite da viti (4), le quali vengono inserite in fori (5) passanti praticati sulla fascia tubolare (1). Quest’ultima presenta, per il resto, elementi corrispondenti a quelli del dispositivo illustrato nelle figure 1-4, inclusi i bordi smussati (non evidenziati), e le scanalature (3) trasversali per l’alloggiamento dei fili di cerchiaggio (non mostrati). È evidente che la realizzazione delle protuberanze con viti, chiodi o simili elementi a punta consente la massima flessibilità nell’uso del dispositivo, consentendo, ad esempio, di calibrare come desiderato la lunghezza, il numero e la disposizione delle viti (4). Nella versione rappresentata nelle figure 5-7, in particolare, solo alcune viti (4) sono disposte nei fóri (5), mentre altri fori (5) non sono utilizzati. Inoltre, la lunghezza delle viti (4) è tale che queste emergono solo per un breve tratto dalla superfìcie interna della fascia tubolare (1), fornendo così un tipo di ancoraggio sull’osso simile a quello realizzato dalle punzonature (2) mostrate nelle figure 1-4.
In particolare, questo tipo di realizzazione si presta vantaggiosamente al trattamento di animali giovani, per i quali si prevede un accrescimento non trascurabile dell’osso. In tal caso, infatti, è possibile prevedere una fascia tubolare (1) di diametro piuttosto maggiore di quello richiesto al momento dell’intervento, ma con viti (4) di lunghezza maggiore. In tal modo il dispositivo è comunque in grado di afferrare saldamente, con le punte delle viti (4), i monconi ossei da immobilizzare, fornendo così la necessaria stabilità alla parte interessata, ma consente al tempo stesso una normale crescita dell’animale, senza che la fascia tubolare (1) interferisca con la superfìcie dell’osso in accrescimento. Man mano che l’animale aumenta in dimensioni, le viti (4) resteranno via via incorporate nel tessuto osseo formatosi, e la struttura presenterà una totale osteointegrazione.
In confronto con le soluzioni previste dalla tecnica anteriore per la riduzione, il contenimento e la stabilizzazione di fratture ossee, o per la ricostruzione di porzioni di osso mancanti o l’innesto di protesi articolari, il dispositivo di fissaggio interno secondo l’invenzione offre i vantaggi di una notevole facilità e rapidità di montaggio, di una perfetta riduzione e stabilità ossea, con possibilità di deambulazione immediata dopo l'intervento, di una interferenza praticamente trascurabile con la circolazione periostale, nonché della capacità di ridurre gli incidenti postoperatori, in quanto resiste alla torsione, alla compressione longitudinale, allo stiramento e alla flessione. Inoltre, come rilevato, quando realizzato in materiale a base di titanio o sue leghe, il fissatore interno proposto è osteocompatibile e leggero, e può essere lasciato permanentemente in sede e, infine, può essere adattato a qualsiasi osso lungo manipolandone opportunamente la forma, rapidamente e subito prima dell’intervento .
La presente invenzione è stata descrìtta con riferimento ad alcune sue forme di realizzazione specifiche, ma è da intendersi che variazioni o modifiche potranno essere ad essa apportate dagli esperti nel ramo senza per questo uscire dal relativo ambito di protezione.

Claims (17)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Fissatore interno per fratture e protesi ossee comprendente, come elemento principale, una fascia tubolare (1) in materiale metallico aperta longitudinalmente, atta ad essere applicata attorno ai monconi di osso da fissare, e provvista di una pluralità di protuberanze (2, 4) sostanzialmente puntiformi distribuite sulla sua superficie interna ed atte ad entrare in stretto contatto con detti monconi di osso, detta fascia tubolare (1) essendo sufficientemente deformabile da poter essere serrata attorno a detti monconi, con variazione dell'ampiezza della sua apertura longitudinale.
  2. 2. Fissatore interno secondo la rivendicazione 1 , comprendente, inoltre, due o più elementi flessibili di cerchiaggio, atti ad essere serrati trasversalmente attorno a detta fascia tubolare (1).
  3. 3. Fissatore interno secondo la rivendicazione 2, in cui detti elementi flessibili di cerchiaggio sono fili metallici per uso chirurgico.
  4. 4. Fissatore interno secondo la rivendicazione 3 in cui detta fascia tubolare (1) è provvista di due o più scanalature (3) esterne trasversali, atte ad accogliere detti fili metallici di cerchiaggio.
  5. 5. Fissatore interno secondo ognuna delle rivendicazioni 1-4, in cui dette protuberanze sostanzialmente puntiformi sono costituite da punzonature (2) praticate dall'esterno su detta fascia tubolare (1) in materiale metallico.
  6. 6. Fissatore interno secondo la rivendicazione 5 in cui dette punzonature (2) sono di forma conica.
  7. 7. Fissatore interno secondo la rivendicazione 5 in cui dette punzonature (2) sono tagliate a quattro punte.
  8. 8. Fissatore interno secondo ognuna deile rivendicazioni 1-4, in cui dette protuberanze sostanzialmente puntiformi sono costituite dalle bavature di perforazioni eseguite al trapano dall’esterno.
  9. 9. Fissatore interno secondo ognuna delle rivendicazioni 1-4, in cui dette protuberanze sostanzialmente puntiformi sono costituite da viti (4), chiodi o analoghi elementi a punta inseriti dall’esterno in detta fascia tubolare (1).
  10. 10. Fissatore interno secondo la rivendicazione 9 in cui detti viti (4), chiodi o analoghi elementi hanno punta conica.
  11. 11. Fissatore interno secondo la rivendicazione 9 in cui detti viti (4), chiodi o analoghi elementi hanno l’estremità sagomata a quattro punte.
  12. 12. Fissatore interno secondo ognuna delle rivendicazioni 1-11 in cui detto materiale metallico della fascia tubolare (1) è titanio non legato o una lega di titanio per uso chirurgico.
  13. 13. Fissatore interno secondo ognuna delle rivendicazioni 3-12 in cui detti fili metallici per uso chirurgico sono fili in acciaio, titanio non legato o in una lega di titanio.
  14. 14. Fissatore interno secondo ognuna delle rivendicazioni 1-13 in cui detta fascia tubolare (1), una volta serrata attorno a detti monconi, ha forma sostanzialmente cilindrica, adattandosi alle dialisi delle ossa lunghe.
  15. 15. Fissatore interno secondo ognuna delle rivendicazioni 1-13 in cui detta fascia tubolare (1), una volta serrata attorno a detti monconi, ha forma sostanzialmente troncoconica, adattandosi alle epifisi delle ossa lunghe.
  16. 16. Fissatore interno secondo ognuna delle rivendicazioni 1-13 in cui detta fascia tubolare (1), una volta serrata attorno a detti monconi, ha forma sostanzialmente curva, adattandosi alle diafìsi di ossa lunghe con decorso non perfettamente rettilineo.
  17. 17. Fissatore interno a fascia per fratture e protesi ossee secondo le rivendicazioni 1-16, sostanzialmente come sopra illustrato e descritto.
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