ITPD20130255A1 - Metodo e apparato di trattamento per materiale scorrevole - Google Patents

Metodo e apparato di trattamento per materiale scorrevole

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ITPD20130255A1
ITPD20130255A1 IT000255A ITPD20130255A ITPD20130255A1 IT PD20130255 A1 ITPD20130255 A1 IT PD20130255A1 IT 000255 A IT000255 A IT 000255A IT PD20130255 A ITPD20130255 A IT PD20130255A IT PD20130255 A1 ITPD20130255 A1 IT PD20130255A1
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IT
Italy
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fluid
treatment
container body
pet
vacuum
Prior art date
Application number
IT000255A
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English (en)
Inventor
Christian Schiavolin
Original Assignee
Christian Schiavolin
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Publication date
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    • BPERFORMING OPERATIONS; TRANSPORTING
    • B29WORKING OF PLASTICS; WORKING OF SUBSTANCES IN A PLASTIC STATE IN GENERAL
    • B29BPREPARATION OR PRETREATMENT OF THE MATERIAL TO BE SHAPED; MAKING GRANULES OR PREFORMS; RECOVERY OF PLASTICS OR OTHER CONSTITUENTS OF WASTE MATERIAL CONTAINING PLASTICS
    • B29B13/00Conditioning or physical treatment of the material to be shaped
    • B29B13/02Conditioning or physical treatment of the material to be shaped by heating
    • B29B13/021Heat treatment of powders
    • CCHEMISTRY; METALLURGY
    • C08ORGANIC MACROMOLECULAR COMPOUNDS; THEIR PREPARATION OR CHEMICAL WORKING-UP; COMPOSITIONS BASED THEREON
    • C08GMACROMOLECULAR COMPOUNDS OBTAINED OTHERWISE THAN BY REACTIONS ONLY INVOLVING UNSATURATED CARBON-TO-CARBON BONDS
    • C08G63/00Macromolecular compounds obtained by reactions forming a carboxylic ester link in the main chain of the macromolecule
    • C08G63/78Preparation processes
    • C08G63/80Solid-state polycondensation
    • BPERFORMING OPERATIONS; TRANSPORTING
    • B29WORKING OF PLASTICS; WORKING OF SUBSTANCES IN A PLASTIC STATE IN GENERAL
    • B29KINDEXING SCHEME ASSOCIATED WITH SUBCLASSES B29B, B29C OR B29D, RELATING TO MOULDING MATERIALS OR TO MATERIALS FOR MOULDS, REINFORCEMENTS, FILLERS OR PREFORMED PARTS, e.g. INSERTS
    • B29K2067/00Use of polyesters or derivatives thereof, as moulding material
    • B29K2067/003PET, i.e. poylethylene terephthalate

Description

METODO E APPARATO DI TRATTAMENTO PER MATERIALE
SCORREVOLE
Descrizione
Ambito tecnico
La presente invenzione riguarda un metodo ed un apparato di trattamento per materiale scorrevole, aventi le caratteristiche enunciate nel preambolo della rivendicazione principale.
Il metodo e l’apparato dell’invenzione sono particolarmente idonei ad essere utilizzati nel processo di lavorazione di materiale scorrevole nel quale sia richiesta una fase di trattamento termico, in particolare un trattamento termico a raggi infrarossi.
Il metodo e l’apparato dell’invenzione sono particolarmente idonei ad essere utilizzati nel processo di lavorazione di materiale plastico, in particolare del Polietilentereftlato, PET.
Sebbene la descrizione seguente faccia riferimento al trattamento di materia plastica, il metodo e l’apparato dell’invenzione possono essere utilizzati anche in altri settori, per esempio nel trattamento di materiale scorrevole alimentare.
Sfondo tecnologico
Il PET è un polimero semicristallino, per cui la sua struttura solida è composta da (a) una fase amorfa in cui le catene molecolari si trovano disposte senza un ordine preciso e (b) una fase cristallina in cui le catene molecolari si trovano disposte secondo precise figure geometriche.
Qualora il PET venga riscaldato ad una temperatura superiore a 272°C comincia a rammollirsi passando da uno stato vetroso ad uno stato gommoso, in cui la catena polimerica può essere stirata ed allineata per formare fibre, film o bottiglie.
Se il materiale fuso viene raffreddato rapidamente le catene rimangono bloccate con un certo orientamento e si ottiene un materiale amorfo avente le proprietà tipiche delle bottiglie in PET.
Se invece il materiale, dopo lo stiramento, viene mantenuto a temperature elevate cristallizza, le catene acquisiscono progressivamente un ordinamento ordinato ed il materiale inizia a diventare opaco, più rigido e meno flessibile.
Questa forma è nota come PET cristallino o cPET, ha una temperatura di rammollimento maggiore rispetto al PET amorfo ed è in grado di resistere a più alte temperature. Il PET cristallino può essere usato per vaschette e contenitori che possono resistere a temperature elevate anche di 150°C.
Il passaggio del PET dallo stato amorfo allo stato cristallino inizia a 80°C circa e raggiunge la sua velocità massima intorno ai 165°C.
Durante la cristallizzazione il PET rilascia glicole etilenico che rende il PET “appiccicoso”, il materiale tende a non essere più scorrevole, pertanto il glicole etilenico deve essere allontanato affinché la cristallizzazione possa avvenire correttamente e il PET torni ad essere scorrevole.
Durante la cristallizzazione del PET, per evitare che il PET si raffreddi bloccando la cristallizzazione e/o per incrementarne la temperatura per accelerare il processo di cristallizzazione, è necessario fornire calore al materiale.
Il riscaldamento del PET può avvenire per convezione, per esempio usando aria o azoto caldi, per conduzione, per esempio tramite resistenze elettriche, per irraggiamento, per esempio con lampade a raggi infrarossi, tramite microonde, per esempio tramite magnetron o anche per frizione, per esempio tramite lame o dischi in rotazione.
Eventualmente, possono essere usati due o più sistemi di riscaldamento contemporaneamente o in successione.
Può essere previsto riscaldare e contemporaneamente porre il contenitore con il materiale in trattamento sottovuoto per rendere il processo più efficiente
Sono noti diversi dispositivi di trattamento che consentono di cristallizzare il PET, riscaldandolo con i sistemi appena menzionati.
Alcuni dispositivi noti sono descritti per esempio in US 6449875, US 4161578, US 4064112, US 5714571, US4698917, WO2010109403, WO2010057695, EP0312741, EP2511635, US7137802.
Tuttavia, i dispositivi noti presentano alcuni svantaggi dovuti alla scarsa efficienza nella rimozione del glicole etilenico, e in generale dei prodotti secondari che si formano durante la fase di cristallizzazione del PET.
Tale difetto è particolarmente evidente nel caso di processi in continuo e/o di granulometrie del materiale non regolari, quali macinati di preforme, bottiglie, lastre da termoformatura, reggetta o altri manufatti di PET.
Il riscaldamento per conduzione, irraggiamento, frizione o microonde, induce la cristallizzazione del PET, ma ha un’efficienza di cristallizzazione minima, poiché il glicole etilenico deve staccarsi dalla massa del materiale e dissolversi in ambiente. Se l’ambiente viene posto sotto vuoto si migliora l’estrazione del glicole per effetto del vuoto, ma l’efficienza complessiva del processo è comunque bassa.
Nemmeno nei sistemi a convezione si ottiene una buona rimozione del glicole etilenico e, quindi, una buona efficienza del processo di cristallizzazione del PET, a causa della non uniforme distribuzione dell’aria o dell’azoto nella massa di materiale da trattare.
I processi di cristallizzazione noti sono, pertanto, poco efficienti e richiedono tempi complessivi elevati e risultati in termini di percentuale di cristallizzazione non ottimali.
Inoltre, i sistemi noti hanno costi molto elevati dovuti soprattutto agli elevati consumi energetici e/o di investimento in impianti.
Con i sistemi noti per effettuare la cristallizzazione del PET è necessaria almeno 1 ora di trattamento a 160°C per ottenere percentuali di cristallizzazione del 30-40%.
Un altro esempio di cristallizzazione del PET con i suddetti sistemi richiede invece l’applicazione al materiale di alte temperature, 200-230°C, ottenute con azoto deumidificato per migliorare la rimozione del glicole etilenico, ma con costi di impianto e consumi energetici notevoli: il PET portato a 200-230°C, infatti, è sensibile sia ad ossigeno che ad idrolisi e quindi non solo richiede un ambiente idoneo, per esempio in azoto deumidificato, ma deve anche essere raffreddato a temperature inferiori ai 180°C per tornare a contatto con l’ambiente esterno ed essere successivamente lavorato.
Alcuni dei summenzionati problemi possono riscontrarsi, inoltre, anche nella cristallizzazione di altre materie plastiche diverse dal PET o anche in alcuni processi di trattamento termico di sostanze alimentari.
Scopo della presente invenzione è fornire un metodo di trattamento termico di materiale scorrevole che consenta di rendere maggiormente efficiente il trattamento stesso e di migliorare la rimozione di eventuali prodotti secondari generati durante il trattamento termico.
Un altro scopo è fornire un metodo che consenta di rendere maggiormente efficiente la cristallizzazione del PET, riducendo nel contempo i consumi energetici e migliorando la qualità del materiale cristallizzato in uscita.
Un ulteriore scopo dell’invenzione è di ottimizzare la rimozione del glicole etilenico generato durante la cristallizzazione del PET.
Un altro scopo è fornire un metodo di deumidificazione di materia plastica o alimentare in cui venga ottimizzata la regolazione dell’umidità del materiale in trattamento e venga ottimizzata la rimozione dell’umidità stessa dal materiale in trattamento termico.
Secondo un primo aspetto dell’invenzione viene fornito un metodo di trattamento per materiale scorrevole comprendente alimentare una certa quantità di materiale da trattare in un corpo contenitore, sottoporre il materiale ad un desiderato grado di vuoto nel corpo contenitore, termoregolare il materiale in modo da portarlo ad una desiderata temperatura di trattamento, in modo che detto materiale sia sottoposto ad un trattamento generante prodotti secondari ed iniettare un fluido di trattamento in detto corpo contenitore ed estrarre il fluido unitamente ai prodotti secondari dal corpo contenitore tramite i mezzi di generazione del vuoto.
In una versione preferita dell’invenzione il trattamento è la cristallizzazione del PET ed il fluido di trattamento è acqua.
In altre versioni il trattamento è deumidificazione di materiale scorrevole, plastico, o alimentare, ed il fluido di trattamento è acqua.
In una versione dell’invenzione può essere previsto pretrattare il fluido di trattamento prima di iniettarlo nel corpo contenitore.
Nonostante nel seguito si faccia esplicito riferimento al PET, l’invenzione può essere applicata ai trattamenti termici, in particolare deumidificazione, per materie plastiche diverse dal PET, per esempio PA (nylon), PC (policarbonato), biopolimeri come il PLA (acido polilattico).
L’invenzione può essere applicata a qualunque tipo di materiale scorrevole che necessiti di un trattamento termico, incluso un eventuale raffreddamento, come per esempio i materiali alimentari.
Le caratteristiche e i vantaggi dell’invenzione meglio risulteranno dalla descrizione dettagliata di un suo preferito esempio di realizzazione, illustrato a titolo indicativo e non limitativo con riferimento agli uniti disegni in cui: Figura 1 è una vista schematica di un apparato di trattamento secondo l’invenzione;
Figura 1a è una vista ingrandita di un dispositivo di alimentazione di fluido dell’apparato di trattamento di Figura 1;
Figura 2 è una variante dell’apparato di trattamento di Figura 1;
Figura 3a è una vista frontale di un elemento di diffusione;
Figura 3b è una vista laterale ingrandita di una variante di un elemento di diffusione.
In Figura 1 viene mostrato schematicamente un apparato di trattamento 1 per trattare materiale scorrevole secondo l’invenzione.
L’apparato di trattamento 1 è particolarmente idoneo a trattare materia plastica, quale PET, PA, PC, PMMA, bioplastica come PLA, ecc…, materiale alimentare come caffè, riso, arachidi, pasta o anche erbe macinate, argilla, ecc….
L’apparato di trattamento 1 dell’invenzione è idoneo a trattare materiale scorrevole in forma di granuli, polvere, scaglie, in pasta, o liquido, proveniente anche da macinazione e, quindi, di forma irregolare.
Inoltre, l’apparato di trattamento 1 è idoneo a trattare materiale scorrevole nuovo, o proveniente da riciclo di manufatti esistenti.
L’apparato di trattamento 1 può essere utilizzato in un convenzionale impianto di trasformazione delle materie plastiche, o inserito in impianti di trattamento di materiale scorrevole in cui sia prevista una fase di trattamento termico.
L’apparato di trattamento 1 comprende un dispositivo di trattamento 100 atto a contenere una desiderata quantità di materiale scorrevole da trattare. Il dispositivo di trattamento 100 è idoneo ad effettuare una pluralità di fasi di trattamento, in particolare fasi di trattamento termico che richiedono somministrazione di calore al o sottrazione di calore dal materiale scorrevole.
Il dispositivo 100 comprende una porzione di ingresso per introdurre una desiderata quantità di materiale da trattare W nel dispositivo 100 stesso ed una porzione di uscita per scaricare il materiale W alla fine delle fasi di trattamento previste.
Il dispositivo 100 può essere realizzato per esempio secondo gli insegnamenti di uno dei seguenti documenti brevettuali: WO2010089721, WO2010109403, WO2010057695, US4698917, US7137802, EP0312741, EP2511635A1. Tuttavia il metodo dell’invenzione può essere implementato anche in altri dispositivi di trattamento delle materie plastiche esistenti consentendo di incrementarne l’efficienza.
Il dispositivo 100 comprende un corpo contenitore 101 la cui forma viene scelta in base alle caratteristiche e/o alla quantità del materiale da trattare. In una versione, il dispositivo di trattamento 100 è provvisto di un dispositivo di generazione del vuoto, non mostrato nelle Figure, operativamente connesso a detto corpo contenitore e disposto per generare un desiderato grado di vuoto all’interno del corpo contenitore 101, durante il trattamento del materiale scorrevole.
In una versione, il dispositivo di trattamento 100 è provvisto di almeno un dispositivo di termoregolazione, non mostrato nelle Figure, per fornire/sottrarre calore al/dal materiale scorrevole contenuto nel corpo contenitore 101, in una versione preferita, un dispositivo di riscaldamento a raggi infrarossi.
Tale soluzione è particolarmente idonea nel caso venga fatto un certo grado di vuoto nel corpo contenitore 101, poiché la radiazione infrarossa è più efficiente e versatile in ambiente sotto vuoto rispetto ad altri metodi di riscaldamento.
In una versione non mostrata nelle Figure, il dispositivo di trattamento 100 è provvisto di un elemento di mescolamento per mescolare il materiale in trattamento nel corpo contenitore 101 per favorire un omogeneo riscaldamento del materiale in trattamento W.
L’apparato di trattamento 1 comprende, inoltre, un apparato di alimentazione 5 per alimentare un fluido di trattamento G da una sorgente di fluido 2 all’interno del corpo contenitore 101, come indicato dalla freccia F. Nella versione mostrata in Figura 1 l’apparato di alimentazione 5 è provvisto di un dispositivo di alimentazione 11, mostrato in maggiore dettaglio in Figura 1a.
In alcune versioni preferite il fluido di trattamento G è acqua o azoto.
Nel caso in cui il fluido G sia acqua, la sorgente di fluido 2 potrebbe essere la rete idrica; nel caso in cui il fluido G sia azoto, la sorgente di fluido 2 è un dispositivo per generare azoto dall’aria, oppure un contenitore precaricato con azoto liquido.
L’apparato di alimentazione 5 comprende primi elementi di collegamento 3 e secondi elementi di collegamento 4 per operativamente collegare il dispositivo di alimentazione 11 rispettivamente alla sorgente di fluido 2 e al corpo contenitore 101.
I primi elementi di collegamento 3 comprendono un primo condotto di collegamento 32 connesso alle sue due opposte estremità rispettivamente alla sorgente di fluido 2 ed al dispositivo di alimentazione 11 in modo da consentire il passaggio di fluido di trattamento G dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di alimentazione 11.
Sul primo condotto di collegamento 32 è prevista una prima valvola di regolazione 31 per aprire/chiudere il primo condotto di collegamento 32 per consentire/impedire il passaggio del fluido di trattamento G dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di alimentazione 11.
Un primo regolatore di flusso 33 è previsto sul primo condotto di collegamento 32 per variarne la sezione e, quindi, la portata di fluido G in ingresso al dispositivo di alimentazione 11 quando la prima valvola di regolazione 31 è aperta. In una versione, la prima valvola di regolazione 31 incorpora il primo regolatore di flusso 33.
In una versione non mostrata, può essere prevista una pompa sul primo condotto di collegamento 32 per alimentare il fluido G dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di alimentazione 11.
I secondi elementi di collegamento 4 comprendono un secondo condotto di collegamento 42 connesso alle sue due opposte estremità 42a e 42b rispettivamente al dispositivo di alimentazione 11 ed al contenitore 101 per consentire il flusso del fluido di trattamento G dal dispositivo di alimentazione 11 al dispositivo di trattamento 100.
Sul secondo condotto di collegamento 42 è prevista una seconda valvola di regolazione 41 per aprire/chiudere il secondo condotto di collegamento 42 per consentire/impedire il flusso di fluido G dal dispositivo di alimentazione 11 al dispositivo di trattamento 100.
Alla seconda estremità 42a del secondo condotto di collegamento 42 è previsto un elemento diffusore 44 sfociante nel corpo contenitore 101 per agevolare l’ingresso del fluido G nel corpo contenitore 101 e migliorarne la diffusione nel materiale in trattamento W.
Sul secondo condotto di collegamento 42 può essere previsto un secondo regolatore di flusso 43 per variarne la sezione, in modo da variare la portata di fluido G in ingresso al dispositivo di trattamento 100. Anche in questo caso, in una versione, la seconda valvola di regolazione 41 incorpora il secondo regolatore di flusso 43.
In una versione non mostrata, è previsto un flussimetro sul secondo condotto di collegamento 42 per misurare la quantità di fluido G in ingresso nel dispositivo 100.
L’apparato di alimentazione 5, in particolare i primi ed i secondi elementi di collegamento 3 e 4, sono ermetici rispetto all’ambiente esterno, in modo che nel passaggio del fluido G dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di trattamento 100 non trafili aria.
Il dispositivo di alimentazione 11 comprende un corpo 11a disposto per contenere una certa quantità di fluido di trattamento G ed è idoneo a pretrattare il fluido di trattamento G prima di alimentarlo al corpo contenitore 101.
Il corpo 11a ha capacità variabile a seconda della quantità di materiale scorrevole in trattamento e del tipo di trattamento da effettuare nel dispositivo di trattamento 100 e può avere forma cilindrica o anche con base poligonale ed è realizzato in un materiale atto a contenere gas e/o liquidi.
In una forma di realizzazione il corpo 11a è ermetico e a tenuta ed è realizzato in materiale atto a resistere a livelli di vuoto anche elevati, può essere realizzato in metallo, per esempio acciaio, o anche in vetro o plastica, di spessore adeguato alle condizioni operative.
Il dispositivo di alimentazione 11 può essere provvisto di un sensore di livello minimo 7 ed un sensore di livello massimo 8 che indicano rispettivamente il livello minimo e massimo del fluido G nel corpo 11a.
In altre versioni, possono essere previsti sensori aggiuntivi per misurare la quantità di fluido di trattamento G nel corpo 11a, per esempio sensori di livello intermedi tra il minimo e il massimo, oppure celle di carico, o un sensore di livello laser che legge in continuo le variazioni nel riempimento del dispositivo di alimentazione 11.
Il dispositivo di alimentazione 11 comprende, inoltre, un ulteriore dispositivo di termoregolazione 135, meglio visibile in Figura 1a, per pretrattare il fluido di trattamento G contenuto nel corpo 11a, riscaldandolo o raffreddandolo.
Nella versione mostrata il dispositivo di termoregolazione 135 comprende un mantello 12 posizionato esternamente al corpo 11a e conformato in modo che tra la parete esterna del corpo 11a ed il mantello 12 stesso sia definita un’intercapedine 13 nella quale viene fatto circolare un fluido di termoregolazione, per esempio acqua o olio, ad una desiderata temperatura controllata.
Sul mantello 12 è prevista almeno una valvola di ingresso 130 ed una valvola di uscita 131 per il fluido di termoregolazione nell’intercapedine 13: le valvole di ingresso 130 e di uscita 131 sono disposte in modo che il passaggio del fluido di termoregolazione nell’intercapedine 13 sia uniforme e che il fluido di trattamento G venga riscaldato, o raffreddato, in maniera uniforme.
Nell’intercapedine 13 possono essere previste paratie disposte per generare una desiderata conformazione del circuito per il liquido di termoregolazione atta ad incrementare l’omogeneità di riscaldamento o raffreddamento.
Possono essere previste sonde di temperatura, non mostrate, per controllare la temperatura del fluido di termoregolazione in ingresso alla ed in uscita dall’intercapedine 13.
A seconda che la temperatura del fluido di termoregolazione nell’intercapedine 13 sia maggiore/minore della temperatura del fluido di trattamento G nel dispositivo di alimentazione 11, è possibile riscaldare o raffreddare il fluido G nel dispositivo di alimentazione 11.
In una versione non mostrata, può essere prevista una pluralità di valvole di ingresso e/o di uscita, l’intercapedine 13 essendo suddivisa in due o più porzioni indipendenti l’una dall’altra, in modo da definire molteplici circuiti indipendenti di termoregolazione.
In una versione non mostrata, il dispositivo di alimentazione 11 è provvisto, inoltre, di un dispositivo di controllo atto a controllare la portata e/o la temperatura del fluido di termoregolazione nell’intercapedine 13.
Il dispositivo di alimentazione 11 è provvisto, inoltre, di una sonda di temperatura 9 per misurare la temperatura del fluido di trattamento G all’interno del corpo 11a. La sonda di temperatura 9 invia un segnale relativo alla misurazione effettuata al dispositivo di controllo del circuito di termoregolazione per variare, se necessario, la portata e/o la temperatura del fluido di termoregolazione.
In tal modo si ottiene un efficace controllo della temperatura del fluido di trattamento G nel corpo 11a.
Il dispositivo di alimentazione 11 è provvisto, inoltre, di un gruppo di collegamento 6 per collegare il dispositivo di alimentazione 11 ad una sorgente di fluido operativo per immettere un desiderato fluido operativo all’interno del corpo 11a.
In tal caso il pretrattamento può comprendere l’immissione di un fluido operativo, preferibilmente acqua, o aria, in pressione, o a pressione ambiente, nel fluido di trattamento G, come meglio descritto in seguito. Il gruppo di collegamento 6 comprende un condotto 62 innestato ad una sua prima estremità 62a sul corpo 11a del dispositivo di alimentazione 11 e provvisto ad una sua seconda estremità 62b opposta alla prima estremità 62a di una valvola 61 per aprire/chiudere il collegamento del dispositivo di alimentazione 11 con la sorgente di fluido operativo.
In una versione non mostrata, la valvola 61 può essere montata direttamente sul corpo 11a del dispositivo di alimentazione 11.
Sul condotto 62 è previsto un elemento regolatore di flusso 63 per variare la sezione del condotto 62 e, quindi, la portata di fluido operativo in ingresso nel dispositivo di alimentazione 11. In una versione non mostrata, la valvola 61 incorpora l’elemento regolatore di flusso 63.
Il dispositivo di alimentazione 11 è provvisto, inoltre, di un dispositivo di generazione del vuoto 16 comprendente una pompa del vuoto 163 operativamente connessa tramite un tubo di collegamento 162 al dispositivo di alimentazione 11 per generare un desiderato grado di vuoto all’interno del corpo 11a in modo da pretrattare il fluido di trattamento G sottoponendolo ad un desiderato grado di vuoto.
Sul tubo di collegamento 162 è prevista una seconda valvola 161 per aprire/chiudere il collegamento tra il dispositivo di alimentazione 11 e la pompa del vuoto 163: quando la seconda valvola 161 è aperta e la pompa del vuoto 163 è accesa, il corpo 11a può essere messo sotto vuoto.
In una versione, la pompa del vuoto 163 viene azionata in modo da generare nel corpo 11a una certa depressione che è preferibilmente uguale o maggiore di quella presente all’interno del dispositivo di trattamento 100. Sottoponendo il fluido G ad un certo grado di vuoto nel corpo 11a è possibile migliorare le caratteristiche del fluido G per il trattamento nel corpo contenitore 101, prima di immetterlo nel corpo contenitore 101 stesso, come meglio spiegato nel seguito.
In una versione non mostrata, il dispositivo di alimentazione 11 è collegato al dispositivo di trattamento 100 in maniera diretta tramite un opportuno tubo di collegamento eventualmente provvisto di una valvola, in modo tale che il dispositivo di trattamento 100 ed il dispositivo di alimentazione 11 si trovino alla stessa depressione.
Il dispositivo di alimentazione 11 comprende almeno un dispositivo di agitazione per agitare il fluido di trattamento G presente nel corpo 11a e favorire la fuoriuscita di eventuale gas presente nel fluido G, come meglio descritto nel seguito.
Nella versione mostrata in Figura 1a, il dispositivo di alimentazione 11 comprende un vibratore meccanico 150 operativamente connesso al dispositivo di alimentazione 11, in modo che quando il vibratore meccanico 150 viene azionato le vibrazioni del vibratore vengono trasmesse per contatto alle pareti del corpo 11a e da queste al fluido di trattamento G. Il dispositivo di alimentazione 11 comprende, inoltre, un aspo 151 collegato ad un motore non mostrato in Figura e provvisto di un albero di rotazione ed una pluralità di elementi di mescolamento estendentesi radialmente dall’albero. L’aspo 151 è atto ad essere messo in rapida rotazione, in senso orario, antiorario o una combinazione, in modo da creare un rapido movimento del fluido di trattamento G nel dispositivo di alimentazione 11. In versioni del dispositivo di alimentazione 11 non mostrate può essere previsto un unico dispositivo di agitazione per agitare il fluido di trattamento G nel corpo 11a.
In Figura 2 è mostrata una versione alternativa dell’apparato di alimentazione 5’ che comprende un condotto di collegamento 52 connesso alle sue due opposte estremità 52a e 52b rispettivamente alla sorgente di fluido 2 ed al dispositivo di trattamento 100 per consentire il passaggio di fluido G dalla sorgente di fluido 2 all’interno del corpo contenitore 101, come indicato dalla freccia F. In tale versione, il fluido G scorre direttamente dalla sorgente di fluido 2 al corpo contenitore 101.
Sul condotto di collegamento 52 è prevista una valvola di regolazione 51 per aprire/chiudere il collegamento tra la sorgente di fluido 2 ed il dispositivo di trattamento 100: quando la valvola di regolazione 51 è aperta, il fluido G scorre dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di trattamento 100 tramite il condotto di collegamento 52, mentre quando la valvola di regolazione 51 è chiusa il passaggio di fluido G dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di trattamento 100 viene interrotto.
L’apparato di alimentazione 5’ comprende un regolatore di flusso 53 per variare la sezione del condotto di collegamento 52, per variare la portata di fluido G nel condotto di collegamento 52 e, quindi, la quantità di fluido di trattamento G in ingresso al dispositivo di trattamento 100.
In una variante non mostrata, la valvola di regolazione 51 incorpora il regolatore di flusso 53.
L’apparato di alimentazione 5’ può comprendere, inoltre, un flussimetro 54 per misurare la quantità di fluido G in ingresso al dispositivo di trattamento 100.
All’estremità 52b del condotto di collegamento 52 innestata nel dispositivo di trattamento 100, è previsto un elemento diffusore 44 per migliorare l’ingresso e la diffusione del fluido G all’interno del corpo contenitore 101 e, quindi, nel materiale in trattamento W.
Tale versione dell’apparato di alimentazione 5’ è utilizzata preferibilmente nel caso in cui il fluido di trattamento G sia un gas, in particolare azoto, e/o nei casi in cui non sia necessario sottoporre il fluido G a pretrattamenti nel corpo 11a tra la sorgente di fluido 2 ed il dispositivo di trattamento 100, ovvero quando il fluido di trattamento G arriva dalla sorgente di fluido 2 in condizioni ottimali per essere immesso nel corpo contenitore 101, come meglio spiegato nel seguito.
In una versione non mostrata l’apparato di alimentazione 5’ è provvisto di una pompa per movimentare il fluido G all’interno dell’apparato di alimentazione 5’ dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di trattamento 100. Nelle Figure 3a e 3b vengono mostrate due possibili varianti dell’elemento diffusore 44: nella versione di Figura 3a, sull’elemento diffusore 44 è prevista una pluralità di fori 441 aventi diametro inferiore rispetto alla sezione rispettivamente del condotto di collegamento 52 o del secondo condotto di collegamento 42, atti a suddividere il fluido G in ingresso al corpo contenitore 101 in più canali, così da migliorarne la diffusione nel materiale in trattamento; nella versione di Figura 3b, l’elemento diffusore 44 è provvisto di un unico foro di uscita 441’ avente sezione inferiore rispetto alla sezione rispettivamente del condotto di collegamento 52 o del secondo condotto di collegamento 42 e la cui forma può essere circolare, ellittica, o rettangolare.
In versioni non mostrate, possono essere previste altre configurazioni dell’elemento diffusore 44 idonee ad ottimizzare l’ingresso e la diffusione del fluido G nel corpo contenitore 101.
In altre versioni non mostrate, possono essere previsti molteplici ingressi del fluido G e quindi molteplici diffusori 44 sul corpo contenitore 101 per ulteriormente migliorare la diffusione del fluido G nel corpo contenitore 101. Nel funzionamento, un desiderato materiale scorrevole W, per esempio una materia plastica come PET o PA da sottoporre ad un desiderato trattamento termico, viene introdotto nel corpo contenitore 101 del dispositivo di trattamento 100, come indicato dalla freccia di alimentazione F1.
Il trattamento da effettuare nel dispositivo di trattamento 100 è preferibilmente un trattamento che comporta l’emissione di sostanze secondarie dal materiale scorrevole in trattamento.
Preferibilmente, il trattamento da effettuare richiede determinate condizioni di temperatura e pressione, pertanto è previsto variare temperatura e pressione del materiale scorrevole W nel corpo contenitore 101.
In una versione preferita, il trattamento da effettuare è cristallizzazione di materia plastica, preferibilmente PET, che avviene ad una temperatura compresa tra 80° e 180°C con produzione di glicole etilenico.
In altri casi, il trattamento da effettuare è deumidificazione di materiale plastico o alimentare per effettuare la quale è necessario scaldare il materiale da deumidificare e in seguito alla quale viene generato vapore d’acqua dal materiale in trattamento.
In una versione preferita nel corpo contenitore 101 generato un desiderato grado di vuoto, tramite il dispositivo di generazione del vuoto, nel caso del PET, il corpo contenitore 101 può essere portato ad una pressione compresa tra -400 a -999mbar, vuoto assoluto. Nel caso in cui il dispositivo di alimentazione 11 sia collegato in maniera diretta al dispositivo di trattamento 100 può essere utilizzata la pompa del vuoto 163.
In una versione, il materiale scorrevole W è scaldato fino alla temperatura di trattamento TT,alla quale avviene il trattamento, prima di essere introdotto nel corpo contenitore 101, e/o dopo essere stato introdotto nel corpo contenitore 101, in quest’ultimo caso tramite il dispositivo di termoregolazione del corpo contenitore 101.
Nel caso della cristallizzazione del PET, il PET si riscalda ad una temperatura di 80-100°C, ovvero ad una temperatura alla quale inizia la transizione vetrosa con cui avviene la parziale cristallizzazione dello stesso.
Quando il materiale in trattamento comincia a rilasciare prodotti secondari, viene alimentato, in uno dei modi discussi in precedenza, il fluido di trattamento G atto a legare i prodotti secondari rilasciati dal materiale in trattamento W e, tramite il dispositivo di generazione del vuoto, viene estratto un fluido di scarto G’ contenente il fluido di trattamento G unitamente ai prodotti secondari rilasciati dal materiale in trattamento W, come indicato dalla freccia F2 in Figura 1 e 2.
In tal modo si favorisce il trattamento del materiale scorrevole, incrementando le rese e riducendo i tempi di trattamento.
Nel caso del PET, quando il PET inizia a cristallizzare e a rilasciare glicole etilenico, si alimenta il fluido di trattamento G e si estrae un fluido di scarto G’ contenente il fluido di trattamento G ed il glicole etilenico favorendo la rimozione del glicole etilenico dal corpo contenitore 101, e, quindi, la cristallizzazione del PET, come meglio descritto nel seguito.
Nel caso in cui il materiale in trattamento sia PET amorfo vergine e il fluido G sia acqua, il fluido di scarto G’ è vapore acqueo e glicole etilenico.
Nel caso in cui il materiale sia PET riciclato, nella cristallizzazione si liberano anche altri prodotti secondari, per esempio residui di soda caustica usata durante il lavaggio, o contaminanti chimici rimasti sulla superficie del materiale, quali ad esempio toluene, clorobenzene, cloroformio, salicilato di metile, fenil cicloesano, benzene, benzofenone, stereato di metile, ecc.
Nel caso in cui il trattamento sia deumidificazione, viene utilizzato come fluido G aria o azoto e viene estratto dal corpo contenitore un fluido di scarto G’ contenente aria o azoto ed acqua rilasciata dal materiale in trattamento.
Qualora si lavori con l’apparato di Figura 2, per alimentare il fluido G si apre la valvola di regolazione 51 mettendo in collegamento la sorgente 2 di fluido G con il corpo contenitore 101.
La portata di fluido di trattamento G è modulata agendo sulla valvola di regolazione 51 e/o sul regolatore di flusso 53 o eventualmente su un flussimetro, non mostrato nelle Figure.
Il passaggio del fluido di trattamento G dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di trattamento 100 avviene per differenza di pressione poiché il corpo contenitore 101 è sotto vuoto, o in una versione non mostrata, tramite una pompa idonea a movimentare il fluido G dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di trattamento 100.
La pompa viene utilizzata quando tra il dispositivo di trattamento 100 e la sorgente di fluido 2 non vi è una differenza di pressione tale da consentire un’opportuna alimentazione del fluido di trattamento G nel corpo contenitore 101, o per incrementarne la velocità di alimentazione.
Il fluido di trattamento G nel corpo contenitore 101 entra a contatto con un ambiente caldo, aumenta di volume e tende a diffondersi uniformemente nel corpo contenitore 101 e, quindi, nel materiale scorrevole W in trattamento, secondo la legge di Fick.
Una volta iniettata la quantità di fluido di trattamento G necessaria nel corpo contenitore 101, la valvola di regolazione 51 viene chiusa. Nel caso del PET il fluido G può essere acqua, in questo caso viene alimentata una quantità di acqua pari a 1 – 1,5% in peso del materiale in trattamento W. Tale quantità è stato riscontrato essere idonea ad effettuare la cristallizzazione. Eventualmente, se fosse necessario, l’operazione di alimentazione di fluido di trattamento G al corpo contenitore 101 può essere ripetuta, nei modi visti in precedenza.
Nel caso in cui il dispositivo di trattamento 100 sia sottovuoto, è preferibile alimentare il fluido di trattamento G in modo che l’iniezione duri circa 5-10 min., o di più, in modo da non sovraccaricare il dispositivo di generazione del vuoto e da mantenere un desiderato grado di vuoto nel corpo contenitore 101.
L’alimentazione di tutto il fluido di trattamento G necessario in pochi secondi sovraccaricherebbe eccessivamente il dispositivo di generazione del vuoto, pertanto è preferibile, distribuire l’alimentazione di fluido di trattamento G nel tempo, facendo in modo che duri 5-10 minuti.
La durata dell’alimentazione viene modulata variando la sezione del condotto di alimentazione nel caso di alimentazione in continuo, oppure aprendo/chiudendo più volte la valvola del condotto di alimentazione, alimentazione in discontinuo.
Il dispositivo di generazione del vuoto del dispositivo di trattamento 100 viene attivato nuovamente dopo aver alimentato il fluido G, in modo da generare e/o mantenere un desiderato grado di vuoto nel corpo contenitore 101 oppure può essere mantenuto attivo anche durante la fase di alimentazione del fluido G al dispositivo di trattamento 100.
Eventualmente, è possibile aumentare la quantità di fluido G complessivamente alimentato, portandola al 5-10% in peso, per favorire anche una pulizia superficiale del materiale in trattamento W.
Inoltre, viene attivato il dispositivo di termoregolazione per mantenere, o portare nuovamente, il materiale in trattamento W alla temperatura di trattamento TT, nel caso della cristallizzazione del PET, una temperatura di circa 165°C.
Il materiale scorrevole W viene mantenuto all’interno del corpo contenitore 101 fino a quando non viene ottenuto il grado di cristallizzazione desiderato, di solito superiore al 50%, tuttavia a seconda delle esigenze può essere prodotto un PET a maggiore percentuale di cristallizzazione anche del 75%.
Solitamente nel caso del PET, dopo l’iniezione del fluido di trattamento G, si aziona il dispositivo di termoregolazione per mantenere o portare nuovamente il PET ad una temperatura idonea ad effettuare la cristallizzazione e si estrae il fluido G ed i prodotti secondari solitamente per un tempo di circa 10-15 minuti, dopodiché si scarica il PET cristallizzato dal corpo contenitore 101.
Inoltre, il fluido di trattamento G consente di regolare la temperatura del materiale in trattamento W anche dopo il trattamento. Alimentando il fluido G nel corpo contenitore 101, eventualmente ad una temperatura diversa dalla temperatura di trattamento TT, si porta velocemente il materiale ad una desiderata temperatura prima di scaricarlo dal corpo contenitore 101. Tale accorgimento è utile per esempio nel caso del PET che, dopo essere stato cristallizzato, viene confezionato per essere venduto e deve essere confezionato ad una temperatura inferiore alla temperatura di cristallizzazione, o anche nel caso del caffè che deve essere raffreddato prima del confezionamento.
Eventualmente, il materiale scorrevole W al termine del trattamento può essere mantenuto per un certo intervallo di tempo nel corpo contenitore 101 prima di essere scaricato all’esterno.
Nel caso di cristallizzazione del PET, si alimenta il PET al corpo contenitore 101 a 80-100°C o si scalda il PET nel corpo contenitore 101 fino a 80-100°C, temperatura alla quale inizia la transizione vetrosa; si genera il vuoto nel corpo contenitore 101, si inietta il fluido di trattamento G per 5-10 minuti continuando a generare il vuoto e a riscaldare il PET fino a portarlo a 165°C; al termine dell’alimentazione del fluido G, si continua a fare il vuoto e a riscaldare per altri 10-15 minuti per mantenere in modo da far avvenire la cristallizzazione ed estrarre il glicole. Dopodiché, si scarica il PET, eventualmente dopo averlo raffreddato.
Il funzionamento dell’apparato di Figura 1 è del tutto analogo a quello sopra descritto con riferimento all’apparato di Figura 2, eccetto per la previsione di un dispositivo di alimentazione 11 in cui viene alimentato il fluido di trattamento G perché sia sottoposto ad alcuni pre-trattamenti, come meglio descritto nel seguito, prima di alimentarlo al dispositivo di trattamento 100. I pretrattamenti consentono di rendere il fluido di trattamento G maggiormente idoneo a strippare i prodotti secondari dal materiale in trattamento W e, quindi, di ulteriormente incrementare l’efficienza di rimozione dei prodotti secondari e, quindi, l’efficienza del trattamento.
La portata di fluido di trattamento G in ingresso nel corpo 11a viene variata tramite il regolatore di flusso 33, così da rendere l’operazione più o meno veloce a seconda delle necessità.
Il passaggio del fluido di trattamento G dalla sorgente di fluido 2 al dispositivo di alimentazione 11 può avvenire per differenza di pressione, oppure per semplice caduta o anche, in una versione non mostrata, tramite una pompa. La quantità di fluido G alimentata nel corpo 11a è controllata tramite i sensori di livello minimo e massimo 7, 8 o celle di carico, sensori laser, temporizzatori.
La quantità di fluido G viene determinata a seconda del risultato che si desidera ottenere nel dispositivo di trattamento 100, del materiale in trattamento W, e del tipo di fluido di trattamento G utilizzato.
Dopo aver immesso nel corpo 11a la desiderata quantità di fluido G, la prima valvola di regolazione 31 viene chiusa ed il fluido G viene sottoposto ad eventuali pretrattamenti e successivamente alimentato al corpo contenitore 101 tramite i secondi elementi di collegamento 4, nei modi isti in precedenza.
La portata di fluido di trattamento G in ingresso nel corpo contenitore 101 viene eventualmente modulata tramite il secondo regolatore di flusso 43, così da rendere l’operazione più o meno veloce a seconda delle necessità. Anche in questo caso, il passaggio del fluido di trattamento G dal dispositivo di alimentazione 11 al corpo contenitore 101 può avvenire per differenza di pressione, o per semplice caduta, o tramite un’eventuale pompa non mostrata.
Una volta iniettata la quantità di fluido di trattamento G desiderata nel corpo contenitore 101, si chiude la seconda valvola di regolazione 41. Eventualmente, l’operazione di alimentazione del fluido di trattamento G al corpo contenitore può essere ripetuta se necessario, come spiegato sopra. I pretrattamenti, come detto, consentono di rendere il fluido di trattamento G maggiormente idoneo a strippare i prodotti secondari dal materiale in trattamento W.
In una versione, è previsto termoregolare il fluido G nel dispositivo di alimentazione 11, riscaldandolo o raffreddandolo. A tale scopo è previsto far scorrere un fluido di termoregolazione, per esempio acqua, olio, aria, ecc., ad una desiderata temperatura controllata nell’intercapedine 13 per portare il fluido di trattamento G ad una desiderata temperatura.
Una volta che è stata raggiunta la temperatura desiderata, il fluido G viene alimentato nel dispositivo di trattamento 100.
In altre versioni, può essere previsto pretrattare il fluido G degasandolo per eliminare eventuali residui di aria presenti nel fluido G, per esempio se il fluido G è acqua.
Tale pretrattamento è particolarmente indicato nel caso in cui si debba diminuire, o evitare, l’ingresso di aria nel dispositivo di trattamento 100 per migliorare il processo di trattamento ed evitare possibili danneggiamenti al materiale in trattamento W.
A tale scopo, il dispositivo di alimentazione 11 viene messo sottovuoto tramite il gruppo di generazione del vuoto 16. Ponendo il fluido G sotto vuoto, diminuisce la solubilità dei gas nel fluido G stesso, come descritto dalla legge di Henry, pertanto, eventuale aria o, in generale, i gas presenti nel fluido G, fuoriescono dal fluido di trattamento G e possono essere evacuati tramite la pompa del vuoto 163.
Il livello di vuoto generato nel dispositivo di alimentazione 11 è preferibilmente in un range compreso tra almeno 1/5 della pressione atmosferica e, dall’altro, uguale o leggermente inferiore rispetto alla depressione generata nel dispositivo di trattamento 100.
In tal modo il fluido di trattamento G, dopo il pretrattamento, può essere alimentato al dispositivo di trattamento 100 per differenza di pressione o per caduta, come descritto in precedenza.
In una versione, può essere previsto sia riscaldare che porre sotto vuoto il fluido di trattamento G nel dispositivo di alimentazione 11 per incrementare ulteriormente la fuoriuscita dell’aria, o dei gas, dal fluido di trattamento G diminuendo la solubilità dei gas nel fluido G per effetto della temperatura e della pressione.
Eventualmente, dopo aver estratto l’aria dal fluido G, può essere previsto raffreddare il fluido di trattamento G prima di alimentarlo al dispositivo di trattamento 100, a seconda della temperatura del materiale in trattamento e/o della temperatura del fluido G.
In una versione, il pretrattamento comprende effettuare un’agitazione del fluido G per favorire la fuoriuscita di eventuale gas contenuto nel fluido G, per esempio tramite il vibratore meccanico 150 o l’aspo 151.
Nel caso in cui il fluido G sia un liquido, per esempio acqua, per migliorare ulteriormente l’estrazione di aria, o gas, dal fluido di trattamento G può essere previsto immettere gas in pressione nel fluido di trattamento G presente nel dispositivo di alimentazione 11, super-saturazione.
Il gas in pressione può essere per esempio aria compressa.
A tale scopo il dispositivo di alimentazione 11 viene collegato tramite il gruppo di collegamento 6 ad una sorgente di gas in pressione non mostrata in Figura, per esempio un generatore di aria compressa.
La valvola 61 viene aperta lasciando entrare nel dispositivo di alimentazione 11 gas in pressione che si mescola al fluido di trattamento G. La portata del gas in ingresso nel dispositivo di alimentazione 11 tramite il tubo di collegamento 62 può essere variata operando sul regolatore di flusso 63. Dopo aver iniettato la desiderata quantità di gas nel dispositivo di alimentazione 11, la valvola 61 viene richiusa ed il dispositivo di alimentazione 11 viene messo in depressione tramite la pompa del vuoto 163, ed eventualmente il fluido di trattamento G viene riscaldato come descritto in precedenza.
L’iniezione di gas in pressione nel fluido G favorisce la successiva degasatura del fluido di trattamento G, come descritto in US 2009/0249955, per effetto della pressione e/o della temperatura in modo da ridurre ulteriormente il contenuto di gas nel fluido G prima di immetterlo nel dispositivo di trattamento 100.
In una versione può essere previsto iniettare il gas in pressione nel dispositivo di alimentazione 11 quando il dispositivo di alimentazione 11 è già stato messo in vuoto e quindi procedere nuovamente a riportare sotto vuoto il dispositivo di alimentazione 11.
A seconda del materiale in trattamento W e/o del fluido G utilizzato e/o del tipo di trattamento da effettuare nel dispositivo di trattamento, viene deciso quale o quali pretrattamento/i effettuare sul fluido G nel dispositivo di alimentazione 11.
Nel caso della cristallizzazione del PET, il fluido G che viene iniettato nel corpo contenitore 101 è preferibilmente acqua o comunque un fluido idoneo a legare chimicamente il glicole etilenico.
L’acqua viene preferibilmente iniettata ad una temperatura compresa tra 10°-40°C e può essere sottoposta a degasatura nel dispositivo di alimentazione 11 per ridurne il contenuto di gas, così da proteggere il PET da un’eventuale ossidazione.
L’acqua viene introdotta nel corpo contenitore 101 quando il PET è ad una temperatura di 80-100°C ed inizia a cristallizzare rilasciando glicole etilenico. L’acqua, entrando in un ambiente sotto vuoto e caldo, evapora e si diffonde nel PET in lavorazione, legandosi al glicole etilenico e viene estratta unitamente al glicole dal corpo contenitore 101 per azione del dispositivo di generazione del vuoto, cosiddetto “stripping”.
Unitamente all’acqua viene estratto il glicole etilenico, ed anche eventuali altri prodotti secondari come soda caustica o diluenti nel caso in cui il PET provenga da riciclaggio.
In questo modo, il glicole viene asportato dal corpo contenitore 101 molto rapidamente. La cristallizzazione del PET è più rapida e più efficiente rispetto ai sistemi noti e la qualità del PET cristallizzato è migliore.
Per la cristallizzazione, generalmente, si inietta acqua a temperatura ambiente (10-40°C) nella percentuale dell’1-3% rispetto alla quantità di PET in lavorazione, durante un tempo di 5-10 minuti.
In alternativa all’acqua, si possono usare altri fluidi chimicamente compatibili con il glicole etilenico.
Effettuando la cristallizzazione sotto vuoto è possibile ulteriormente ridurre il tempo necessario alla cristallizzazione fino a 10-20 minuti. Inoltre, si ottiene PET cristallizzato di elevata qualità, ovvero un materiale uniforme con percentuali di cristallizzazione superiori al 70%.
Inoltre, nel caso in cui il materiale debba essere confezionato in sacchi o contenitori per essere venduto, una volta che il PET è stato cristallizzato, può essere mantenuto nel dispositivo di trattamento 100 insufflando fluido G ad una temperatura tale da raffreddare il PET prima di scaricarlo dal dispositivo di trattamento 100.
In questo modo, la temperatura del materiale scorrevole W viene abbassata in tempi estremamente ridotti.
Solitamente, il PET per confezionamento viene portato ad una temperatura almeno inferiore a 80°C.
Inoltre, se il fluido G è acqua, il materiale può essere umidificato, così da portarlo ad una condizione di umidità iniziale stabile.

Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo di trattamento (1) per materiale scorrevole (W) comprendente - introdurre una certa quantità di detto materiale (W) da sottoporre a detto trattamento in un corpo contenitore (101); - generare un desiderato grado di vuoto in detto corpo contenitore (101) tramite un dispositivo di generazione del vuoto operativamente connesso a detto corpo contenitore (101); - termoregolare detto materiale (W) tramite un dispositivo di termoregolazione in modo da portare detto materiale (W) ad una desiderata temperatura di trattamento (TT) in modo che detto materiale (W) sia sottoposto ad un trattamento generante prodotti secondari da detto materiale (W); - alimentare un fluido di trattamento (G) atto a legare detti prodotti secondari in detto corpo contenitore (101) ed - estrarre da detto corpo contenitore (101) un fluido di scarto (G’) contenente detto fluido di trattamento (G) e detti prodotti secondari tramite detto dispositivo di generazione del vuoto.
  2. 2. Metodo secondo la rivendicazione precedente, in cui è previsto pretrattare detto fluido (G) in un opportuno dispositivo di pretrattamento (11) prima di detto alimentare detto fluido in detto corpo contenitore (101).
  3. 3. Metodo secondo la rivendicazione precedente, in cui detto pretrattare comprende variare la temperatura di detto fluido (G) tramite un ulteriore dispositivo di termoregolazione operativamente connesso a detto dispositivo di pretrattamento (11) per raffreddare o riscaldare detto fluido (G).
  4. 4. Metodo secondo la rivendicazione 2, o 3, in cui detto pretrattare comprende degasare detto fluido (G) generando un desiderato grado di vuoto in detto dispositivo di pretrattamento (11) per favorire la fuoriuscita di gas presenti in detto fluido (G).
  5. 5. Metodo secondo la rivendicazione 4, in cui detto pretrattare comprende prima di detto degasare, gasare detto fluido insufflando un desiderato fluido operativo in detto fluido (G).
  6. 6. Metodo secondo una delle rivendicazioni precedenti, in cui detto termoregolare comprende scaldare detto materiale in trattamento (W) in detto corpo contenitore (101), preferibilmente tramite mezzi di riscaldamento a raggi infrarossi.
  7. 7. Metodo secondo una delle rivendicazioni precedenti in cui detto fluido di trattamento (G) è acqua e detto materiale in trattamento è PET.
  8. 8. Metodo secondo una delle rivendicazioni precedenti in cui detto trattamento è cristallizzazione di PET, detti prodotti secondari comprendendo glicole etilenico.
  9. 9. Apparato di trattamento (1) per materiale scorrevole (W) comprendente - un dispositivo di trattamento (100) atto a ricevere una certa quantità di detto materiale (W) da sottoporre a detto trattamento, in particolare un trattamento in cui detto materiale libera prodotti secondari; - un dispositivo di alimentazione per alimentare un fluido (G) atto a legare detti prodotti secondari in detto dispositivo di trattamento (100); - un dispositivo di termoregolazione per regolare la temperatura di detto materiale (W) in detto dispositivo di trattamento (100) per portare detto materiale (W) ad una desiderata temperatura di trattamento in modo che detto materiale sia sottoposto ad un trattamento generante prodotti secondari da detto materiale (W); - un dispositivo di generazione del vuoto per generare un desiderato grado di vuoto in detto corpo contenitore (101) e per estrarre da detto corpo contenitore (101) un fluido di scarto (G’) contenente detto fluido (G) e detti prodotti secondari.
  10. 10. Apparato secondo la rivendicazione precedente, in cui detto dispositivo di termoregolazione è un dispositivo di riscaldamento a raggi infrarossi.
  11. 11. Apparato secondo la rivendicazione 9, o 10, e comprendente inoltre, un dispositivo di pretrattamento (11) per pretrattare detto fluido (G) prima di alimentarlo in detto corpo contenitore (101).
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WO2007031255A1 (de) * 2005-09-13 2007-03-22 Schoeller Pet Recycling Gmbh Verfahren und vorrichtung zum behandeln von kunststoffmaterial und einrichtung zum fördern und gleichzeitigen heizen von material, insbesondere kunststoffteilen
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